(ASI) Roma - “Con l’arrivo dei fondi del Recovery, e con l’avvio delle grandi opere, si è recentemente riaperto il dibattito sul ponte sullo Stretto di Messina, per la cui progettazione sono stati già spesi centinaia di milioni senza che si riuscisse a concretizzare nulla.
Ma spesso si dimentica che quell’area è interessata da faglie attive e da importanti frane sottomarine: si tratterebbe di un substrato estremamente instabile su cui porre i pilastri del ponte a campata unica più lungo del mondo” Lo scrive, in una nota, Mauro Coltorti (M5S), presidente della Commissione Lavori pubblici e Infrastrutture del Senato e docente di geologia.
“Anche il ministro Giovannini, in un’intervista pubblicata oggi sul Corriere del Mezzogiorno, sostiene che l’opera richiede un’attenta valutazione e che non avrebbe senso se non si interviene prima sulle infrastrutture esistenti – prosegue il senatore del Movimento 5 Stelle che precisa - molte persone non sanno che per realizzare il ponte occorrerebbe ristrutturare quasi tutta la rete ferroviaria e parte di quella stradale. Per quella ferroviaria era prevista la realizzazione di lunghi tratti in galleria di circa 16 km sul lato siciliano e di oltre 34 km su quello calabrese. C’è chi in alternativa propone l’attraversamento con un tunnel sottomarino, simile a quello della Manica. Peccato però che quest’ultimo sia ubicato in un settore privo di tettonica, sismicità e frane”.
“Si renderebbe inoltre necessaria una ristrutturazione quasi completa delle stazioni interessate su entrambe le coste. Insomma, una “greppia” che darà nuovamente denaro pubblico a società che con estrema probabilità non completeranno mai le opere. Purtroppo non si impara mai dagli errori passati e in tutti questi anni è mancato l’ammodernamento dell’uso dei traghetti e il caricamento dei treni, traghetti che se rivisitati potrebbero svolgere l’attraversamento in tempi relativamente ridotti, con più frequenze e con costi estremamente contenuti. Si potrebbe in questo modo evitare di realizzare un'opera dalla dubbia fattibilità investendo invece sull’implementazione delle infrastrutture esistenti per colmare il gap endemico che taglia fuori il Sud dal resto del Paese”, conclude Coltorti.