(ASI) «Quel sacrificio non è stato vano, perché nei giorni immediatamente successivi alla sua uccisione, quegli strumenti che erano così a lungo stati richiesti da Dalla Chiesa, la configurazione del reato di associazione mafiosa, un assetto più efficace al meccanismo di sequestro e di confisca dei beni, furono immediatamente varati».
Lo ha detto il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, intervenuto sabato scorso alla cerimonia di commemorazione a Palermo del 29simo anniversario dell’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente di scorta Domenico Russo, vittime di un agguato di mafia in via Isidoro Carini la sera del 3 settembre 1982. Presenti i vertici regionali dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia, il prefetto Umberto Postiglione, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, i rappresentanti dell’amministrazione regionale, provinciale e comunale, l'arcivescovo di Palermo, monsignor Paolo Romeo, il rettore dell'Ateneo palermitano Roberto Lagalla.«Alla richiesta di sicurezza – ha sottolineato il sottosegretario - la risposta non è stata di superficie, ma di sostanza, e comincia a dare frutti molto interessanti», ricordando che «da quel momento tanti nuovi mezzi sono a disposizione del sistema di sicurezza e del sistema giudiziario, sicché oggi il contrasto alla mafia, sulla penetrazione nell'economia, ha certamente mezzi che sono presi a modello in tutta Europa e in tutto il mondo occidentale. Rispetto all'aggressione mafiosa – ha proseguito Mantovano - che ha visto troppo spesso Palermo come teatro, la risposta giudiziaria c'è stata ed è stata efficace», pur con «limiti oggettivi umani», ma che ha comunque dato «una risposta che non si può definire lacunosa o insoddisfacente», facendo notare come i tagli abbiano interessato in misura minore il sistema-sicurezza, rispetto al quale si punta a recuperare risorse dal fondo unico della giustizia, che viene alimentato dai beni sequestrati.
Parlando di alcune misure introdotte di recente per prevenire l'infiltrazione della mafia nell'economia, il sottosegretario Mantovano ha evidenziato l’efficacia di strumenti quali la tracciabilità dei flussi finanziari per gli appalti, l'obbligo di denuncia per l'imprenditore che gestisce pubblici appalti, l'istituzione della stazione unica appaltante, a cui si aggiunge un’intensificazione dei sequestri e delle confische.
«Quella speranza – ha concluso - come denunciò all'epoca una scritta a pochi metri da qui, che sembrava essere stata uccisa insieme a Dalla Chiesa, alla sua signora e all'agente, oggi, invece, ha forti basi normative, istituzionali e di sensibilità diffuse», di cui sono un segno tangibile «i giovani che dicono addio al pizzo e che animano una rivolta sociale contro la mafia che certo può estendersi e trovare maggiori consensi».