(ASI) Silvio Berlusconi in merito alle sue vicende giudiziarie interviene e tramite facebook e spiega il perchè vi sia un accadimento di alcuni magistrati nei suoi confronti. " Il processo Mills è soltanto uno, uno dei tanti processi che si sono inventati a mio riguardo. Detengo un record davvero impressionante.
In totale più di cento procedimenti, più di novecento magistrati che si sono occupati di me e del mio gruppo, 588 visite della polizia giudiziaria e della guardia di finanza, 2600 udienze in quattordici anni, più di 400 milioni di euro per le parcelle di avvocati e consulenti. Dei record davvero impressionanti, di assoluto livello non mondiale ma universale, dei record di tutto il sistema solare.
L’avvocato Mills era uno dei tantissimi avvocati di cui all’estero si era servito occasionalmente il gruppo Fininvest, "Io non ricordo di averlo mai conosciuto. A processo avviato ho appreso dagli atti processuali che Mills era l’avvocato di un armatore italiano residente in un Paese africano, del quale gestiva anche il patrimonio e seguiva gli affari. Dai conti di tale armatore, oltre a trattenersi il denaro corrispondente a parcelle emesse, si era trattenuto anche 600.000 dollari quale ulteriore compenso professionale. Per non pagare l’imposta del 50% al fisco inglese e per non dover dividere la restante somma con i suoi soci di studio, Mills si inventò la storia che quei seicentomila dollari non erano frutto di una attività professionale, ma di una donazione esente da tasse. Gli venne in mente il nome di un dirigente Fininvest con il quale aveva avuto rapporti in passato, Carlo Bernasconi. E si invento’ che quei soldi erano una donazione di Bernasconi. Perche’ proprio di Bernasconi? Perché Bernasconi nel frattempo era morto. E perché Bernasconi gli avrebbe dato quei soldi? Per riconoscenza, perché Mills, due anni prima della pretesa donazione, sarebbe stato attento, rendendo due testimonianze processuali in Italia, a non penalizzare il gruppo Fininvest e Silvio Berlusconi. La tesi è risibile.
Mills era un testimone dell’accusa e in quelle occasioni le difese si opposero addirittura alla sua audizione. Se fosse stato un teste ’amico’ ovviamente non vi sarebbe stata opposizione alcuna. Invece era certamente un teste ostile tanto che le sue dichiarazioni furono utilizzate quale punto principale per motivare, in primo grado, due sentenze di condanna. I due processi furono poi vinti da Fininvest in appello e in Cassazione. Non solo. Era anche in corso fra la Fininvest e Mills un aspro contenzioso poiche’ questi si era trattenuto una ingente somma pari a ben 10 miliardi di lire di allora, che non voleva restituire e che poi effettivamente non restitui’ trattenendosela. E’ evidente quindi che mai si sarebbe potuto riconoscere alcunche’ a chi con le sue testimonianze era stato causa di due sentenze di condanna e si era trattenuto una somma cosi’ elevata ed oggetto di richiesta di restituzione. L’avvocato Mills avendo in corso una verifica fiscale e non volendo ne’ pagare le tasse ne’ dividere quei 600.000 dollari con i soci del suo studio, come aveva dovuto fare con i 10 miliardi che aveva trattenuto quale compenso professionale, tento’ tramite il suo commercialista di costruire una storia verosimile per il fisco inglese. Ma gli ando’ male perche’ il fisco scopri’ il trucco. I pubblici ministeri italiani, avvertiti, gli piombarono addosso e in un drammatico interrogatorio durato dieci ore a Milano, Mills, ormai sfinito e temendo di venire arrestato, come ebbe a spiegare egli stesso, diede una versione di comodo per poter ritornare immediatamente in Inghilterra.
Tornando in Inghilterra si rese conto di essersi comportato in modo del tutto incongruo e che la sua tesi era insostenibile e decise finalmente di dire tutta la verita’. Nelle sue recenti testimonianze nel processo ha ricordato di avere indicato anche ai PM di Milano che i soldi erano dell’armatore Attanasio, affermazione che invece i PM, sempre secondo Mills, si astennero dal verbalizzare. La procura milanese utilizzo’ invece la sua prima dichiarazione al fisco per montare con grande gaudio e grande risonanza mediatica questo processo a mio carico. Ripeto: le mie societa’ ne’ tanto meno io, avevamo ragioni per fare quel versamento a Mills che proprio con le sue dichiarazioni era stato il principale responsabile di due sentenze di condanna. Davvero una totale assurdita’. E, naturalmente, di un tale importante versamento avrebbe dovuto trovarsi una prova che, naturalmente, non essendoci stato, non si e’ trovata... davvero... Nel 2006 promossi addirittura una conferenza stampa a Palazzo Chigi perche’ i miei avvocati erano riusciti a reperire la documentazione che provava in modo indiscutibile il passaggio dei seicentomila dollari dall’armatore a Mills. Sono stati ricostruiti tutti i movimenti contabili dei conti correnti di Mills e del suo cliente documentando ’per tabulas’ provenienza e destinazione del denaro.
Ma c’è dell’altro. Già tre anni fa il processo sarebbe caduto in prescrizione, se nel febbraio 2008 la Procura di Milano non si fosse inventata la stupefacente tesi che il reato di presunta corruzione non si perfeziona nel momento in cui il corrotto riceve i soldi dal corruttore, ma nel momento in cui comincia a spenderli! Cioè due anni dopo proprio in tempo per far scattare in avanti i termini della prescrizione. Per finire l’ultimo paradosso: il fisco inglese, dopo indagini approfondite, ha deliberato di far pagare a Mills l’imposte del 50% più una forte penalità, su quei seicentomila dollari, proprio perché ha accertato che si trattava di un corrispettivo dovuto per una prestazione professionale e non di una donazione da parte di terzi che, come donazione, sarebbe stata esente da tassazione. Questi sono i fatti. E così li ha raccontati lo stesso Mills testimoniando nei giorni scorsi. L’avvocato Mills, sentito per ben cinque udienze quale testimone, ha radicalmente escluso, comprovandolo con riscontri documentali, di aver mai ricevuto somme di denaro da chicchessia per aver reso delle dichiarazioni in precedenti processi non rispondenti al vero. Tale testimonianza ha trovato totale riscontro negli atti di causa e non potrebbe che portare ad altro che ad una sentenza di prima e totale assoluzione. A questo punto e di fronte a questi argomenti inoppugnabili qualunque giudice scrupoloso ed equanime avrebbe dovuto chiudere il processo".
ASI precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un'intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell'autore e/o dell'intervistato che ci ha fornito il contenuto. L'intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull'argomento trattato, il giornale ASI è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d'interpretazione