(ASI) I giornali hanno riportato, con dovizia di sconcertanti particolari, quella che è stata la battaglia combattuta dai partiti, con la regìa di Mario Draghi, nell’occupazione della Rai. Una vergogna.
E senza che nessuno si sia scandalizzato, come se fosse cosa del tutto normale che il “servizio pubblico”, si chiama ancora così, possa essere fatto da chi è nominato, imposto da questo o da quel partito. Senza che qualcuno dell’Ordine dei Giornalisti dicesse, così, tanto per far vedere che l’Ordine servaa qualcosa, almeno ad indignarsi, che si tratta di un’umiliazione del giornalismo, così morto e sepolto. Ogni partito ha messo i suoi, salvo i 5 Stelle, tanto che Giuseppe Conte, irritato, ha detto che sulle reti Rai d’ora in poi non ci andrà più nessuno dei grillini, un clamoroso (doppio) autogol: ha ammesso pubblicamente che non conta quasi niente, e non ha capito, evidentemente, che era esattamente quello che volevano tutti gli altri partiti: non vedere più i 5 Stelle sulle reti Rai.
Mi pare, invece, un messaggio grave, da non sottovalutare, perché i 5 Stelle, pur essendo il gruppo più numeroso in Parlamento, con il fatto di essere diviso, rischia di non toccare palla nemmeno quando si deciderà il prossimo presidente della Repubblica. In questo modo la Rai è governata - forse lo era già da tempo o forse lo è sempre stata –da tanti uffici stampa. L’obiettività del giornalista non esiste, non può esistere perché chi scrive, o parla, è sempre condizionato dalla sua cultura (ammesso che ce l’abbia), dagli studi che ha fatto (ammesso che l’abbia fatti) dalle esperienze, dal contesto e da tante altre cose, ma ha, però, almeno chi è scritto all’Ordine, il dovere dell’onestà intellettuale, della correttezza, della lealtà, della rettitudine,nel raccontare i fatti così come sono, senza stravolgerli. Ma un giornalista Rai, a volte senza avere nemmeno i requisiti minimi, occupa una scrivania perché mandato da questo o quel partito, come fa a raccontare i fatti così come sono? Come fa se il partito di riferimento lo ha mandato non per fare giornalismo ma per fare gli interessi del partito?
D’altronde, se i partiti lottano così accanitamente per ottenere quei posti vuol dire che quelle persone, che si continuano a chiamare giornalisti, possano dare un aiuto importante a questo o a quel partito, utilizzando in maniera del tutto impropria un mezzo che, invece, deve essere strumento per informare correttamente i cittadini.È di una gravità inaudita quello che è successo alla Rai, perché si condiziona, in maniera parziale, addirittura partitica, l’opinione pubblica, s’ingannano i cittadini. C’è cosa più grave di questa? Se uno accende la tv su un canale Mediaset, così come se compra un giornale, organo di un partito, sa, a priori, che l’informazione è pesantemente condizionata. Basta vedere quello che succedenegli studi delle tv di Berlusconi, quegli ospiti, più o meno giornalisti, che ripetono, ad ogni ora del giorno e della notte,con appassionante, commovente trasporto, che l’ideale per il Quirinale non può che essere uno solo,Silvio Berlusconi, un pregiudicato.Fanno, certo, tanta tristezza e un po’ pena, ma il telespettatore lo sa, sono pagati per dire questo. Le reti televisive private, così come i giornali, servono, ai proprietari, adavere potere generando consenso. La stessa cosa, però, non può essere, non potrebbe essere fatta sulle reti della Rai, che è, anzi dovrebbe essere, un “servizio pubblico”, peraltro pagato, a carissimo prezzo, da tutti i cittadini.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia