(ASI) Il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ai familiari della vittima primaria è stato ostacolato fortemente dalla giurisprudenza negli ultimi cento anni.
Nel corso, però, del lungo cammino, il senso di giustizia ha lentamente prevalso e, circa quaranta anni fa si concretizzò una nuova corrente di pensiero che portò a una nuova interpretazione del problema. Negli anni Ottanta la dottrina cominciò quindi a neutralizzare le limitazioni poste al risarcimento del danno non patrimoniale dall’art 2059 c.c., ritenendo di dover selezionare le posizioni soggettive meritevoli di tutela risarcitoria attraverso il criterio della protezione accordata dall’ordinamento alle relazioni affettive familiari.
In questo percorso la rilettura in senso costituzionalmente orientato degli artt. 2043 e 2059 c.c.si conquistò progressivamente un ruolo fondamentale, ciò anche in relazione al tema dei danni dei congiunti della vittima primaria.
Questa evoluzione portò la magistratura a soffermarsi sulla violazione degli affetti familiari, a prescindere dalla sussistenza dei reciproci diritti e doveri di natura economica. L’azionabilità delle pretese risarcitorie da parte dei congiunti, e pertanto la loro legittimazione attiva, venne ad incentrarsi sulla prova dell’effettiva sussistenza di un vincolo parentale affettivo, creando quindi un’apertura alla tutela anche dei congiunti estranei alla famiglia nucleare.
Al contempo s’intraprese la rivisitazione dell’art 1223 c.c., articolo da sempre utilizzato quale norma di chiusura rispetto alle istanze risarcitorie promosse dai congiunti “non prossimi” nei casi di uccisione e anche rispetto delle azioni esperite dai stretti familiari nei casi di ferimento del congiunto, che venne reinterpretato cosi da apprestare tutela anche alle suddette posizioni.
La rivisitazione ed interpretazione della suddetta norma fu sostenuta anche dalla giurisprudenza di legittimità e di merito fino ad arrivare alla definitiva affermazione di una solida tutela rimediale dei congiunti contro i fatti illeciti di terzi lesivi di valori della famiglia, a prescindere che si trattasse di lesioni mortali o lesioni personali del congiunto.
Su tale solco i giudici ambrosiani in particolare, configurarono una categoria di danno autonoma che definirono “danno alla serenità famigliare”.
Sempre il Tribunale Milanese con riferimento all’impostazione tradizionale dell’interpretazione dell’art 1223 c.c. affermò in primo luogo: “non può escludersi che lo stesso fatto illecito riverberi, immediatamente e contemporaneamente i suoi effetti dannosi su più soggetti e che, d’altra parte, è massima di comune esperienza che i prossimi congiunti soffrono sia nell’ipotesi di morte che di lesione grave della vittima del fatto illecito”.
In conclusione per il Tribunale di Milano non poteva che pervenirsi al seguente principio : “La corretta applicazione del principio di uguaglianza impone che il danno non patrimoniale del prossimo congiunto sia risarcito, indifferentemente, sia nell’ipotesi di morte che di lesioni gravi del soggetto passivo del reato”…. “ Destituita di fondamento risulta essere dunque la tesi che il dolore sia strutturalmente diverso e muti, da diretto a riflesso, nelle ipotesi, rispettivamente, di morte o lesione gravi del prossimo congiunto; al contrario, la continua presenza del soggetto leso fa rivivere nel prossimo congiunto, e forse anche in modo più penetrante la sua personale sofferenza, la quale è comunque direttamente riconducibile al fatto illecito che ha cagionato l’evento lesivo”.
La sentenza in questione risulta interessante anche per aver fornito una rivisitazione del contenuto della categoria del danno non patrimoniale dei congiunti, evidenziando espressamente la dimensione esistenziale: “ per danno non patrimoniale non si intende solamente quello collegato alle sofferenze patite (pecunia doloris), ma anche quello, non suscettibile di valutazione economica, che deriva dall’impossibilità di ripristinare un normale ménage familiare, in relazione alle condizioni sociali, economiche e culturali del nucleo familiare”.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia