(ASI) "C’è poco da stare allegri. Il voto in Germania ci consegna un quadro carico di interrogativi. I partiti di governo – CDU e SPD – escono entrambi fortemente ridimensionati, i socialdemocratici al minimo storico. La destra di AFD entra per la prima volta in Parlamento con un alto numero di seggi mostrando come anche in Germania la rabbia e la paura di ampi strati popolari siano state raccolte e interpretate da una forza estrema, con più di una venatura neo-nazista.
La prospettiva di una coalizione di governo tra CDU, Liberali e Verdi rende meno solida la tradizionale stabilità politica del sistema tedesco e getta un’ombra sulle posizioni che la Germania potrebbe esprimere in Europa su almeno due nodi particolarmente cruciali per l’Italia. Penso in particolare al tema della gestione dei flussi migratori, sul quale si era appena aperta a livello di Unione una positiva riflessione non solo su come ripartire le responsabilità delle situazioni di emergenza e dei richiedenti asilo ma anche su come riaprire un canale legale per i migranti economici verso il nostro continente. Penso poi alle regole e alle politiche in materia economica e finanziaria, sulle quali si giocherà per i prossimi anni la possibilità di mettere sempre di più al centro delle strategie dell’Europa la crescita, gli investimenti, l’occupazione, la lotta alle diseguaglianze. L’uscita più o meno graduale dal QE e la successione al vertice della BCE sono passaggi estremamente delicati sui quali l’atteggiamento della Germania eserciterà inevitabilmente un peso notevole. La scelta della SPD di abbandonare la Grande Coalizione, se da un lato è del tutto comprensibile per cercare di affrontare dall’opposizione una crisi davvero profonda di quel partito, dall’altro molto probabilmente porterà il futuro governo tedesco su posizioni meno aperte e flessibili. La leadership della Cancelliera Merkel sarà messa alla prova in uno scenario decisamente diverso e più impervio rispetto a quello precedente. Vedremo, non resta che aspettare per capire cosa e quanto cambierà in Europa.
Intanto magari qualche lezione dovremmo coglierla anche a casa nostra, pensando alle prossime elezioni di primavera. Il vento in Europa non è favorevole alle forze progressiste. Dopo il ciclone Macron e la drammatica sconfitta del PSF oggi anche il risultato della SPD ci mostra una difficoltà non contingente della sinistra riformista a rispondere all’ansia e alla domanda di cambiamento e di maggiore giustizia sociale che pure sentiamo salire nelle nostre società. Si conferma una crisi dei partiti socialisti e socialdemocratici che non riescono più a rappresentare adeguatamente ne’ i ceti meno abbienti ne’ le parti più giovani e dinamiche delle società sviluppate. Si conferma l’urgenza di una innovazione nelle parole d’ordine, nelle proposte, nella visione della sinistra: nuovo paradigma dello sviluppo, più condivisione e meno competizione, innovazione e sostenibilità, nuovi strumenti di protezione sociale di fronte ai tumultuosi cambiamenti dei sistemi di produzione... Non è questa la sede per approfondire. Mi limito a segnalare che il Partito Democratico nasce in Italia anche per cercare di affrontare meglio questa sfida, per superare vecchi steccati e mettere insieme tutte le culture riformatrici del nostro Paese. Testardamente continuo a pensare che quella intuizione fosse giusta e che la strada da percorrere sia ancora quella di offrire agli elettori una proposta progressista e riformatrice capace di unire e mobilitare “pezzi” di società, esperienze civiche, movimenti sociali per cambiare l’Italia e dare un contributo fattivo anche in Europa. Non mi rassegno alla prospettiva di una divisione permanente e di una disgregazione a sinistra che anche nel nostro Paese potrebbe aprire la strada a instabilità e a ritorni al passato.
Anche per questo il tentativo in atto di approvare una nuova legge elettorale andrebbe perseguito fino in fondo, perché siamo troppo grandi e importanti in Europa per poterci permettere – dopo un’esperienza di governo in cui sinistra e moderati hanno lavorato insieme senza perdere la propria identità – di disperdere i risultati raggiunti e riprecipitare il Paese nel caos e nell’incertezza". Lo scrive in una newsletter (bollettino informativo) l'Onorevole Marina Sereni del PD.
Fonte: http://www.marinasereni.it/EMail.asp?Preview=ON&NewsletterID=2236