(ASI) L’emendamento del presidente del Consiglio al decreto sulle liberalizzazioni, che revoca l’esenzione dell’Ici sugli immobili commerciali della Chiesa, non può che essere considerato un fatto positivo. Certo, è giusto studiare bene l’emendamento ma, se non ci saranno trucchi e se non sarà poi modificato – mi arrivano voci di parecchi mal di pancia di esponenti del Pdl -, possiamo ascrivere questo emendamento nell’elenco delle poche buone notizie di questi giorni.
Monti ha preparato bene il terreno incassando l’ok delle gerarchie vaticane che in una situazione di così grave crisi proprio non potevano gridare allo scandalo. Anzi, la loro disponibilità ha facilitato l’operazione. Del resto, la revoca dell’esenzione dell’Ici sugli immobili ecclesiastici usati per attività commerciali è una doverosa svolta di equità, che semmai andava fatta prima. Comunque, meglio tardi che mai, anche perché in questo modo forse sarà possibile annullare la procedura di infrazione aperta nell’ottobre del 2010 dall’Unione europea.
Visto che, però, ha fatto 30, Monti ora faccia 31 e dimostri di avere fino in fondo quel coraggio che gli abbiamo chiesto dal primo giorno di mandato: dia subito il via libera a un’asta pubblica sulle frequenze televisive che cancelli definitivamente l’ipotesi beauty contest. Certo, lì il coraggio deve essere assai superiore, perchè non sono le gerarchie vaticane il suo interlocutore, ma il cavalier Berlusconi, che non rinuncerà facilmente ai suoi guadagni, soprattutto ora che gli ascolti delle sue reti stanno andando a picco. Se il governo Monti vuole fare davvero il bene del Paese, non può mantenere privilegi. Inoltre, non possiamo permetterci che a una procedura di infrazione superata come quella sull’Ici relativa agli immobili della Chiesa, se ne sostituisca un’altra per il regalo delle frequenze.
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