(ASI) “Mascherine” è il nuovo cortometraggio di Alessandro Haber. A produrlo Carla Finelli, con la Settembre Produzione, da lei fondata. Sonia Giacometti ne è invece l’Executive Producer. I Coproduttori sono la ZTV Production di Sergio Romoli, Christine Reinhold, con la sua A World With a View.
In compartecipazione la Miami No Face Production di Stefano Giuliani, già produttrice del lungometraggio Sassiwood e del pluripremiato cortometraggio Stardust.
“Mascherine” è il titolo del suo ultimo cortometraggio. L’ispirazione è venuta in piena pandemia, ma cos’è che l’ha spinta a trasformare poi questa idea in una pellicola?
“Durante la pandemia ho visto una disarmante paura che mi ha fatto soffrire. E la mancanza di identità, il fatto che non ci si riconosceva più, che si era tutti omologati, mi ha spinto a raccontare una situazione realisticamente paradossale. Ho voluto raccontare una storia piena di disagio ed incredulità. Le faccio un esempio, mi è capitato di essere stato salutato da cari amici, che io, però, non ho riconosciuto. Mi sono mancate le facce. L’afflato umano. Perché è la faccia che spiega le emozioni, non solo gli occhi. Siamo diventati tutti automi, persone fatte in serie, prive di espressività. È la faccia che esprime i sentimenti. Mi sono mancate le facce. Non c’era più la faccia triste, quella felice, quella ironica etc. Finalmente, adesso ci si ritorna a guardare in viso, grazie ai vaccini, ma la gente continua ad avere paura, a scansarsi. Nel cast c’è mia figlia, Celeste Haber. C’è Antonella Bavaro. Ed un bravissimo Alessandro Tedeschi (attore che ho avuto modo di apprezzare e conoscere a teatro). Il film adesso è in fase di montaggio ed in autunno sarà pronto.”
Con il covid-19 pensa che la società si sia irrimediabilmente “incattivita”?
“Nessuno si aspettava una situazione come questa. Era più facile pensare a una catastrofe come una guerra, ad atti di terrorismo come quello delle Torri Gemelle, oppure ad un terremoto. Ma la pandemia non ci apparteneva e ci ha spiazzato tutti. Non credo che la gente si sia incattivata, piuttosto, non potendo esserci la vita normale, quella anche semplice, di sempre, le persone non sono riuscite a canalizzare le proprie energie, quelle più belle e positive, nelle cose che prima si potevano fare. Sono aumentati i problemi economici. Molta gente non può arrivare alla fine del mese. In particolare, hanno sofferto tantissimo i ragazzini e i giovani, che sono stati privati di momenti che nella fase in cui si trovano vanno vissuti e non possono essere spiegati a parole. Un uomo della mia età, anche con la forza dell’ironia e con quella della saggezza, è in grado di “accettare” certe restrizioni. Un giovane no. Ha bisogno di vivere. Ho una figlia adolescente e da padre certe cose le capisco.”
Lei incarna l’esistenzialismo nel cinema italiano. A suo dire, ci sono analogie tra l’esistenzialismo che c’è in Le Rose del deserto e Mascherine?
“Sono film diversi. Qui raccontiamo un attimo, uno status quo, la storia di una famiglia. Ne “Le rose del deserto” invece si racconta una storia del passato che guarda al futuro, dove il protagonista, un maggiore dell’esercito italiano durante la Seconda Guerra, è un personaggio fuori dalla dimensione in cui è calato: è un uomo buono. Una figura di pace che rifiuta la guerra. Le racconto anche un altro progetto sempre sorto in questi mesi di lockdown, che mi ha permesso di ideare il corto di cui abbiamo parlato sin ora. La pandemia mi ha permesso di mettermi a nudo, altro che mascherine: infatti le preannuncio che a breve uscirà la mia autobiografia, pubblicata da La nave di Teseo.”
Ultima domanda, lei è favorevole al vaccino?
“Ovvio, ne ho anche fatto due dosi!”
Redazione Agenzia Stampa Italia