(ASI) Padova – Agenzia Stampa Italia incontra la scrittrice Anna D’Auria, stimata docente di latino e greco, a cui sono affidati importanti incarichi professionali in un prestigioso Istituto in provincia di Napoli, dove si occupa della gestione dei documenti strategici.
Coordinatrice del Dipartimento di lingua latina e greca, è referente del gruppo NIV e della Notte Nazionale dei Licei Classici. Detentrice di diversi riconoscimenti e premi letterari a livello nazionale, dal 2020 ha iniziato la sua inarrestabile ascesa nel panorama editoriale, grazie a dei romanzi intrisi di riferimenti alla classicità: "La carezza dell’Èidolon del mare", "Skià, il volto di un’ombra sul cuore".
Quest’ultimo romanzo è stato inserito nel "Progetto itinerante conto la violenza di genere", bandito dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Campania, che ha premiato l’impegno della docente autrice e dei suoi studenti con un’importante targa, custodita attualmente nell’Istituto.
Da sempre, la docente-autrice si distingue per una narrativa di sincero impegno sociale, volta alla rivendicazione dei diritti negati alle donne e ai bambini, sempre più vittime di un mercimonio che umilia la loro dignità. Anna D’Auria ha partecipato, come relatrice, al Seminario internazionale e interdisciplinare CISAT, a diverse trasmissioni televisive e radiofoniche nazionali, lanciando appelli contro la violenza etnica e volti alla tutela delle donne e dei minori non accompagnati in Italia.
Seguitissima sui socialnetwork, ama incontrare di persona i suoi lettori, firmando copie dei suoi libri e regalando omaggi durante le diverse manifestazioni a cui prende parte. Citiamo, solo a titolo esemplificativo: la fiera del libro di Torino, l’Eirene fest di Roma, Effetto Venezia a Livorno, Libri a mare, la Fiera del libro di Brindisi e il Campania Libri Fest, nella sua amata Napoli con l’ultimo libro edito da Guida Editori: "La rosa bianca di Izmir", la storia di una sposa bambina dall’Anatolia a Napoli.
Conosciamo meglio i suoi ultimi romanzi:
La rosa bianca di Izmir
Romanzo che denuncia i più fondamentali diritti negati alle donne bambine, ancora oggi alle porte dell’Europa, rappresenta al contempo un inno di speranza, che solo uno spirito di comunanza e partecipazione al dolore, che l’autrice definisce “sorellanza”, sostanzia e realizza quale segno di un nuovo umanesimo universale. “Aveva solo dodici anni, quando accanto al suo letto gli zii materni posero una culla vuota, senza bambole. Presto ti servirà, ti unirai con rito religioso ad un nostro coetaneo” – poche taglienti parole stravolgono la vita della piccola Akgül, una bambina turca costretta a diventare donna precocemente. Una storia che si dipana tra il passato e il presente, tra l’Anatolia e l’Italia, seguendo il filo delle memorie e delle esperienze della protagonista, ormai trentenne, e consente di esplorare le dinamiche di una realtà apparentemente lontana, eppure, in verità, così vicina: il dramma delle spose bambine. Nel suo difficile destino di crescita, di consapevolezza e cambiamento, Akgül riuscirà a trovare finalmente un equilibrio vivendo a Napoli, “la sua Partenope”, come lei ama chiamarla, subendo il fascino della città e della sua gente, che l’ha adottata con affetto dopo le nozze. Napoli le appare come un immenso proscenio dove con la “pazzia” si fa vita: in breve tempo, diventerà “il suo luogo”, una seconda madre dal grembo accogliente che la salverà da se stessa e dalle sue paure, aiutandola a recuperare ciò che le è stato rubato, l’identità e la dignità. Tuttavia, non potendo affrontare prontamente il domani senza affrontare il proprio passato, il cerchio si chiude con il ritorno della giovane donna in Turchia. Un’occasione per regolare i conti in sospeso ed incrociare nuovi destini di resilienza e di speranza: quelli di altre donne, le soldatesse curde, che come lei si battono per sciogliere i lacci della sudditanza. Due mondi paralleli che si incontrano, donne di etnie differenti che scoprono di non potersi odiare, perché entrambe sono rose sbocciate tra le spine dell’egoismo, bambine dai diritti negati, obbligate a maturare nel dolore, nella privazione e da sempre “costrette a coprirsi il tenero volto con le manine usurate dai colpi di un fato crudele’’.
La dignità è donna: un grido di forza anima il libro, nel tentativo di dare visibilità a chi vive confinato, suo malgrado, in un’eterna zona d’ombra, celando la propria sofferenza sotto i drappi neri della paura.
La rosa bianca di Izmir, romanzo pubblicato a fine luglio 2022 è stato premiato: con la Menzione speciale della critica ad Opere meritevoli, assegnata nell’ambito del Premio letterario Internazionale "Massa, città fiabesca di mare e di marmo".
Mala Jin, Tulipani nel Cemento
Romanzo, edito da Albatros il Filo, con prefazione dell’avvocato Libera Cesino, presidente dell’Associazione ‘’Libera dalla violenza’’, intreccia linguaggio poetico e prosastico, un omaggio all’eroica resistenza delle donne curde, le “Antigoni moderne”, soldatesse della pace, nonché una testimonianza della loro abnegazione, di una vita nutrita di una sorellanza di nobili ideali e di spirito sacrificio in nome di una causa comune: la tutela della propria dignità e la salvezza della propria etnia dal genocidio.
La vicenda si dipana da uno scenario naturale suggestivo, la baia di Trentova ad Agropoli, per concludersi nel cuore dell’Anatolia, in una terra dove le donne sono “bambole di carta” che possono essere stracciate in mille pezzi, ma proprio per la loro tenacia possono diventare "Tulipani nel cemento", simbolo di forza e coraggio per le nuove generazioni.
Per la prima volta, durante il giorno del suo quindicesimo compleanno, la protagonista percepisce la sensazione di uscire dal proprio corpo e di guardarsi dal di fuori, quasi l’anima avesse preso una pausa per volgersi verso un altrove popolato di altre anime, che hanno ormai perso per sempre la propria dimensione corporea. È qui che Elena trova conferma ad un sentimento che già da tempo albergava nel suo cuore: poco o niente della vita che ha condotto fino ad ora le appartiene, né il suo nome né il suolo che calpesta ogni giorno, e perfino l’amore della donna che l’ha cresciuta come una figlia non è sufficiente a sopire quella sensazione di essere venuta al mondo realizzare qualcosa di più importante. Poche parole lasciate su un foglio – “devo tornare nella mia terra” – e poi l’inizio del lungo viaggio verso Mus, una delle zone della Turchia a prevalenza curda, alla riscoperta del proprio passato per dare un significato al proprio futuro. Narrazione intensa e coinvolgente fin dalle prime pagine, Mala Jin narra con grande lucidità il dramma quotidiano delle donne curde, bambine cresciute troppo in fretta, giovani guerrigliere pronte a imbracciare il Kalashnikov per difendere il proprio diritto alla vita, anche a costo di sopprimere per sempre ogni naturale istinto femminile. Qui giunge a compimento la parabola di formazione della protagonista e, tra le asperità delle montagne dell’Anatolia e il cemento di città fatiscenti, sboccia alla fine un nuovo tulipano. Mala Jin. Tulipani nel cemento, per il suo valore formativo, è stato scelto come oggetto di un concorso di narrativa, patrocinato da Associazioni culturali del territorio campano e rivolto agli studenti dei licei della provincia di Napoli.
L’opera, oggetto di numerose interviste e presentazioni, ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti quali: il Premio speciale della giuria del Sannio; la menzione d’onore della Biennale d’arte Unica Milano; l’inserimento nella lista dei 200 libri più belli d’Italia; è tra i vincitori del premio "Lettere al Sempione" e del "Premio Narrativa Teatro e Poesia"; è tra i finalisti del Premio Argentario -Caravaggio 2022. Inoltre, il libro è stato selezionato per Sanremo Writers 23.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia