(ASI) Dopo quattro mesi in contrazione e tre mesi di graduale ma costante risalita, l'indice PMI manifatturiero cinese torna in territorio espansivo a settembre, raggiungendo quota 50,2 punti.
A comunicarlo, nel consueto rapporto di fine mese, è stato oggi il Dipartimento Nazionale di Statistica, citato da Xinhua, sottolineando una significativa crescita di mezzo punto percentuale. Ad agosto, il dato aveva toccato infatti i 49,7 punti, già in crescita rispetto ai 49,3 totalizzati a luglio.
Com'è noto, la soglia dei 50 punti consente di stabilire lo stato di salute di un settore: al di sotto di essa si considera in contrazione, al di sopra in espansione.
Secondo Zhao Qinghe, analista presso il Dipartimento, si può parlare di un «miglioramento generale» nel clima del comparto manifatturiero cinese. Stavolta sono 11 - e non 12 come ad agosto - i settori in fase espansiva sui 21 totali presi in esame ma, nel complesso, prevalgono ottimismo e fiducia tra le imprese.
Per un confronto con le principali economie del pianeta è importante considerare che, stando agli ultimi aggiornamenti elaborati da Markit Economics, il PMI manifatturiero si attesta a quota 48,9 negli Stati Uniti e 44,2 nel Regno Unito, entrambi in ripresa ma alle spalle della Cina. L'Eurozona, invece, sta registrando un vero e proprio crollo della produzione industriale (43,4) sotto i colpi dell'inflazione, da un lato, e dell'aggressiva politica rialzista della BCE, dall'altro, applicata senz'altro per tenere a bada la prima, ma in un modo eccessivamente penalizzante per prestiti e mutui ad imprese e famiglie.
Nel dettaglio dell'Area Euro, a soffrire di più è l'Austria (39,6), al quattordicesimo mese consecutivo di contrazione, seguita a breve distanza dalla Germania (39,8), autentica protagonista in negativo di questo 2023 durissimo per il Vecchio Continente. Un po' meglio, sebbene in fase calante, la Francia (43,6). Meno allarmante ed in recupero il dato dell'Italia (45,4) ma ancora lontano dalla soglia dei 50 punti.
Passando al PMI non-manifatturiero, ovvero quello relativo ai servizi e all'edilizia, in Cina a settembre si registra una sostanziale risalita (51,7) rispetto ad agosto (51). Il comparto si conferma quello maggiormente in salute sin dall'inizio dell'anno quando, subito dopo la rimozione delle limitazioni anti-Covid, l'economia cinese aveva fatto segnare una ripresa praticamente immediata, e per certi aspetti fisiologica, sintetizzata dai buoni dati di crescita dei primi due trimestri: +4,5% e +6,3% su base annua.
Nel primo semestre, a trainare il settore dei servizi sono stati soprattutto il turismo, il cinema, la ristorazione ed il commercio di gioielli e abbigliamento [KPMG]. Tuttavia, si era osservata una flessione nei mesi estivi. Ora, invece, anche l'indice PMI non-manifatturiero è risalito.
Sviscerando le rilevazioni del Dipartimento Nazionale di Statistica, il sottoindice relativo ai servizi è a quota 50,9 punti: in rialzo rispetto ad agosto (50,5). Stando a Zhao, il settore si è espanso ad un ritmo più sostenuto a settembre, trainato in particolare da trasporti su acqua, servizi postali e servizi finanziari/monetari: tutti e tre ben al di sopra dei 55 punti.
Per quanto riguarda l'edilizia, il dato è addirittura più confortante, smentendo, almeno per il momento, le ipotesi paventate da alcuni osservatori in merito ad un possibile "effetto Evergrande" sul settore immobiliare cinese. A settembre, infatti, il sottoindice delle costruzioni è cresciuto di 2,4 punti percentuali rispetto al mese precedente, attestandosi a 56,2. Le aspettative sono molto elevate, secondo Zhao, tanto da raggiungere 61,8 punti nel computo del sottoindice relativo, ad indicare un «forte ottimismo tra le imprese costruttrici».
Se si sposta lo sguardo sul primo semestre di quest'anno, stando ai dati diffusi ad agosto da KPMG nel suo periodico China Economic Monitor, la crescita del 5,5% su base annua sembra poter confermare le previsioni di inizio anno del governo, che ha prefigurato un andamento intorno al 5% per l'intero 2023.
I numeri elaborati da KPMG relativi al secondo trimestre evidenziano che il tasso di crescita del PIL (+6,3%) e della produzione industriale (+4,5%) potrebbero presto tornare ai ritmi medi del triennio pre-Covid 2017-2019. Nello stesso periodo, le vendite al dettaglio ed il reddito pro-capite lo hanno già fatto, superandoli: +10,7% (contro il 9% del 2017-19) le prime; +8,4% (contro il 6,5% del 2017-19) il secondo.
C'è ancora da lavorare, invece, sul fronte degli investimenti in capitale fisso, saliti del 2,8% tra aprile e giugno (contro il 6,2% del 2017-19), ma gli investimenti infrastrutturali, cresciuti del 10,7% su base annua nel primo semestre dell'anno, fanno ben sperare in questo senso.
L'aumento costante del potere d'acquisto e la bassissima inflazione potrebbero inoltre spingere la domanda interna, compensando almeno in parte il deciso calo del commercio estero nel secondo trimestre rispetto al precedente: -4,7% l'export e -6,4% l'import. Secondo alcuni, complici le politiche di riconfigurazione delle catene di approvvigionamento (de-risking) adottate da Stati Uniti ed Unione Europea, e più in generale le tensioni geopolitiche/commerciali, ma più probabilmente dovuto alla crisi della domanda nei Paesi occidentali, maggiormente colpiti dalle conseguenze della guerra russo-ucraina e delle sanzioni.
Oltre a scontare un fisiologico effetto-base, questa seconda metà dell'anno dovrebbe osservare un rallentamento generale. Per venire incontro alle esigenze delle imprese e scongiurare i principali fattori di rischio, il governo ha messo in campo nuove linee-guida per il settore privato ed ulteriori misure di allentamento nel settore immobiliare, di cui si è già parlato qualche settimana fa.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia