(ASI) Come accade per tutti le grandi figure storiche, anche per Irnerio, il grande giurista dell’XII secolo, le leggende fioriscono intorno alla sua figura. Si dice che fosse amico di San Lanfranco di Pavia, con il quale avrebbe fondato l’università pavese, o che si fosse dedicato alla studio del diritto, lasciando le arti liberali, dopo che un teologo gli rivolse una domanda sulla parola as, in merito ad una interpretazione della Bibbia.
Di certo la tradizione ce lo tramanda come il fondatore della scienza giuridica moderna, con una sua dignità ed autonomia scientifica, dimostrata dal fatto che, da secoli, il diritto è una branca indipendente, dai corsi di laurea alle specializzazioni, dai dottorati alle professioni legali.
Di Irnerio sappiamo che nacque a Bologna verso la metà del XI secolo. Nel 1113 appare nei documenti cittadini come causidico, indice che fosse già affermato e conosciuto. In altro documento risulta al servizio di Enrico V e viene definito doctor omnium egregius. Certamente sappiamo che lasciò lo studio delle arti liberali per dedicarsi ai codici di Giustiniano per influsso e invito della contessa Matilde di Canossa. Simbolicamente è il prototipo dello studioso che eredità dall’antichità il codice del grande imperatore, che non si era mai perduto nei meandri del tempo, come si è creduto per secoli erroneamente, ma che non era mai stato interpretato e studiato con profondità ma solo nelle parti che risultavano applicabili ai tempi presenti.
È noto che l’attività di Irnerio è strettamente legata alla giovane università di Bologna, forse la più antica del mondo. Anche se la leggenda vuole che il grande giurista non abbia avuto maestri o professori che lo formassero, sappiamo che si formò con i maestri bolognesi e che li superò per acume, innovazione e profondità.
Oggi sappiamo che le chiose di Irnerio, ovvero i commenti scritti a margine dei manoscritti contenenti le leggi, sono a migliaia e che i suoi allievi li hanno usati e tramandati per secoli, beneficiando del suo sapere.
Il suo grande merito consiste nel fatto di essere riuscito a riunire tutta l’elaborazione medievale prodotta dalla redazione fino ai suoi giorni. La mole di documenti era talmente vasta e contraddittoria che risultava difficile consultarla e trovare una linea comune d’interpretazione.
Gli vengono attribuiti, oltre alle glosse, una lezione volgata del Digesto, una Summa codicis e delle Quaestiones de iuris subtilitatibus.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia
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