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(ASI) Il commissario per allargamento comunitario Füle afferma: «Sarajevo non rispetta gli standard comunitari». Pesante crisi politica ed economica.

TRIESTE: L'Ue chiama Sarajevo, ma quest'ultima non riceve bene la telefonata. E il “treno” bosniaco verso la grande comunità non sta di certo per partire. E chissà che non, abbiano anche tanto di guadagnato. L'’ostacolo principale che si frappone fra i due contraenti è il caos politico che il Paese sta vivendo e che quindi vanifica qualsiasi trattativa. Il commissario europeo preposto all'allargamento, Stefan Füle, a Bruxelles è stato molto esplicito. Rivolgendosi alla delegazione bosniaca, ha affermato che «una Bosnia decentralizzata non costituisce certo un ostacolo ma se nelle trattative non parlerà con voce unitaria allora non ci sarà alcun progresso». La Bosnia-Erzegovina ha sottoscritto il Trattato di associazione e stabilizzazione con l'Unione Europea nel 2008, ma lo stesso non è mai entrato in vigore, poiché Sarajevo non ha rispettato i doveri richiesti. Ma qual è l'ostacolo principale che blocca il processo?

Esso è costituito dall'impossibilità nel Paese ex jugoslavo che anche gli appartenenti alle cosiddette minoranze etniche possano ricoprire le più alte cariche istituzionali e sedere in Parlamento. Si tratta del cosiddetto caso Finci-Sejdi„, così chiamato dal nome dei due appartenenti alla comunità ebraica e a quella rom che hanno portato Sarajevo davanti alla Corte europea per i diritti dell'uomo e che ha dato loro ragione. Tuttavia, nonostante la sentenza, come chiaramente espresso dal Füle, la discriminazione resta, in data odierna, nei confronti dei serbi nella Federazione croato-bosniaca e nei confronti di croati e bosgnacchi nella Republika Srpska.

Un appello che sembra perdersi nel vuoto, viste le condizioni politiche esistenti a Sarajevo. Difatti, il presidente del Consiglio dei ministri della Federazione, Vjekoslav Bevanda (croato) ha chiesto la testa di due ministri e un sottosegretario della Sda che non ha votato il bilancio 2012.

L'Sda che si sta coalizzando con gli ex “nemici” di entrambe le Hdz e la Snsd di Milorad Dodik per creare una nuova maggioranza governativa. Non va meglio nella Republika Srpska dove esiste una maggiore stabilità politica, ma anche una profonda crisi socio – economica. E Banja Luka preferisce giustamente chiedere crediti alle banche russe piuttosto che agli strozzini del Fondo monetario internazionale. A livello federale le esportazioni sono purtroppo diminuite del 7% e la disoccupazione si situa al 21%. E le condizioni sono destinate a peggiorare, visto il futuro ingresso della Croazia in Unione Europea.

L'’Europa, dunque, resta per Sarajevo lontana. E magari da un lato, rappresenta anche la sua fortuna.


Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

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