(ASI) Con una sentenza chiarificatrice, la Corte di Cassazione torna a regolare gli intricati rapporti nascenti dall’art. 1917 del codice civile, che consentono all’assicuratore di richiedere, al responsabile del danno, la restituzione di quanto pagato in nome e per conto dell’assicurato.

 

Ma veniamo al caso concreto. Un cittadino subisce un danno, agisce nei confronti della ditta responsabile che viene condannata al risarcimento e la cui assicurazione non si costituisce in giudizio, non partecipando a tutto il processo. In seguito alla vittoria della causa riceve il pagamento da parte dell’assicurazione della ditta che, solo dopo aver pagato, si accorge che la garanzia assicurativa della ditta sua cliente non era valida e si vede indirizzata una domanda di restituzione di quanto percepito.

La Corte d’appello gli da torto, rigettando la domanda di manleva della ditta che chiedeva di essere esclusa da ogni pagamento. I giudici d’appello rilevano che il cittadino aveva effettivamente ragione nei fatti, ma che doveva restituire quanto ricevuto per mancanza di copertura assicurativa della sua avversaria.

Il danneggiato ricorre in cassazione e vince il ricorso perché, secondo gli Ermellini “la Corte territoriale era incorsa in error iuris in quanto lo aveva condannato a restituire ad UnipolSai Spa le somme corrisposte sulla base di una pronuncia risarcitoria a se favorevole che aveva trovato ulteriore e più ampia conferma in appello e, che, conseguentemente, doveva far escludere la stessa ammissibilità dell'azione di ripetizione spiegata nei suoi confronti”.

I giudici supremi rilevano che il pagamento da parte dell’assicurazione era avvenuto spontaneamente e che la norma dell’art. 1917 del codice civile non poteva essere interpretata a svantaggio del danneggiato che, nella ricostruzione fattuale e giuridica, aveva avuto ragione in ben due gradi di giudizio.

E vero, dice il Palazzaccio, che l’assicurazione ha diritto alla restituzione di quanto erroneamente pagato, ai sensi dell’art. 2033 del codice civile, precisa tuttavia che “il caso in esame presenta il differente presupposto consistente nella piena conferma della condanna risarcitoria in favore del danneggiato al quale la compagnia di assicurazione ha spontaneamente pagato la somma - determinata nella sentenza di primo grado in ragione del diritto di manleva dedotto dall'assicurato, disconosciuto all'esito del giudizio di gravame: l'omessa conferma dell'operatività della polizza ed il diritto della compagnia alla ripetizione di quanto indebitamente pagato per conto ed in sostituzione dell'assicurato deve, infatti, essere coniugato - in presenza della "causa solvendi" che era stata, invece, esclusa nella diversa ipotesi sopra riportata sia con le conseguenze restitutorie dipendenti dall'adempimento del terzo (la cui controparte è rappresentata dal debitore) ex art. 1180 c.c., sia con l'esigenza sostanziale del più celere soddisfacimento dei diritti del danneggiato”.

Chiarendo, quindi le posizioni delle parti in gioco, precisa che solo l’assicurato sia obbligato alle restituzioni, essendo il soggetto in nome e per conto del quale l’assicuratore ha, sbagliando, pagato. Chiave del ragionamento è anche il fatto che il danneggiato non è tenuto a sapere se i rapporti tra chi paga e colui al quale il pagamento è imputato siano vincolati da rapporti validi.

La Cassazione sottolinea anche come “tale ipotesi risulta contemplata anche nella pronuncia richiamata nella sentenza impugnata: questa Corte, infatti, nel medesimo arresto ha avuto modo di chiarire che "diversamente l'assicuratore, se paghi direttamente al danneggiato senza darne preventivo avviso all'assicurato o senza esserne richiesto dallo stesso, può utilmente esperire l'azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., non nei confronti del danneggiato (verso il quale il pagamento è dipeso da una libera scelta), ma nei confronti dell'assicurato in quanto il pagamento viene effettuato per conto ed in sostituzione di lui." (cfr. Cass. 22316/2015, pag. 3 in motivazione)”.

La Corte, quindi, accoglie, il ricorso e rinvia alla stessa Corte d’Appello, naturalmente in diversa composizione, per fare riesaminare il caso alla luce dei criteri da lei dettati.

Dalla sentenza, quindi, un monito per tutti coloro che pagano con diritto di rivalsa, ad accertarsi primariamente della validità dei rapporti che li vincolano ai soggetti per i quali agiscono.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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