Zohran Mamdani, il nuovo volto della sinistra americana

 

Da outsider socialista a sindaco di New York: l’ascesa del trentenne che promette di cambiare tutto - Mamdani come Corbyn: la sinistra che piace alla destra

(ASI) C’è aria di déjà-vu nella sinistra internazionale. Quando Jeremy Corbyn divenne leader del Partito Laburista, gran parte della stampa mondiale si entusiasmò: “finalmente un vero uomo di sinistra”, “il ritorno dell’ideale”, “una speranza per il mondo progressista”.
Pochi anni dopo, Corbyn lasciava un partito spaccato, travolto da accuse di antisemitismo e da un radicalismo che aveva finito per regalare a Boris Johnson una vittoria schiacciante.

Oggi, negli Stati Uniti, la storia sembra ripetersi con Zohran Mamdani. L’entusiasmo mediatico è lo stesso: titoli e interviste lo presentano come “l’antidoto a Trump”, “la nuova voce morale della sinistra americana”. Ma basta grattare la superficie per scoprire che anche qui il copione è già scritto.

Mamdani ha fondato, una sezione di Students for Justice in Palestine, un movimento spesso accusato di vicinanza ideologica a Hamas e ai Fratelli Musulmani.
È un uomo brillante, sorride, comunica bene — ma dietro quella comunicazione patinata c’è un linguaggio che rischia di incendiare invece di unire, e di polarizzare invece di costruire.

Proprio come accadde con Corbyn, l’effetto boomerang è dietro l’angolo: l’uomo che promette di combattere l’estremismo finisce per alimentarlo.
E così la sinistra, invece di proporsi come alternativa credibile, offre alla destra un bersaglio perfetto.

Donald Trump, c’è da scommetterci, starà già stappando una bottiglia di champagne: perché ogni volta che la sinistra scivola nell’ideologia più dura, la destra incassa.

In fondo, la storia recente insegna: più che un antidoto, Mamdani rischia di essere l’ennesimo regalo al trumpismo.


E questa volta, a sorridere davvero, non sarà certo la sinistra.

Dalle aule universitarie al municipio di New York

A soli 34 anni, Zohran Mamdani è diventato il nuovo sindaco di New York, la città più simbolica e complessa degli Stati Uniti. Musulmano, nato in Uganda da genitori indiani, cresciuto nel quartiere multietnico del Queens, Mamdani rappresenta una delle figure più sorprendenti della politica americana recente: socialista dichiarato, professore e attivista, ha vinto dove nessuno avrebbe scommesso su di lui.

Dietro la sua elezione non c’è solo un trionfo personale, ma un segnale politico forte: la voglia di una parte dell’America di cambiare rotta, di tornare a parlare di vita reale, disuguaglianze, affitti, salari, e non solo di ideali astratti o di battaglie tra élite.

Una rimonta storica

Nonostante i miliardi investiti dai grandi donatori newyorkesi nella campagna di Andrew Cuomo, il giovane Mamdani — che a gennaio era dato al 3% nei sondaggi, con oltre venti punti di svantaggio — è riuscito a compiere una rimonta clamorosa.

E, nonostante Donald Trump avesse invitato pubblicamente la comunità ebraica newyorkese a “non votarlo”, ben il 33% degli elettori ebrei ha scelto di ignorare l’appello dell’ex presidente, sostenendo Mamdani.
Un dato sorprendente, che conferma come la sua campagna abbia superato barriere religiose e culturali, parlando a un elettorato trasversale, stanco della paura e desideroso di concretezza.


La sua ascesa è stata costruita con intelligenza politica e un uso sapiente della comunicazione diretta, che ha parlato ai cittadini comuni e non ai circoli di potere.

Figlio di un docente della Columbia University e di una regista premiata alla Mostra di Venezia, Mamdani incarna la nuova intellighenzia cosmopolita di New York.


Laureato in storia africana e diritti civili, ha iniziato la sua carriera politica come consigliere municipale del Queens, fino a diventare protagonista di una campagna elettorale rivoluzionaria, costruita tra i social e le strade della città.

Ispirato alla grafica colorata e pop del cinema di Bollywood, il suo messaggio è stato chiaro e diretto: “Giustizia, equità, dignità per tutti.”
La campagna di Mamdani si è distinta anche per l’uso sapiente dei colori giallo e nero, gli stessi dei taxi di New York, simbolo immediato della città e del suo popolo in movimento: un omaggio visivo ai lavoratori, ai pendolari, alla vita urbana che ogni giorno tiene in piedi la metropoli.

Niente retorica, ma proposte concrete: congelare gli affitti per quattro anni, rendere gratuite alcune linee di autobus, calmierare i prezzi della metropolitana e dei generi popolari.

Una campagna “pop”, un messaggio radicale

Il suo successo, costruito in pochi mesi, è il risultato di una campagna perfetta sui social, di un linguaggio vicino ai giovani e ai ceti popolari e di un uso sapiente dell’autoironia.
Mamdani ha saputo mobilitare una base democratica depressa, presentandosi come alternativa al vecchio establishment incarnato da Andrew Cuomo, travolto nel 2021 da scandali e da una leadership percepita come distante.

Contro ogni previsione, Mamdani lo ha sconfitto alle primarie democratiche con un margine netto, e da lì ha spiccato il volo verso la vittoria finale.
Persino Barack Obama, pur senza endorsement ufficiale, avrebbe telefonato al suo staff per complimentarsi per la freschezza e l’efficacia della campagna.

New York, città difficile: la spinta del disagio sociale

Dietro il voto per Mamdani c’è la crisi di una città che non riesce più a sostenersi.
Gli affitti aumentano del 15-20% l’anno, il costo della vita è insostenibile e la classe media scivola verso la povertà. In molti hanno visto in lui una speranza di riscatto, più che un programma economico concreto.

Come osservano gli analisti, i suoi progetti sociali — finanziati con una tassazione maggiore sui super-ricchi — appaiono difficilmente sostenibili, ma il consenso non nasce dalla contabilità: nasce dal bisogno di credere di nuovo nella politica.

Trump, Cuomo e il nuovo equilibrio americano

Le elezioni di New York sono anche un messaggio a Donald Trump, che da newyorkese conosce bene il valore simbolico della città.
Il fatto che il nuovo sindaco sia un musulmano socialista rappresenta una sfida al cuore stesso dell’America trumpiana.

Per i democratici, la vittoria di Mamdani è una boccata d’ossigeno: dimostra che la base del partito, soprattutto tra i giovani e le minoranze, chiede un ritorno alla giustizia sociale e alla concretezza.

Come ha scritto un editoriale del New York Times:

“Non è (ancora) un candidato presidenziale, ma potrebbe aver aperto la strada a chi lo sarà.”

Il test dei prossimi quattro anni

New York, città-nazione da 113 miliardi di dollari

Il sindaco Mamdani alla guida del bilancio più grande d’America dopo quello federale

New York non è solo una città: è una potenza economica a sé, con un bilancio annuale di oltre 113 miliardi di dollari, più di quello di molti Stati americani — e superiore, per esempio, a quello del Portogallo o della Grecia.
Un’economia urbana che, se fosse indipendente, si collocherebbe tra le prime venti del mondo.

Gestire New York significa dunque amministrare una “città-nazione”, con un PIL di 1.800 miliardi e oltre 8,5 milioni di abitanti ufficiali (che diventano più di 12 milioni considerando i pendolari).
È su questa scala che si misura la sfida titanica del neo-sindaco Zohran Mamdani, chiamato a trasformare in realtà le sue promesse “socialiste” in una macchina amministrativa complessa come un piccolo Stato.

 

La sfida per Mamdani comincia ora. Le sue promesse — affitti congelati, trasporti gratuiti, welfare urbano — richiedono miliardi di dollari.
Eppure, anche se dovesse fallire, la sua elezione ha già cambiato il discorso politico americano.

In un’America spaccata tra élite e populismo, la vittoria di Zohran Mamdani rappresenta un esperimento politico di portata storica: un socialista musulmano alla guida della metropoli simbolo del capitalismo mondiale.

Se riuscirà a tradurre le sue idee in azione, avrà inaugurato una stagione nuova per i Democratici; se fallirà, resterà comunque l’uomo che ha osato sfidare il sistema.


E, in tempi di disillusione, già questo è un atto rivoluzionario.

L’eco in Italia: nasce una “Mamdani generation”?

Già in Italia, qualcuno sembra voler seguire il modello newyorkese.
A Livorno, una giovane consigliera comunale di appena 23 anni, Mia Bintou Diop — padre senegalese, madre italiana — è stata nominata vicepresidente della Regione Toscana con il sostegno diretto di Elly Schlein.

Un segnale, anche questo, di una nuova generazione di politici multietnici, progressisti e orgogliosamente outsider, che tenta di portare in Europa lo stesso vento di rinnovamento che ha soffiato su New York.

Forse è presto per parlare di “effetto Mamdani”, ma la scintilla è accesa.
E come spesso accade, le grandi rivoluzioni politiche iniziano da una sola città. 

In una città che non dorme mai, dove ogni ambizione si misura in grattacieli e ogni caduta rimbomba come un’eco planetaria, Zohran Mamdani non è solo il nuovo sindaco: è il simbolo di una scommessa più grande di lui.
Un ragazzo nato in Uganda, cresciuto nel Queens, figlio di due continenti e di tre culture, che ora tiene tra le mani le chiavi della capitale del mondo.

Laurent De Bai per Agenzia Stampa Italia

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