(ASI) Bruxelles – Non c’è dubbio: la guerra in Ucraina è anche una guerra per il cibo. E mentre i combattimenti si fanno ogni giorno più violenti, le conseguenze rischiano di abbattersi pesantemente su chi si trova già in condizioni di povertà.
A maggior ragione ora che la Federazione russa ha deciso unilateralmente di ritirarsi dall’Iniziativa per il grano del Mar Nero. L’accordo – frutto della laboriosa negoziazione delle Nazioni Unite e della Turchia di Erdogan – ha finora permesso l’esportazione dall’Ucraina di milioni e milioni di tonnellate di grano, cereali, semi e prodotti affini verso tutto il mondo, ivi compresi i paesi africani.
Lo stralcio dell’accordo non rappresenta solo l’ennesimo segnale delle pessime relazioni diplomatiche intercorrenti fra il Cremlino e l’Occidente. Dietro la deliberazione di Putin, infatti, si nasconde una bomba a orologeria pronta a sconvolgere nuovamente l’approvvigionamento di cibo a livello globale.
Per capire meglio cosa sta accadendo, però, occorre riflettere su alcuni interessanti dati. Innanzitutto, non va dimenticata l’importanza internazionale del “granaio Ucraina”. I calcoli della Commissione europea dimostrano che Kyiv detiene più di un decimo della quota di mercato mondiale di mais, orzo e grano, attestandosi inoltre come uno dei maggiori produttori di olio di girasole. Con lo scoppio dell’invasione russa e il successivo blocco dei porti ucraini affacciati sul Mar Nero, la minaccia di una crisi alimentare globale è diventata una triste realtà.
La “Black Sea Grain Initiative” sarebbe dovuta servire proprio a mettere momentaneamente da parte gli interessi individuali dei belligeranti e dei rispettivi alleati in nome di un bene superiore comune, ovvero la gestione della precaria situazione alimentare. Gestione che, almeno fino ad ora, si è rivelata fruttifera.
Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), la prosecuzione delle esportazioni dall’Ucraina ha frenato la corsa dei prezzi dei prodotti agricoli e ha consentito ai paesi più poveri di continuare a rifornirsi, salvando innumerevoli vite umane da una morte atroce. I prezzi alimentari in generale e quelli dei cereali nello specifico, ad esempio, sono diminuiti rispettivamente dell’11,6% e del 14% dal 2022, anno dell’entrata in vigore dell’accordo.
Entrando ancor più nel dettaglio, i dati della Commissione europea indicano che – grazie all’Iniziativa – finora sono state esportate dall’Ucraina quasi 33 milioni di tonnellate di cereali e prodotti alimentari in direzione di ben 45 paesi in tutto il mondo. Non finisce qui: il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha potuto inviare niente meno che 725.000 tonnellate di grano sottoforma di assistenza umanitaria a Stati dalla povertà incalzante quali Afghanistan, Etiopia, Kenya, Sudan, Somalia, Yemen.
Non stupisce, quindi, il forte clamore generato dalla decisione di Mosca. Decisione motivata dal fatto che, a detta del Cremlino, l’Iniziativa non avrebbe tutelato a sufficienza la quota di esportazioni alimentari e di fertilizzanti russe, contrariamente a quanto pattuito al momento della sottoscrizione. Per Putin il connotato umanitario del progetto è stato vanificato, poiché a suo dire “l’obiettivo della consegna di grano ai paesi poveri, in particolare nel continente africano, non è stato raggiunto”.
Ma a pesare è stata sicuramente l’insofferenza di lunga data di Mosca nei confronti delle sanzioni occidentali. In particolare, il Cremlino non ha gradito l’esclusione della Russian Agricultural Bank dal circuito internazionale di transizione bancaria Swift. L’istituto di proprietà statale è una delle cinque maggiori banche russe e opera anche all’estero, dalla Cina alla Bielorussia.
L’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza ha espresso la sua “ferma condanna”, esortando a cessare al più presto il blocco dei porti ucraini e ripristinare la libera navigazione sul Mar Nero. Josep Borrell Fontelles ha accusato Mosca di “usare il cibo come arma” e di essere l’unica responsabile dell’aumento dei prezzi. “La Russia sta ulteriormente aggravando la crisi di sicurezza alimentare globale che ha innescato con la sua guerra”, ha soggiunto senza mezzi termini il capo della diplomazia comunitaria.
Non si è fatta attendere nemmeno la reazione delle Nazioni Unite. “La decisione della Federazione russa sarà un duro colpo per le popolazioni bisognose di tutto il mondo”, ha dichiarato il Segretario generale.
Antonio Guterres ha poi scritto una lettera aperta a Putin per convincerlo a tornare quanto prima sui suoi passi e smentire le affermazioni rilasciate alla stampa. Citando le relazioni delle associazioni di categoria russe, Guterres ha ricordato che in realtà le esportazioni di cereali e fertilizzanti hanno mantenuto livelli stabili durante l’applicazione dell’accordo. Ha fatto notare, altresì, che le Nazioni Unite hanno lavorato per sbloccare buona parte dei beni congelati alle industrie russe dei fertilizzanti per effetto delle sanzioni.
Infine, ha puntualizzato come, grazie alla collaborazione con JP Morgan, sia stato creato un “meccanismo di pagamento su misura” appositamente per la Russian Agricultural Bank, nell’intento di alleviare il peso dell’esclusione dal circuito Swift. Il tutto allo scopo di convincere Mosca a rinnovare l’Iniziativa per il grano e scongiurare una crisi globale.
Va detto, comunque, che la mossa potrebbe presto ritorcersi contro lo stesso Putin. Numerosi paesi africani, infatti, hanno protestato con il Cremlino. Non è certo un caso che diversi capi di Stato abbiamo clamorosamente disertato la recente conferenza Russia-Africa, nonostante la promessa di Mosca di inviare gratuitamente considerevoli quantità di grano alle nazioni più fragili del continente nero.
Dal canto suo, l’Unione europea ha annunciato che continuerà a sviluppare le “Corsie di solidarietà”. Lanciato nel 2022, differentemente dalla Black Sea Grain Initiative il progetto mette a disposizione degli esportatori ucraini le vie di comunicazione degli Stati membri Ue e degli Stati confinanti.
Il progetto è finanziato dalla Commissione in collaborazione la con Banca europea per gli investimenti, la Banca mondiale, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Ha permesso, finora, l’esportazione di 41 milioni di tonnellate di prodotti agricoli (tra cui grano e semi) e 36 milioni di tonnellate di prodotti non agricoli (minerali, ferro, acciaio, legno).
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia