(ASI) Il grido parte dal Corriere della Sera che oggi, in prima pagina titola: “Il petrolio è crollato, la benzina no. Sui carburanti pesano le (tante) tasse e qualche alibi”.
In queste ultime settimane c’è stato un notevole calo del prezzo del petrolio che è passato dai 115 dollari al barile di giugno ai 71 di questi giorni. Ma noi, andando a comprare i carburanti, quasi non ce ne siamo accorti che la diminuzione è stata di più di un terzo, perché il prezzo alla pompa, della benzina e del gasolio, aumenta con la velocità della luce e diminuisce con i tempi della lumaca.
E’ il caso di ricordare che l’Italia è il Paese, dopo la Grecia, dove i carburanti si costano di più, non solo per le tante tasse, come scrive il Corriere, ma anche perché ci sono tributi che sono vere e proprie truffe da parte dello Stato, senza che nessuno si scandalizzi. Io sono anni che lo scrivo e lo denuncio alla magistratura. Risultato? Un silenzio di tomba.
Ma dov’è la truffa ? Basta vedere come si forma il prezzo dei carburanti che si paga alla pompa. Al costo del prodotto petrolifero si aggiungono le accise, che sono tasse di scopo, come si evince facilmente, in quanto strettamente legate a situazioni di emergenza e, come tali, dovrebbero essere, tra l’altro, solo temporanee. Eccole, nel dettaglio, per ogni litro, in centesimi di euro: 0,1 per la guerra di Abissinia del 1935, 0,7 per la crisi di Suez del 1956, 0,5 per il disastro del Vajont del 1963, 0,5 per l’alluvione di Firenze del 1966, 0,5 per il terremoto del Belice del 1968, 5,1 per il terremoto del Friuli del 1976, 3,9 per il terremoto dell’Irpinia del 1980, 10,6 per la missione in Libano del 1983, 1,1 per la missione in Bosnia del 1996, 2,0 per il rinnovo del contratto dei ferrotranvieri del 2004, 0,5 per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005, 0,71 per il finanziamento alla cultura nel 2011, 4,0 per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011, 0,89 per far fronte all’alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011, 8,2 per il decreto salva Italia nel dicembre 2011, più (dal 1999) la tassa regionale sui carburanti. Su questo totale si calcola l’Iva (21%) e viene fuori il prezzo alla pompa. In percentuale: carburante, 42,9 %, tributi, 57,1 %.
Sorgono evidenti, con una chiarezza inquietante, due questioni.
La prima è se una tassa di scopo (Abissinia, Suez, Vajont, ecc.) possa essere dirottata altrove, cioè se può essere usata per altri scopi. Perché mi pare abbastanza evidente che la tassa per l’Abissinia ( ma vale anche per tante altre, come emerge evidente dall’elenco sopra riportato) vada a finire allo Stato che, però, la utilizza per altri fini, completamente diversi da quelli per i quali ha costretto gli automobilisti a versare.
La seconda questione è se si possa costringere il cittadino a pagare una tassa per uno scopo che non esiste. Come sono, appunto, senza alcun ombra di dubbio, le tasse sull’Abissinia, Suez, il Vajont ecc.. Se questo viene considerato lecito, allora, potrebbero essere lecito mettere altre tasse, inventando emergenze che non esistono. Oddio, ci stanno provando, e non è affatto escluso che lo facciano. C’è, infine, l’imbroglio ancora più grave, ed è quello di calcolare l’imposta (l’Iva) sulle tasse che ho sopra elencato. L’Iva, l’imposta sul valore aggiunto - istituita con d.p.r. 26 ottobre 1972, n.633, sottoposta a successive e numerose modifiche - si applica sul prezzo del bene o sul corrispettivo del servizio. L’imponibile (l’importo sul quale si calcola l’imposta) non può che essere, quindi, il prezzo del bene, aggiungere a questo prezzo le varie tasse e poi calcolare l’Iva è un modo sicuramente illegittimo, che danneggia pesantemente il cittadino-contribuente e consente allo Stato di incassare, impropriamente, risorse ingenti. Se le associazione dei consumatori non fossero, sui problemi seri come questo, sempre in sonno, forse ci sarebbero gli estremi per presentare almeno un esposto alla Procura della Repubblica, perché mi sembra che la truffa (aggravata) sia più che un’ipotesi di reato, qualcosa di macroscopicamente evidente. E, se non si hanno risposte, c’è sempre la Corte di Giustizia Europea.
Fortunato Vinci - Agenzia Stampa Italia
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.