(ASI) Manila – Mentre infuriano i combattimenti in Ucraina e l’Europa è costretta a fare i conti con lo spettro della guerra a un passo dalle proprie frontiere esterne, l’area dell’Indo-Pacifico non è certo immune da tensioni.
L’invasione di Vladimir Putin ha messo alle strette Bruxelles, chiamata ad azzerare la scomoda dipendenza dalle fonti energetiche di Mosca. Tra i potenziali rifornitori “amici” figurano niente meno che gli Stati dell’Indo-Pacifico, forti del prezioso bottino di materie prime critiche e componenti di alta tecnologia indispensabili al funzionamento dei nostri dispositivi di uso quotidiano.
Sennonché, la zona in questione è di vitale importanza anche per la Cina, la quale peraltro ultimamente non ha esitato a mostrare più volte i muscoli. Caso esemplare è la piccola isola di Taiwan, i cui ricercatissimi semiconduttori fanno gola sia a Washington e Bruxelles sia a Pechino.
Nonostante i riflettori del mondo siano puntati sul braccio di ferro per la contesa dell’oro di Taipei, i paesi del sud-est asiatico – riuniti nell’omonima Comunità ASEAN – dispongono di materie prime altrettanto allettanti agli occhi dell’Occidente. Essi incarnano, insomma, un comodo diversivo per mantenere efficienti le riserve strategiche senza con ciò sottostare ai ricatti quotidiani del Cremlino.
L’Unione europea ha da tempo attivato canali di dialogo bilaterale e multilaterale con la Comunità. Dati alla mano, il blocco ASEAN costituisce il terzo partner commerciale del vecchio continente, subito dopo Stati Uniti e Cina. Bruxelles ha sottoscritto accordi di libero scambio con Singapore e Vietnam, mentre sono in corso le trattative con Indonesia, Thailandia, Malesia.
Un altro paese membro da tenere d’occhio sono le Filippine che – solo per citare un numero – l’anno scorso hanno registrato un tasso di crescita del Pil pari al 7,6% e che possono vantare il possesso di materie prime critiche indispensabili ai processi produttivi tecnologici quali nichel o rame.
E così, lo scorso 31 luglio Ursula von der Leyen è volata fino a Manila, accolta dal presidente Ferdinand Marcos. Un evento a suo modo storico, in quanto si tratta della prima visita ufficiale nello Stato per un presidente della Commissione europea.
Una visita che ha portato risultati concreti. I due vertici, infatti, hanno annunciato la ripresa dei negoziati per la sottoscrizione di un accordo di libero scambio “ambizioso, moderno ed equilibrato”. Le negoziazioni, in realtà, erano state inaugurate nel 2015. Tuttavia, l’elezione dell’assai controverso ex presidente Duterte – conosciuto come il “Donald Trump delle Filippine” – aveva bloccato tutto, dando il via a sei anni di pessime relazioni diplomatiche.
La recente vittoria di Marcos e le sue posizioni decisamente filo-occidentali – motivate dalla volontà di difendersi dalle ambizioni della sempre più aggressiva Cina – hanno contribuito a invertire la rotta. Al punto che von der Leyen ha dichiarato di essere pronta a lavorare insieme in vista di una “nuova era di cooperazione”.
In ballo non vi è solo la partita per l’accordo di libero scambio, che secondo Bruxelles dovrà avvicinare progressivamente le due realtà, includendo facilitazioni per l’accesso delle merci europee al mercato filippino o misure per la loro tutela dalle contraffazioni. Nella conferenza stampa congiunta, von der Leyen e Marcos hanno lasciato intendere di voler cooperare su molteplici aspetti.
La presidente della Commissione ha proposto una maggiore collaborazione sull’estrazione in loco delle materie prime critiche. Dalla condivisione di conoscenze e tecnologie di ultima generazione fino alla formazione dei lavoratori, von der Leyen ha ventilato la possibilità di operare “fianco a fianco” per far progredire l’industria mineraria locale.
In tal modo, le Filippine non dovrebbero più affidarsi alla Cina per la lavorazione esterna di materie come il nichel, mentre l’Ue potrebbe contare su un rifornimento più sicuro delle proprie riserve. Una situazione vantaggiosa per entrambe le parti, che in aggiunta consentirebbe di evitare pericolose dipendenze da Pechino.
E poi ci sono gli investimenti nel settore digitale, in un paese in cui il commercio online e il fenomeno delle start-up procedono a ritmi promettenti. Von der Leyen ha ricordato che il Global Gateway – il massiccio piano di investimenti internazionali di Bruxelles – mobiliterà fino a 10 miliardi di euro entro il 2027 a favore dei membri ASEAN.
Molti investimenti si stanno già concretizzando anche nelle Filippine, grazie ad esempio all’impegno del colosso Nokia per modernizzare la rete 5G nello Stato. La presidente della Commissione ha fatto riferimento, altresì, alla possibilità di estendere a Manila il passaggio di una rete di cavi sottomarini che, stando ai progetti, a breve connetteranno con la fibra l’Europa al Giappone, transitando attraverso l’Artico.
Spazio poi alle trattative per incrementare il volume degli scambi. Le Filippine attualmente godono di un “regime speciale” che ha azzerato i dazi su quasi due terzi dei beni scambiati. Non a caso, oggi l’Unione europea è il quarto partner commerciale delle Filippine. I dati forniti da Bruxelles indicano che fra il 2021 e il 2022 gli scambi di merci e servizi hanno superato i 22 miliardi di euro.
Segnali incoraggianti si registrano sul fronte delle relazioni industriali. Da un lato, infatti, il governo di Manila ha semplificato le procedure per l’apertura sul suolo nazionale di imprese straniere – ivi comprese quelle europee – operanti nel campo della tecnologia e delle energie rinnovabili. Dall’altro, molteplici aziende delle Filippine lavorano già da tempo in Europa. Von der Leyen ha menzionato il colosso della microelettronica Imi – che ha inaugurato centri di ingegneria e progettazione in Bulgaria, Repubblica Ceca e Serbia – e la multinazionale della logistica portuale Ictsi, che gestisce sbocchi sul mar Baltico in Polonia e sul Mar Adriatico in Croazia.
“L'Europa intende essere un partner fidato per le Filippine”, ha soggiunto von der Leyen, approfittando per toccare il delicato tema della sicurezza. Con riferimento alle ambiguità sull’aggressione di Putin, la presidente della Commissione ha ammonito la Cina ad “assumersi pienamente la responsabilità prevista dalla Carta delle Nazioni Unite nel sostenere la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina”. Ha poi messo in chiaro che Bruxelles non asseconderà la “posizione assertiva” di Pechino nell’area ASEAN. Al contrario, ha confermato l’impegno dell’Ue per un Indo-Pacifico “libero da minacce di coercizione” e ha avvertito: “L'uso illegale della forza non può essere tollerato”.
E se è vero che gli equilibri internazionali contemporanei sono in constante fibrillazione, è pur vero che la regione dell’Indo-Pacifico – con il suo bottino di risorse – si candida a rivestire un’importanza sempre maggiore per gli attori globali.
La visita strategica di von der Leyen e l’annuncio dei negoziati sull’accordo di libero scambio con le Filippine sono sicuramente un punto a favore per l’Unione europea. Tuttavia, l’epopea di Taiwan dimostra che la strada per confrontarsi con le mire egemoniche di Xi Jinping è ancora lunga e tortuosa.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia