(ASI) Oltre all'intervento del vicepresidente statunitense James D. Vance, che ha lanciato critiche esplicite al recente corso politico dell'UE, tra i discorsi più attesi alla 61a Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera era ieri in programma anche quello del ministro degli Esteri cinese Wang Yi.
Mentre le due sponde dell'Atlantico, dopo l'insediamento della nuova Amministrazione Trump, sembrano essere ai ferri corti su diversi fronti - dai dazi all'Ucraina, dal Medio Oriente alle politiche ambientali - Pechino, impassibile, continua ad illustrare la sua visione del mondo e le sue soluzioni per uscire dalla fase di «disordine mondiale» che sta caratterizzando gli ultimi anni.
Nei circa otto minuti trascorsi sul palco dell'Hotel Bayerischer Hof, il capo della diplomazia cinese ha messo al centro del suo ragionamento l'ONU e il sistema del diritto internazionale, perni su cui dovrebbe sorgere quel mondo multipolare che «non è solo un'inevitabilità storica ma anche una realtà».
Dal canto suo, Pechino è «impegnata nella costruzione di un mondo multipolare equo e ordinato», e si propone come «fattore di certezza in questo sistema», sforzandosi per incarnare «una costante forza costruttiva nel pianeta in cambiamento». L'intervento di Wang si è sviluppato intorno a quattro punti essenziali: l'eguaglianza tra le nazioni; il rispetto del diritto internazionale; la pratica del multilateralismo; l'apertura e il vantaggio reciproco.
«Le rivalità tra le grandi potenze hanno procurato disastri all'umanità, come dimostrato dalle lezioni apprese nelle due guerre mondiali», ha affermato Wang, che ha aggiunto: «Che si tratti del sistema coloniale o della struttura centro-periferia, gli ordini ineguali sono destinati a scomparire. L'indipendenza e l'autonomia vengono ricercate in tutto il mondo e la democratizzazione delle relazioni internazionali è una tendenza inarrestabile: eguali diritti, eguali opportunità ed eguali regole dovrebbero diventare i principi basilari di un mondo multipolare».
In tema di rispetto del diritto internazionale, il ministro ha ricordato un antico proverbio cinese: «Cerchi e quadrati non possono essere disegnati senza compassi e righelli». Fuor di metafora, nulla può essere raggiunto senza regole e riferimenti. I valori e i principi della Carta dell'ONU, secondo Wang, forniscono ancora oggi «una linea-guida fondamentale per gestire le relazioni internazionali» e rappresentano «un'importante pietra angolare per un mondo multipolare».
Se oggi il globo sta affrontando «caos e confusione», ciò accade «perché alcuni Paesi credono nella ragione del più forte». Insomma, al di là dell'opinione di certi strateghi o analisti, «il paradigma multipolare non può tradursi in uno stato di caos privo di norme e riferimenti» e le maggiori potenze devono onorare i propri impegni.
Quando specifica che la Cina sostiene il diritto internazionale e non pratica né l'eccezionalismo né tanto meno l'opportunismo, è implicito il riferimento al «doppio standard» adottato dalla Casa Bianca e da altri governi occidentali, specie quando ricorda che il rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale «dovrebbe tradursi nel sostegno alla piena riunificazione della Cina». E in effetti, il governo di Taiwan, che de jure è territorio universalmente riconosciuto quale parte integrante della Repubblica Popolare Cinese, viene ancora oggi rifornito periodicamente di armamenti da Washington in aperta violazione della Risoluzione ONU 2758 del 1971, alla base della politica di Una sola Cina, e del terzo comunicato congiunto Cina-USA del 1982.
Da Monaco di Baviera, il capo della diplomazia cinese ha lanciato anche l'ennesimo appello a praticare un vero multilateralismo, ricordando come l'approccio del «noi prima» alle relazioni internazionali conduce soltanto ad una doppia sconfitta (lose-lose). Nel mondo multipolare in divenire è «ancor più necessario consolidare le fondamenta» dell'architettura del diritto internazionale costruita negli ultimi ottant'anni, anziché «distruggere i pilastri» che la sorreggono.
Le nazioni, a partire dalle grandi potenze, dovrebbero assumersi le proprie responsabilità, secondo Wang, in merito alle questioni globali, anziché inseguire soltanto i loro interessi particolari. Il ministro ha rammentato come la Cina abbia «fermamente sostenuto l'autorità e l'importanza dell'ONU e contribuito per più del 20% al suo bilancio ordinario», nonché «agito seriamente rispetto agli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici» dando vita al «più grande sistema di produzione di energia pulita al mondo».
In ultimo, Wang ha posto l'enfasi sulla necessità di perseguire l'apertura e il vantaggio reciproco. Partendo dal presupposto che «lo sviluppo contiene le chiavi per affrontare diversi problemi», il diplomatico ha dichiarato che «il protezionismo non ha vie d'uscita e i dazi arbitrari non hanno vincitori». Nel chiaro riferimento all'approccio dell'Amministrazione Trump al commercio estero, l'emissario di Xi Jinping ha messo in chiaro che il disaccoppiamento tra economie (decoupling) priva sempre di opportunità chi lo promuove, così come «costruire un piccolo giardino circondato da un'alta staccionata (small yard with high fences) finisce soltanto per intrappolare sé stessi».
Nel mondo multipolare è «fondamentale sostenere una cooperazione aperta» e dare vita ad un ordine internazionale fondato su uguaglianza tra nazioni e regole condivise, caratterizzato da una «globalizzazione economica universalmente vantaggiosa ed inclusiva». Stando alle dichiarazioni di Wang, è proprio a questo scopo che la Cina si impegna a «condividere le opportunità di sviluppo con tutti i Paesi». Sul piano economico, il gigante asiatico resta un «importante motore per l'economia globale», come evidenziano i dati dello scorso anno, con un PIL nazionale aumentato del 5% ed un contributo alla crescita mondiale pari al 30% del totale.
Wang si è infine rivolto ai leader dell'Unione Europea e ha garantito la disponibilità di Pechino a mettere in sinergia la «cooperazione Belt and Road di alta qualità», cioè la tela di relazioni create nell'ambito della nuova Via della Seta, con la strategia UE Global Gateway al fine di «rafforzarsi reciprocamente e rafforzare il mondo intero», specificando come le due parti siano partner e non rivali.
A fronte di una dirigenza statunitense che continua confusamente a mescolare istanze isolazioniste (dazi e America First!) con pulsioni interventiste (conquista della Groenlandia e riconquista del Canale di Panama), la Cina vuole presentarsi come alternativa credibile in un pianeta sempre più privo di un'autorevole leadership collegiale globale. Ovviamente, lo fa a modo suo e dal suo punto di vista, pescando a piene mani da una dottrina di politica estera che affonda le proprie radici nei Cinque Principi di Coesistenza Pacifica, lanciati nel lontano 1955 durante la Conferenza di Bandung, che pose le basi per la nascita del Movimento dei Non Allineati.
Resta sullo sfondo la debolezza politica di un'Europa che, dopo trent'anni di sostanziale immobilismo, si ritrova costretta a configurare in tempi brevi una propria autonomia strategica, sottolineata più volte da Emmanuel Macron ma sin qui mai davvero perseguita. Al di là delle frasi di circostanza, anche alla luce del "pantano ucraino", le classi dirigenti di Germania e Francia sono consapevoli che nel lungo periodo dovranno cercare di emanciparsi, per quanto possibile, dall'alleato statunitense, il quale - come prevedibile, in tempi di crisi e difficoltà - comincia a chiedere loro il conto della prolungata protezione militare post-Guerra Fredda, agitando lo spettro di un quadriennio contrassegnato da disimpegno e tensioni tra le due sponde dell'Atlantico.
Pechino sa che nel Vecchio Continente la mentalità a somma-zero ereditata dalla Guerra Fredda è ancora presente e che allo stato attuale i pregiudizi ideologici europei prevalgono sul realismo, tuttavia conta di poter investire su un'aggregazione politico-economica importante ma mai decollata, qual è l'UE, oggi alla disperata ricerca di sponde solide ed affidabili in giro per il mondo.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia