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(ASI) Una nuova Costituzione in Ungheria, fortemente voluta e prepotentemente ispirata dal Premier Viktor Orban, al potere da un anno e mezzo con il partito Fidesz,. La Carta, entrata in vigore dal primo gennaio, disegna un’Ungheria radicalmente diversa, con accenti nazionalisti molto pronunciati ed un’ispirazione vetero-conservatrice dal punto di vista della legge elettorale, della finanza, della giustizia e di alcune tematiche sociali ed etiche.

Riforme molto controverse, che hanno incontrato critiche aperte non solo all’interno (specie nei partiti di sinistra ed in quelli ecologisti) ma anche in campo internazionale. A detta di molti osservatori, l’Ungheria si allontana in maniera preoccupante dall’Europa. Difatti, l’Unione Europea ha già avanzato in maniera ufficiale seri dubbi sulla compatibilità delle nuove norme costituzionali con il diritto comunitario. E fonti governative degli Stati Uniti hanno espresso inquietudine per le sorti della democrazia nel paese magiaro.

Nella nuova Costituzione, il termine “Repubblica d’Ungheria” scompare, sostituito dalla parola “Ungheria”: quasi, secondo alcune critiche dell’opposizione, a prefigurare e legittimare ulteriori, future involuzioni in senso autoritario-personalistico. Per converso, c’è un riferimento esplicito a Dio (“Dio benedica gli Ungheresi”) come a dare ai nuovi assetti il sigillo della provvidenza divina: procedimento, invero, tipico dei regimi autoritari.

Forte della maggioranza parlamentare dei due terzi del suo partito, Orban, con la riforma, ha conferito valore costituzionale ad una serie di norme che, pertanto, non potranno essere modificate se non da una maggioranza qualificata, guarda caso proprio quella dei due terzi. Una maggioranza che, per il futuro, sembra fuori dalla portata degli attuali partiti di opposizione, comunque vadano le prossime elezioni.

In tal modo, Orban ed il Fidesz hanno, in pratica, messo sotto chiave l’apparato statale. Per esempio, la norma sulla stabilità finanziaria fissa (inchioda) il tasso unico dell’imposta sui redditi al 16%. Questa misura, lega le mani ad un governo futuro anche in materia di bilancio, rendendo praticamente impossibile l’attivazione di misure fiscali urgenti, vista la difficoltà di cambiare la costituzione.

Senza dimenticare che, nei primi diciotto mesi di potere, Orban ha occupato con suoi uomini tutti i posti di responsabilità dell’apparato statale, specie nei settori dell’economia, delle forze di polizia, dell’esercito, della giustizia. E molti di costoro hanno un mandato di nove o dodici anni, per cui, un futuro governo di diverso orientamento politico, dovrà confrontarsi con una burocrazia ostile, totalmente riferita al partito del Fidesz.

Nel campo più strettamente politico, la nuova carta costituzionale rende retroattivamente “responsabili dei crimini comunisti” commessi fino al 1989, i dirigenti dell’attuale partito Socialista (l’ex partito Comunista). La norma, specie per la sua retroattività, ha indotto in molti, e non solo gli ex comunisti, a parlare dell’ “instaurazione di una dittatura”.

La costituzione interviene anche in campo religioso, riducendo da circa 300 a sole 14 le comunità religiose beneficiarie di sovvenzioni pubbliche e questo ha molto acuito le sensibilità comuni in un Paese in cui sono presenti molte confessioni e molte articolazioni all’interno delle stesse.

Non viene risparmiata, dalle nuove norme, neppure la sfera privata e quella che in Italia si definisce la sfera etica. E’ decretato nella costituzione che l’embrione è un essere umano fin dall’inizio della gravidanza e questo è, secondo alcune organizzazioni di sinistra, il primo passo verso la riduzione forzata dell’accesso all’aborto in Ungheria. Anche il matrimonio viene tassativamente ricondotto all’unione tra persone di sesso diverso, con ciò escludendo ogni possibilità di matrimonio tra omosessuali.

Ma il disegno politico di Orban non si è fermato alle nuove disposizioni legislative. Anche i media sono stati messi in riga con licenziamenti massicci o “prepensionamenti” dei giornalisti che non si sono docilmente adeguati al nuovo corso. Alcuni di essi sono entrati in sciopero della fame, e sono stati immediatamente licenziati. E Klubradio, la sola emittente d’opposizione, ha perduto la frequenza dove trasmetteva.

Questa serie di misure che ridisegnano pesantemente l’Ungheria, sono state adottate sullo sfondo di una politica economica “non ortodossa” che ha fatto affondare la moneta ungherese, il fiorino, di oltre il 20% nel cambio con l’euro, solo nel corso dell’ultimo trimestre, mentre i tassi d’interesse delle obbligazioni di Stato sfiorano il 10%. E, dopo aver attaccato il fondo Monetario Internazionale, Orban ha dovuto fare marcia indietro e chiedere soccorso, ma lo stesso FMI e l’UE hanno sospeso i negoziati prendendo a motivo la riforma della Banca Centrale ungherese, con la quale verrebbe ridotta notevolmente la tradizionale indipendenza dell’istituzione, ricondotta sotto l’influenza diretta del governo.

E mentre Orban dichiara di voler accelerare nella direzione della “rinazionalizzazione” dell’economia, nei primi giorni dell’anno sono previste numerose manifestazioni contro il “nuovo regime” che isola il Paese sulla scena internazionale ed il cui autoritarismo comincia a preoccupare anche fuori Ungheria. Per esempio, nella vicina Romania si tiene d’occhio la situazione perché il governo nazionalista magiaro ha più volte rivendicato la propria sovranità sui territori, già ungheresi ed ora rumeni, dei Carpazi, per ristabilire la “Grande Ungheria” vagheggiata dai nazionalisti del Fidesz.

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