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Approfondimenti. Aspettando Rio+20
(ASI) Dal 20 al 22 giugno si terrà a Rio de Janeiro un importante incontro ad oggetto la salvaguardia del pianeta. Organizzato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per mezzo della Risoluzione RES/64/236, l’incontro si pone in continuità con una lunga serie di appuntamenti fissati già dal 1972, ed in particolare celebrerà il 20° anniversario dell’ “Earth Summit” tenutosi nella medesima città nel 1992.
Il dibattito vedrà impegnati i governi mondiali sulle preoccupanti tematiche inerenti le questioni climatiche per trovare soluzioni che consentano uno sviluppo sostenibile. Nello specifico, la conferenza indetta nella città carioca si concentrerà su due principali questioni: la green economy – intesa come transizione verso un’economia più verde atta ad alleviare incombenti minacce globali (come l’annoso problema dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità, della desertificazione e dell’esaurimento delle risorse naturali) – e la creazione di un quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile – avente come precipua finalità quella di incaricare le istituzioni a monitorare ed attuare politiche di sviluppo sostenibile in ambito sociale, ambientale ed economico. Al fine di individuare l’oggetto specifico del confronto, di predisporre le modalità organizzative ed operative e un testo condiviso di attività, l’incontro del prossimo 20 giugno, è stato preceduto – come da protocollo – da tre meeting preparatori (17-19 maggio 2010, New York; 7-8 marzo 2011, New York; 13-15 giugno 2012, Rio De Janeiro) il cui esito, tuttavia, fa pronosticare che la conferenza è candidata ad un ennesimo fallimento nonostante la drammaticità della situazione e i continui appelli della comunità scientifica ad intervenire tempestivamente onde scongiurare irrimediabili danni.

I colloqui preparatori del documento finale, iniziati il 13 giugno sono infatti caratterizzati da una forte conflittualità risultando mera utopia che nei pochi giorni che separano l'inizio ufficiale della Conferenza si risolvano tutte le questioni in sospeso e che si appianino le divergenze fra governi. Tale scoraggiante conclusione è suggerita dal ritmo troppo lento della “progressione dei lavori” e dall’ostruzionismo di alcuni paesi – con capofila gli Stati Uniti – i quali, privilegiando la soddisfazione immediata dei loro interessi economici a scapito della salvaguardia del pianeta, non manifestano – almeno per quello che appare dalla gestione dei lavori preparatori – sensibilità alla problematica in esame e autentica intensione di giungere ad un accordo serio, definitivo e risolutivo.

Un altro elemento che fa supporre l’inconcludenza dell’incontro è dettato dalla scarsa importanza che i governi attribuiscono alla questione ambientale di cui ne sottovalutano le immediate e notevoli ripercussioni economiche. Ne è prova di ciò il fatto che alla prossima riunione parteciperanno unicamente i delegati dei ministeri dell’ambiente e degli esteri e non anche i rappresentanti dell’economia. Le istituzioni, infatti, dimenticano – oppure fingono di farlo – che i cambiamenti climatici sono uno dei principali elementi che incidono sulla problematica della fame. A detta di autorevoli scienziati tali cambiamenti climatici, di cui una prima conseguenza sono l’aumento delle catastrofi naturali, la maggiore frequenza di uragani, le forti piogge e inondazioni nelle zone tropicali e di forti siccità e carestie nelle fasce semi desertiche, pare sono generati da un’alterazione dell’effetto serra. Ciò produce effetti devastanti sia nelle aree latino americane che in alcune zone del continente africano. In quest’ultimo, per esempio, recentemente si è registrato un incisivo aumento di desertificazione dei terreni a fronte di una notevole diminuzione dei livelli dell’acqua per l’irrigazione degli stessi.

Le conseguenze di questi fenomeni stanno ponendo a serio rischio lo sviluppo economico e sociale di quelle aree del pianeta dove vive la grande maggioranza delle popolazione più povere che basano la loro sussistenza su un’economia agro pastorale con la automatica conseguenza dell’aumento di coloro che soffrono la fame (circa un miliardo secondo i dati ufficiali forniti FAO). Ciò premesso, si ritiene sia giunto il momento di porsi realmente il problema sull’importanza da attribuire al fenomeno dei cambiamenti climatici non essendo più sufficiente che gli accordi conclusi in contesti internazionali si limitino a sancire come unico vincolo l’applicazione volontaria di alcune linee guida. Occorrerebbe effettuare un’inversione di rotta, che fissi seriamente gli obiettivi di una Green Economy e che smascheri il gioco delle big dell’Agro bussines che sfruttano la stessa per incrementare la produzione degli agro carburanti. Non ultimo, sarebbe doveroso che le istituzioni dessero ascolto alla voce degli indios che sono giunti da ogni dove e con ogni mezzo nella città di Rio de Janeiro al fine di tenere un contro vertice che possa far veicolare le istanze di chi, come loro, avvertono in prima persona l’urgenza di soluzioni.

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