(ASI) "L’affissione di un necrologio satirico raffigurante Matteo Salvini, con la didascalia 'È morta l’empatia umana', dopo la consegna del premio Italia-Israele, è un gesto che non può passare sotto silenzio. Dietro a quella provocazione, comparsa a Oggiono, in provincia di Lecco, non c’è solo ironia: c’è una volontà precisa di colpire e intimidire. E anche se travestita da dissenso politico, è l’espressione di un clima culturale che si sta deteriorando.
Come Istituto Friedman, abbiamo promosso questo riconoscimento con l’intento di valorizzare chi si adopera per il dialogo tra Italia e Israele, due democrazie accomunate da legami storici, culturali e strategici. Il fatto che venga attaccato un premio dedicato alla cooperazione e alla diplomazia, solo perché il destinatario non piace ad alcuni ambienti, è già grave. Ma mettere in scena una morte simbolica, legando la cerimonia alle tragedie di Gaza, è una strumentalizzazione cinica che svilisce ogni dibattito civile.
Il diritto alla critica è sacrosanto. Ma esiste una soglia – quella del rispetto – che non va superata. Ritrarre Salvini su un manifesto funebre, insinuando che l’accoglienza del premio implichi l’assenza di empatia, non è un’opinione: è una caricatura feroce, mossa da rancore e priva di onestà intellettuale.
Chi davvero ha a cuore la pace non seppellisce il dialogo sotto manifesti grotteschi. Non si combatte la sofferenza delle popolazioni, in Medio Oriente come altrove, con gesti teatrali che offendono e polarizzano. C’è bisogno di voce ferma, sì, ma anche di lucidità e compostezza.
Stiamo valutando di segnalare l’episodio alle autorità competenti: non per censurare, ma per affermare un principio fondamentale. Anche la satira ha un confine. E quando si gioca con il dolore altrui – o lo si strumentalizza per fare propaganda – quel confine viene violato.
Non ci aspettiamo solidarietà da chi ha ispirato questo gesto, ma rivendichiamo il diritto di denunciarlo. Perché se davvero è morta l’empatia umana, come recita quel manifesto, allora è nostro dovere riportarla in vita. Con il rispetto, il confronto e una voce libera da odio." Così in una nota ad A.S.I. Alessandro Bertoldi, direttore esecutivo dell'Istituto Milton Friedman,



