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Dibattiti Storici - Il DNA di un Popolo che dimentica-VIII Parte
(ASI)Continua il viaggio sulle opere del Ventennio fascista in questa ottava parte di una serie di articoli a puntate che vuole informare ai più con i fatti cosa quel periodo scomodo ha realizzato. Legge Istitutiva dell’INPS

Legge promulgata il 04.10.1935 con Regio decreto n°1827

Questa legge nasce come compendio, completamento e ristrutturazione organica di leggi sociali della stessa materia già promulgate sin dal 1923, come quella nata dal R.D. n°3184 del 30-12-1923, “assicurazione invalidità e vecchiaia”, o quella emanata in pari data con R.D. n°3158, “assicurazione contro la disoccupazione”.

L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, assorbendo la precedente Cassa Nazionale per la Previdenza, nasce come Ente di diritto pubblico con gestione autonoma e quindi al di fuori di qualsiasi influenza politica o di gruppi d’interessi privati. La legge in oggetto istituisce la previdenza sociale per tutti i lavoratori che prima erano privi di qualsiasi seria tutela; in particolare crea l’istituto della pensione di anzianità e vecchiaia, calcolata in base ai contributi obbligatori versati all’INPS dai datori di lavoro e dai lavoratori, dando, a chi ha lavorato tutta una vita, la sicurezza di una vecchiaia serena e sicura. Inoltre stabilisce, per la prima volta in Italia, una forma di assicurazione pensionistica pubblica e tutelata dallo Stato, per gl’invalidi al lavoro. Tra il 1939 e il 1941, l’INPS allarga le sue funzioni ed altrettante leggi dello Stato delegano ad esso l’assicurazione contro la disoccupazione, l’erogazione degli assegni familiari, l’assicurazione contro la tubercolosi e le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto, tutte leggi già esistenti a partire dal 1923, ma non gestite precedentemente dall’INPS.

Chiunque, ancora oggi, goda di una pensione, garantita dallo Stato, dopo una vita di lavoro od a causa di un infortunio o una malattia che non gli permettano più di lavorare, lo fa grazie alla succitata legge voluta dal Fascismo. Nell’ottica dell’emancipazione sociale, che è alla base della sua dottrina e della sua prassi, il Fascismo opera in modo organico, fin dai primi anni della sua ascesa al potere ed in tutti i campi, per migliorare le condizioni generali dei lavoratori e per collocarli nella società in una posizione di maggiore dignità e consapevolezza. E’ un passaggio di grande importanza storica, perché determina la fine dell’era della “carità sociale” ed inizia quella dei “diritti sociali” sanciti dalle leggi e garantiti dallo Stato!

Alcuni dati relativi a tutto l’anno 2000:

-          Lavoratori assicurati all’INPS: 19.000.000.

-          Numero di pensioni erogate: 16.000.000

-          Aziende assicurate: 1.500.000

-          Sedi provinciali attive: 470

Nota: dopo la fine della guerra, i governi, i partiti e i sindacati hanno usato l’Istituto e il suo patrimonio, soldi di proprietà dei lavoratori, per instaurare politiche clientelari al fine di comprare consensi elettorali, concedendo a mezzo di leggine ad hoc la pensione a categorie che non avevano mai versato alcun contributo nelle casse dell’Istituto, o sovvenzionando alcune grandi aziende amiche che hanno fatto della cassa integrazione una opportunità per privatizzare gli utili e socializzare le perdite, o elargendo pensioni di favore agli addetti ai lavori in base a contribuzioni virtuali. Il tutto a carico delle esauste casse dell’INPS, svuotate dall’avidità e dalla inettitudine di una classe politica e sindacale indegne, che hanno anteposto gli interessi e di parte a quelli generali dei cittadini.

