(ASI) Per chi abbia una esperienza di partito in questo periodo è evidente che manca, in generale, un approfondimento dei temi rilevanti per definire la identità della comunità italiana, la organizzazione dello Stato, la gestione della economia e le posizioni geo-politiche del nostro Paese.
Sono tutti temi essenziali per poter governare e per raccogliere le competenze necessarie per la gestione del potere sia a livello nazionale che locale. Non succedeva così nella “prima” Repubblica dove i partiti erano il luogo dove si svolgevano dibattiti su tutti questi temi ad ogni livello, partendo dalle tradizioni politiche e culturali che essi rappresentavano. I partiti oggi non elaborano più idee e proposte a partire da una visione unitaria della realtà.
Anche la stampa più diffusa si caratterizza per la presenza di una voce unica su molti temi e in particolare su quelli del “politicamente corretto”.
Questa situazione non permette l’approfondimento dei temi e la ricerca di soluzioni, generando una immobilità sociale che non valorizza il merito e le competenze. Non si formano perciò élites capaci di governare e amministrare politicamente.
La teoria delle élites nasce in Italia con Mosca e Pareto e fu ripresa anche da Gramsci in ambito marxista che ne constatò il profondo realismo. E’ una rappresentazione concreta delle dinamiche politiche e aiuta a comprendere molti fenomeni a partire dalla storia, evitando il formalismo, oggi dominante, che, sotto l'appetenza di coerenza e integrità, in realtà diventa spesso la modalità con cui alcune élites si ripropongono e mantengono il loro potere per l’incapacità di chi pretende di sostituirle in modo inidoneo. Un esempio di questo fenomeno in Italia è stato il Movimento 5 stelle.
Non si vuole qui approfondire tutta la complessità della teoria che comunque è centrale per l’azione politica e necessita di uno studio continuo e di approfondimenti legati alla storia e alle caratteristiche del paese e delle comunità locali che lo compongono.
Una delle caratteristiche delle élites è lo studio della loro nascita e la loro composizione. Nei partiti quello che accadeva era la promozione di alcuni che, per diverse capacità e competenze, assumevano ruoli direttivi nella società, limitando il potere delle “burocrazie” che, spesso dietro motivazioni tecniche, mantenevano il potere prescindendo dalla effettiva capacità dei selezionati. Lo Stato era in parte controllato dalla politica.
Oggi questo processo nei partiti è bloccato. E’ interessante notare però che la società si organizza per sottolineare la necessità di un dibattito pubblico che aiuti a rendere “mobile” la struttura del potere. Nell’ambito della cosiddetta “controinformazione” cioè in tutti quegli ambiti, favoriti dalla rete, in cui alla narrazione dominante dei mass-media si realizzi un dibattito, stanno emergendo persone dotate di una notevole capacità che dovrà trovare spazio, prima o poi, anche in ambito politico. Sono spesso persone che non hanno ruoli in ambiti tradizionali come l’università, la politica e i media con una adeguata risonanza e valorizzazione dei loro contributi. Alcuni di loro sono approdati a questa collacolazione dopo un’esperienza effettuata negli ambiti tradizionali che però li hanno espulsi come avvenuto ad Orsini o a giornalisti come Toni Capuozzo.
Spesso si tratta di figure che si sono costruite propri percorsi di formazione e che elaborano un pensiero “rivoluzionario” rispetto alle attuali élites ormai distaccate dalla realtà e dagli interessi di coloro che dovrebbero rappresentare perchè sottomesse alle élites globaliste , anch’esse inidonee e conservatrici, che stanno suicidando le nostre società.
È un fenomeno da seguire e da valorizzare.
Vincenzo Silvestrelli per Agenzia Stampa Italia