“Al nostro Paese va riconosciuto certamente il primato normativo in materia di handicap - sostiene il dottor Giuseppe Di Mauro, Pediatra e Presidente della Società di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) - ma di fatto tra la norma e la pratica sussiste un gap temporale notevole e quando l’attuazione normativa si realizza formalmente, continuano ad esistere realtà che attestano difficoltà organizzative, sociali, istituzionali, pratiche che rendono talvolta vano o parzialmente tale il diritto all’istruzione e all’integrazione degli alunni diversamente abili in tutti gli aspetti della società”.
“Noi pediatri della SIPPS – prosegue Di Mauro – ribadiamo ancora una volta il diritto di ogni essere umano a ricevere accoglienza e cura in modo da vivere con dignità. Oltre al grande valore educativo che assumono anche per i bambini normodotati, l’inserimento e l’integrazione delle persone disabili nella società non possono prescindere dal loro diritto all’istruzione e alla formazione”.
Se in Italia è con la Riforma Gentile del 1923 che si introduce per la prima volta una disposizione normativa riguardante l’inserimento di bambini “portatori di deficit” nella scuola, è con la legge quadro 104/92 che si arriva finalmente ad affermare il diritto per tutti gli alunni in situazione di handicap (anche grave) a frequentare le classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado (scuola materna, elementare, media e superiore).
In realtà la legge parla chiaro: la scuola non può rifiutare le iscrizioni neanche nel caso in cui esse siano superiori alla capacità ricettiva della scuola e se lo fa commette un illecito penale. Un aspetto fondamentale della legge 104 del 1992 è che per la prima volta si parla di integrazione e non soltanto di inserimento. Il bambino diversamente abile non è soltanto inserito fisicamente nella classe e nella scuola, ma è necessario che sia pienamente integrato nel gruppo dei suoi coetanei e della scuola stessa per essere reso partecipe di ogni attività, nel rispetto di quelle che sono le sue possibilità di interazione.
“E’ fondamentale - afferma Di Mauro – che i servizi scolastici siano programmati in accordo con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi e che, più in generale, nelle scuole vengano rispettate alcune regole necessarie per il corretto sviluppo dei bambini diversamente abili:
- la scuola deve realizzare un’opera educativa e didattica che sia differenziata, individualizzata e personalizzata per tutti gli alunni;
- gli insegnanti dovrebbero sempre fare in modo che il bambino con handicap non si senta mai escluso dalla quotidianità della classe, vivendo a stretto contatto con i propri coetanei e partecipando attivamente alla vita scolastica, all’interno della classe e non fuori da questa;
- il bambino diversamente abile non dovrebbe essere seguito soltanto dall’insegnante di sostegno, ma tutti gli insegnanti dovrebbero interagire con lui, esattamente come fanno con gli altri bambini;
- la figura dell’insegnante di sostegno dovrebbe essere vista, all’interno della classe, come un’ulteriore risorsa a cui tutto il gruppo può attingere;
- nella scuola è necessaria anche la figura dello psico-pedagogista, che dovrebbe essere consultata e coinvolta dal team dei docenti e dalla famiglia del bambino, e poter entrare nel merito della quotidianità scolastica, condividendo, così, il suo percorso educativo e sociale.