Assegni familiari

Legge promulgata il 17.06.1937 con Regio Decreto n°1048

Elemento riequilibratore tra salario e necessità famigliari, l’istituzione degli assegni famigliari per gli elementi della famiglia a carico del lavoratore stacca il valore della remunerazione del lavoro dalla valutazione di pura compravendita di mano d’opera e lo pone sul piano più generale di una socialità in cui il lavoro diventa comunque un “mezzo” di sostentamento della famiglia in quanto cellula primaria della società. A parte le positive ed evidenti conseguenze pratiche di una maggiorazione delle entrate della famiglia, in proporzione alle necessità dei suoi membri, la legge che istituisce gli assegni famigliari conclama l’importanza dell’istituto della famiglia, restituendole dignità e valore sociali in perfetta coerenza con tutta la dottrina del Partito Fascista.

Avere figli non è più, come prima, un “lusso” che non pesa ai ricchi ma penalizza i poveri, né i figli sono più, come nella società contadina, una opportunità in quanto potenziale forza-lavoro, ma possono essere, com’è naturale, la realizzazione del desiderio della proiezione di se stessi e della propagazione della specie, uno dei più forti tra gli istinti umani. Gli assegni famigliari spettano per figli, coniuge, genitore od altre persone a carico del lavoratore capofamiglia. Per i figli spettano sino all’età di 18 anni o di 21 se studenti medi, o di 26 se studenti universitari. Gli assegni sono dovuti anche in caso d’invalidità dovuta ad infortunio sul lavoro, così come per le assenze per maternità. L’ipotesi che la promozione delle famiglie numerose fosse un progetto specifico del regime per avere più soldati per fare le guerre è una affermazione cretina degli avversari, che non è né provata dai fatti, né suffragata da nessuna dichiarazione ufficiale del regime. Come tutte le affermazioni non provate, essa resta a livello di pettegolezzo da portineria e, in quanto tale, non ci prendiamo la pena di confutarla.


Casse Rurali ed Artigiane

Legge promulgata il 23.06.1937 con Regio Decreto n°318

Prima di questa legge, oltre alle grandi banche d’affari che proponevano credito e servizi soprattutto per le grandi imprese industriali, commerciali o finanziarie ed alle quali non aveva accesso il mondo dell’artigianato e dell’agricoltura, esistevano da qualche anno piccole banche cooperative, che avevano lo scopo di estendere i servizi bancari anche alle categorie escluse dall’accesso alle grandi banche e quindi, di fatto, escluse da finanziamenti che potessero aiutare la gestione e lo sviluppo delle piccole e medie aziende. Le banche cooperative avevano però alcuni difetti o per lo meno certi limiti, in quanto erano aperte solo ai soci e non erano presenti su tutto il territorio nazionale, ma erano sparse a macchia di leopardo. La Legge del Giugno 1937 riordina e rinnova tutta la materia ed in particolare:

a)      Stabilisce uno Statuto generale valido per tutte le banche di questo tipo che saranno denominate Casse Rurali ed Artigiane

b)      Estende a tutto il territorio nazionale la possibilità di accedere al credito specifico

c)      Stabilisce condizioni particolari e favorevoli per le aziende rurali ed artigiane

d)     E’ un provvedimento che riorganizza in modo organico l’accesso al credito delle piccole aziende.

Come si può vedere, questa legge opera nella direzione di promuovere lo sviluppo delle piccole aziende rurali ed artigiane, sia al fine di impedire che vengano schiacciate dalle grandi aziende, sia in un’ottica, rivelatasi valida al riscontro del tempo, di valorizzazione delle piccole e medie aziende, asse portante dell’inventiva, dell’imprenditorialità e della validità della produzione nazionale.

Davide Caluppi - Agenzia Stampa Italia


Precedenti articoli

- Dibattiti Storici - Il DNA di un Popolo che dimentica-VII Parte

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- Dibattiti Storici - Il DNA di un Popolo che dimentica- VI Parte

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-Dibattiti Storici - Il DNA di un Popolo che dimentica- I Parte

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*Fonte: I Danni del Fascismo, di Alessandro Mezzano

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