(ASI) L'INTERVENTO ALLA CAMERA DI ALFANO (PDL) : I governi non li scelgono i mercati ma il popolo
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
il Presidente del Consiglio ha scelto di riferire in Parlamento sulla situazione economica del Paese e già questa è una scelta apprezzabile. Lo ha fatto sapendo di parlare nel luogo più alto rappresentativo della democrazia e sapendo di dire oggi le cose che avrebbe dovuto dire agli italiani. Ecco perché noi riteniamo le parole appena pronunziate dal Presidente del Consiglio oneste, serie ed affidabili per un Paese che in questo momento chiede affidabilità e serietà al Governo che ha voluto che governasse (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).
Noi abbiamo ascoltato con attenzione le parole del Presidente del Consiglio e crediamo che queste parole, onorevoli colleghi dell’opposizione, richiamino tutti noi e ciascuno di noi ad uno sforzo di realismo. Il realismo è l’unico «ismo» cui noi siamo affezionati, un «ismo» che ci dice che bisogna fare i conti con la realtà per quella che è e non per quella che noi vorremmo che fosse. E la realtà ci dice alcune cose, ce le dice con chiarezza, possiamo far finta di non vederle ma ce le dice.
La prima cosa che ci dice è che già dal giugno 2007 i sintomi di questa crisi erano ben presenti a tutti ed erano sotto gli occhi degli osservatori (vedere gli indici dei subprime americani per avere conferma di quello che sto dicendo) (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
La seconda cosa che ci dice è che la crisi è globale e che la risposta ad una crisi globale, per quello che compete a questo Governo e a questo Parlamento, è una risposta locale quindi necessariamente parziale. Ciò che l’Italia può fare per contrastare variabili macroeconomiche di latitudini internazionali è quel che può fare un Paese rispetto ad una crisi che investe quasi tutti i Paesi del mondo.
L’altra indicazione della realtà è che tanti Paesi, grandi Paesi stanno offrendo alla crisi risposte molto simili a quelle che il nostro Paese ha individuato.
Infine, un altro indice che ci viene dalla realtà è che grandi Paesi - mi riferisco in questa circostanza agli Stati Uniti - si sono dati un metodo, hanno avuto un metodo: nei momenti di difficoltà si intende a litigare di meno e a condividere di più le scelte, perché se si litiga meno il Paese è più unito e le difficoltà si superano più agevolmente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio). Questi sono i richiami alla realtà.
Noi abbiamo assistito fino a ieri e all’altro ieri a dichiarazioni di autorevoli, autorevolissimi esponenti del Partito Democratico che ci spiegavano che il Governo, questo Governo dovesse dimettersi perché così chiedevano i mercati. Abbiamo assistito sgomenti a queste dichiarazioni.
Da quando in qua, onorevoli colleghi, sono i mercati a scegliere i Governi? Da quando in qua sono i mercati a stabilire che i Governi vadano a casa? Ed il popolo? Ed il popolo? E i cittadini? E ciascun cittadino che ruolo ha nella vostra visione della politica, della democrazia e del Paese?
Io vi dico, noi vi diciamo che siamo affezionati a quella bella antica, nobile e sempre attuale idea per cui i Governi sono espressione dei cittadini, sono espressione della gente, sono espressione del popolo e che quando vi è il massimo della rappresentatività del popolo vi è il massimo della legittimazione anche per scelte impopolari. Ed è il motivo per il quale noi siamo contrari a fantomatici Governi tecnici, perché non hanno nulla a che fare col popolo, troppo forse a che fare con i mercati, perché siamo contrari all’idea che si debba piegare la democrazia alla tecnocrazia, perché chiediamo che quando un Governo assume delle scelte poi rispetto a quelle scelte torna dal popolo e si fa giudicare.
E chi presiede i Governi tecnici poi mette le tasse e dal popolo non ci torna, e noi diciamo agli italiani che quando sentono parlare di Governi tecnici sentano anche il profumo delle tasse, lo sentano bene, perché quella è la ricorrente costante dei Governi tecnici. Lo sappiano gli italiani, ma il nostro è un condizionale che fa riferimento ad una certezza. Lo sanno, gli italiani lo sanno.
Quel Governo lì, il Governo Berlusconi è legittimo perché noi abbiamo vinto le elezioni del 2008. Voi siete l’opposizione parlamentare legittima, perché avete varcato la soglia di sbarramento e siete la principale forza d’opposizione. Ciascuno faccia il mestiere che il popolo ha chiamato a svolgere. Questo chiediamo noi.
Dopodiché, la crisi c’è. Abbiamo fatto insieme uno sforzo che ha fatto sì che una manovra imponente fosse approvata in pochi giorni, e lo abbiamo fatto con un grado alto di condivisione, non già dei contenuti ma del metodo. Voi avete dato una mano a che delle deroghe regolamentari consentissero una rapida approvazione, e noi ci siamo assunti la responsabilità delle scelte contenute in quella manovra.
Ecco cosa noi riteniamo che abbia funzionato nell’ultimo periodo. Domanda: perché non replicarlo? Avete delle buone idee per il Paese? Proponetele. Avete delle idee migliori delle nostre? Contribuite a migliorare le nostre. Non venite a dirci che lo fate da tre anni, perché noi che leggiamo ogni giorno i giornali non ce ne siamo accorti, e da quello che scrivono taluni editorialisti forse non si sono accorti delle proposte alternative neanche quelli che i giornali li scrivono, oltre a quelli che i giornali li leggono.
Ma se ci fossero delle proposte noi saremmo pronti qui in Parlamento, e gli accordi sulle grandi questioni del Paese si fanno in Parlamento, non auspicando Governi tecnici, si fanno con il Governo in carica, legittimo, voluto dalla gente. Questo noi chiediamo all’opposizione, di contribuire con uno spirito repubblicano, patriottico diceva il Presidente Berlusconi poc’anzi, a questa fase difficile.
Signori, l’Italia non è un’isola di difficoltà in un mare di serenità. Fuori da questo palazzo, fuori da questo Paese vi è un mare in tempesta. Noi ci sforzeremo con la finitezza delle nostre proposte (noi non siamo dei superuomini e non lo siete neanche voi), con la difficoltà di questo nostro tempo che è sotto gli occhi di tutti, ci sforzeremo in questo mare in tempesta di orientare la prua della nostra nave, della nave Italia, verso il porto sicuro che ci vede oltre la crisi.
Sapete perché siamo fiduciosi di potercela fare? Non perché siamo dei velleitari, ma perché sappiamo che ci sono gli italiani, ci sono quei grandi imprenditori e quei piccoli e piccolissimi imprenditori che continuano a credere nell’Italia. Vi sono quei cittadini, quelle donne e quegli uomini che pagano le tasse e non le evadono, ci sono quei tanti giovani che credono che anche loro possono fare parte di quella nostra storia che vede una generazione sempre migliorare rispetto a quella precedente.
Noi crediamo di uscire dalla crisi perché crediamo negli italiani, e metteremo tutto il nostro sforzo per non tradire la loro fiducia e per non tradire il mandato che nel 2008 ci hanno dato!