(ASI) Continua, purtroppo, il momento drammatico di Umbria Mobilità. Una storia caratterizzata da una gestione clientelare, da investimenti sbagliati e, soprattutto, da una unificazione più formale che sostanziale. Nonostante il disastro non esiste ancora una, unica, univoca e unitaria strategia aziendale.
La Fcu e le vecchie imprese pubbliche continuano, di fatto, ad operare come se fossero autonome, con tutto quello che ne deriva in materia di sovrapposizioni, doppioni e costi. E questo ha portato al disastro. Nessuno ha il coraggio di dire la verità : Umbria Tpl è di fatto fallita, politicamente ed economicamente. Se non è così mi si spieghi come definire uno scenario nel quale un'azienda, decide di creare un'altra società, che verrà venduta a terzi e alla quale affiderà la sua "ragione sociale" (il servizi Tpl), che non è più in grado di garantire autonomamente. Una nuova società con l'ingresso in maggioranza di privati a cui si offre una corposa opportunità. Aumento dei biglietti fino al 65%, aumento significativo del costo kilometrico che gli Enti Locali pagano per i contratti di servizio e diminuzione draconiana dei Km (leggi servizi) che Umbria Tpl oggi percorre. Cioè incassi doppi, costi ridotti e gran parte dei debiti pregressi a carico dei vecchi soci. Il tutto sulle spalle dei cittadini e dei dipendenti che ancora ricevono il salario "a singhiozzo". Un "trinomio" che, naturalmente, non può che renderla appetibile sul mercato e che (nessuno lo dice) avrà anche come "effetto collaterale" la cancellazione dell'Umbria dalla mappa delle regioni che "producono" Tpl. Perché la nuova società è previsto che diventi al 100% proprietà dei nuovi acquirenti. Questo scenario però impone una domanda e suscita una marea di forse e di dubbi. La domanda : Perché se la nuova società è in grado di gestire il servizio, viene venduta? I forse : Forse perchè non si è in grado di costruire un vero piano industriale, che preveda la realizzazione di un'autentica azienda unica regionale? Tradotto dal politichese: Forse non ci si vuole scontrare con i vari potentati e comunità locali (un esempio eclatante di quello che potrebbe succedere è quel "balletto delle corse" tolte per aumentare i corrispettivi chilometrici e subito dopo reinserite sotto la pressione delle comunità interessate) ed è più facile affidare il compito ad "esterni"? 0 forse perché ci sono cose che non sappiamo e che dovremmo sapere, sulla quantità di debiti accumulati da Umbria Tpl e sulla futura gestione del personale? Su questa delicata partita che investe 1500 famiglie, dico chiaramente che, prendo atto, ma non mi convincono del tutto le rassicurazioni sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali e contrattuali. Se fossi il sindacato io pretenderei "un'assicurazione" che certifichi, con assoluta certezza, il mantenimento dell'impegno. Come? Firmando subito, ma subito subito, un accordo quadro con gli enti proprietari che metta tutto nero su bianco e che, soprattutto, diventi parte integrante del protocollo di cessione della nuova società. Insomma abbiamo molti dubbi su ciò che è stato fatto e su ciò che si intende fare. Dubbi perché i fatti ci dicono che, ad un anno di distanza dal manifestarsi della gravissima crisi finanziaria, nulla è cambiato. Le somme di denaro (18 milioni) riversate dagli enti proprietari per far fronte all'emergenza, servono solo a placare i fornitori e a pagare (a tozzi e bocconi) gli stipendi e non a sviluppare una inversione di tendenza. Il cambio dei vertici aziendali, le varie commissioni e team di esperti inviati a controllare i bilanci, hanno prodotto come risultato tante chiacchiere, tante ricette, che in realtà non si sono tradotte in azioni serie e concrete. Dopo tutto questo tempo non si è ancora visto un piano industriale, un piano di rientro debiti a medio/lungo termine, una ristrutturazione interna atta ad aumentare la produttività e razionalizzare gli sprechi. Gli unici interventi, sono stati il blocco del pagamento degli straordinari nel settore amministrativo e la risoluzione della famigerata "questione romana", secondo il nuovo board con la cessione a titolo pressoché gratuito delle quote societarie di UM a fronte di un prezzo di acquisto di un milione di euro. E la conclusione amara è che nonostante le ingenti risorse impiegate, i servizi non soddisfano minimamente le esigenze dei cittadini, incoraggiando gli utenti a preferire l'auto al servizio pubblico. E un cambio di direzione non si ottiene certo cedendo a privati o ad esterni il servizio, ma verificando veramente se esistono ancora le condizioni per una nuova azienda pubblica, umbra, unica, svincolata dalla politica, con un vero piano industriale, dentro un progetto generale di nuova mobilità. Un piano di Governo, non la solita toppa.