(ASI) Bruxelles – Fra i molteplici fattori di instabilità per la tenuta dell’Unione europea vi è, ormai da anni, la spinosa questione dell’immigrazione. Questione impossibile da risolvere esclusivamente a livello interno, riunendo attorno a un tavolo gli Stati membri.
In tale contesto s’inserisce la firma di un dibattuto memorandum d’intesa fra Ue e Tunisia. Per la seconda volta nel giro di poco tempo, lo scorso 16 luglio la presidente della Commissione – accompagnata dai Primi ministri italiano e olandese – ha incontrato l’omologo tunisino, Kaïs Saied.
La frenetica successione dei colloqui lascia trasparire la ferma intenzione di Bruxelles di venire a capo, al più presto, di un fenomeno in rapida evoluzione. A maggior ragione ora che Polonia e Ungheria hanno affossato, senza se e senza ma, l’ennesima proposta di amministrazione a livello comunitario. D’altro canto, è sotto gli occhi di tutti come la Tunisia sia uno dei principali punti di partenza per moltissimi disperati in fuga da crisi politiche, guerre civili, persecuzioni, congiunture economiche disastrose.
Al termine delle negoziazioni, Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte hanno plaudito al raggiungimento di un “partenariato strategico e globale” con Saied. Tuttavia, è innegabile quanto al centro dell’attenzione vi sia in larga misura proprio il tema migratorio. Ed è altrettanto innegabile quanto l’accordo assomigli a un nuovo tentativo dell’Europa di “appaltare” a paesi esterni la gestione di partenze e arrivi in cambio di generose sovvenzioni. Tentativo che fa tornare alla mente gli infelici precedenti con la Turchia di Erdogan.
Ma veniamo al cuore del documento. Alla base, troviamo cinque concetti chiave. In primis, l’Unione si è impegnata ad aiutare le fragili finanze tunisine allo scopo di “costruire un'economia solida, più resistente e favorevole alla crescita”. Ciò avverrà nel lungo termine attraverso l’erogazione a rate di prestiti a bassi tassi d’interesse, subordinati all’approvazione di riforme democratiche. Nel frattempo, Bruxelles si è detta pronta a fornire sostegno immediato al bilancio. Nel programma di risanamento un ruolo centrale sarà riservato al Fondo monetario internazionale, sebbene Saied si sia più volte rifiutato di sottostare a condizioni imposte dall’esterno invocando slogan nazionalisti.
In secondo luogo, si rafforzeranno sempre più le già floride relazioni imprenditoriali e commerciali tra le due sponde del Mediterraneo. Von der Leyen ha annunciato per l’autunno l’organizzazione di un forum internazionale per attrarre investitori privati a Tunisi. Previsto, poi, un accordo sui voli aerei che faciliterà il flusso di cittadini e imprenditori.
In ballo ci sono, altresì, investimenti europei in progetti altamente tecnologici. Ad esempio, 150 milioni di soldi comunitari andranno a finanziare il cantiere del progetto Medusa, ossia un sistema di cavi sottomarini da 8.700 chilometri che collegherà ben undici paesi costieri, Italia compresa.
Vedrà presto la luce, in terzo luogo, un “partenariato strategico sull’energia”. Aspetto importante per Bruxelles, desiderosa di smarcarsi da Cina e Russia nell’accelerare la transizione verde e rifornirsi di fonti di energia e materie prime essenziali.
L’Ue supporterà la transizione ecologica della Tunisia, ottenendo in cambio fonti di energia pulita quali l’idrogeno a basse emissioni di carbonio. Anche in tale ambito non mancheranno gli investimenti europei. Von der Leyen ha menzionato 300 milioni di soldi comunitari destinati al progetto ELMED. Il sistema di cavi sottomarini – lungo oltre 200 chilometri e profondo 800 metri – trasporterà elettricità in Europa, partendo dalla Tunisia e approdando nella nostra Castelvetrano.
I finanziamenti europei verranno estesi al settore istruzione e ricerca, nell’ottica di integrare sempre più le due sponde del Mediterraneo. Bruxelles devolverà 65 milioni per ammodernare ottanta scuole tunisine, mentre ulteriori 10 milioni sosterranno Erasmus+. Grazie al celeberrimo programma di scambi interculturali, i giovani tunisini avranno l’opportunità di venire a studiare e lavorare in Europa. Potranno acquisire nuove conoscenze e abilità da applicare una volta tornati in patria.
Nonostante venga elencata all’ultimo punto, è senza dubbio la migrazione la questione centrale. “Abbiamo bisogno di una cooperazione efficace, ora più che mai”, ha ammesso la medesima von der Leyen. La presidente ha parlato della lotta alla migrazione irregolare e ai trafficanti di esseri umani, della gestione delle frontiere, delle procedure di registrazione e rimpatrio come di “priorità comuni” da fronteggiare “nel pieno rispetto del diritto internazionale”. Ha poi promesso maggiore impegno comune sulle operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Il tutto supportato con ben 100 milioni di soldi europei.
Eppure, nel testo ufficiale dell’accordo sta scritto chiaro e tondo: “La Tunisia ribadisce la sua posizione di non essere un paese di insediamento per i migranti irregolari. Ribadisce, inoltre, l’intenzione di presidiare solo le proprie frontiere”. Tradotto: Saied accetterà di buon grado i fondi europei, ma non inaugurerà alcun campo o centro per accogliere i migranti rimpatriati dall’Ue. Il Primo ministro aprirà le porte esclusivamente agli irregolari di origine tunisina, come si precisa in un passaggio successivo del testo.
La presidente della Commissione ha delineato l’intesa al pari di “un investimento nella prosperità comune, nella nostra stabilità, nelle nostre generazioni future”. Tuttavia, la chiusura di Saied sugli irregolari non tunisini non è certo un punto a favore di Bruxelles.
Non lo sono nemmeno le numerose inchieste giornalistiche e gli appelli delle organizzazioni non governative che dipingono la Tunisia come un paese sempre meno democratico, dove le vibranti dichiarazioni di Saied sulla “sostituzione etnica” stanno via via accrescendo l’odio e la tensione sociale. Un paese, insomma, dove i richiedenti asilo sono tutt’altro che al sicuro.
Secondo quanto riporta “Al Jazeera”, a inizio luglio “centinaia di migranti” sono stati costretti a fuggire dal porto di Sfax – uno dei punti cruciali per le partenze in direzione dell’Europa – in seguito alle “tensioni razziali” esplose dopo l’uccisione di un tunisino in circostanze poco chiare. Sempre a luglio, “Internazionale” riferisce che la guardia costiera libica ha soccorso almeno ottanta migranti abbandonati dai tunisini in pieno deserto, sotto un sole cocente di quaranta gradi, privi di acqua e cibo. E questi sono solo alcuni esempi.
Vedremo quanto sarà davvero efficace l’accordo. Vedremo in che misura esso contribuirà a far aderire in pieno la Tunisia agli obblighi del diritto internazionale. Al momento, l’unica certezza è rappresentata dalle tante, troppe vite umane che continuano a perire incessantemente nel Mediterraneo.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia