(ASI) Jacques Cujas fu un dotto umanista ed un valente giurista francese del XVI secolo, famoso per la sua avversione al metodo di studio chiamato mos italicus, abitudine italica, inventato, per così dire, dal professore dell’Università di Perugia Bartolo da Sassoferrato, duecento anni prima, nel XIV secolo.
Nato nel 1522 da famiglia modesta, il suo nome italianizzato in Cuiàcio, passò alla storia per la sua acutezza nell’indagine storica; egli, infatti, avendo coltivato quasi da autodidatta gli studii classici, applicò il medesimo metodo allo studio del diritto, riuscendo ad iniziare una corrente d’indagine dei testi antichi, anche pregiustinianei, che risultano pregevoli anche ai giorni nostri. Per questo motivo gli studiosi moderni sono più inclini a considerarlo uno storico del diritto piuttosto che un giureconsulto.
Insegnò in diverse città della Francia e d’Italia, come a Cahors, a Burges, a Valenza e a Torino fino a fermarsi stabilmente e Burges.
La sua fama di studioso del diritto è ancorata al suo metodo, chiamato appunto mos Gallicus, metodo francese, per distinguerlo dal predetto mos italicus, che egli aveva in avversione. Si trattava di approcciare i testi legislativi della romanità con maggior senso critico, filologico e storico, mettendo in secondo piano l’aspetto pratico applicativo. Il Cuiàcio era più interessato alla evoluzione della norma, al suo sviluppo, al suo itinerario storico, piuttosto che alla sua diretta applicazione nella vita di tutti i giorni.
Per questo, oltre ad essere ammirato, venne anche fortemente criticato da giuristi sia italiani, come Alberico Gentili, sia francese, come il Duareno e il Donello, per la debolezza del suo metodo che tralasciava l’aspetto pratico a vantaggio dell’approfondimento storico. Bisogna, infatti ricordare, che in Italia il diritto romano veniva studiato come fonte del diritto attuale, per risolvere problemi concreti della vita di tutti i giorni, dal diritto privato al diritto internazionale. Gli sforzi degli studiosi erano rivolti a comprendere sempre meglio il diritto dei padri per potersene giovare concretamente.
Per il Cuiàcio, meritoriamente, il diritto romano andava studiato nella sua genesi, nel suo sviluppo, nella sua recezione da parte dei diversi ordinamenti europei. Rimane proverbiale la sua conoscenza delle fonti romanistiche.
Tra le sue opere ricordiamo i Commentarii e i Paratitla alle Pandette e al Codice, nonché i libri Observationum et emendationum, grazie alle quali incontrò la stima e il favore del re di Francia, della casata Savoia e di papa Gregorio XIII.
Il suo metodo ebbe successo in Francia fino in Olanda, ma non si espanse oltre i confini del nord Europa. Tra i giuristi da lui maggiormente ammirati, proverbiale il suo disprezzo per Bartolo, troviamo il bolognese Accursio, esponente della corrente dei glossatori.
Morì a Bruges nel 1590 dispose nel suo testamento che i suoi libri, da lui annotati, venissero dispersi, per evitare che un solo proprietario potesse beneficiare dei frutti di una lunga vita di studi.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia
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