Il peso dell'Italia nella Nato

(ASI) Roma - Nei giorni scorsi il profilo Twitter della Aeronautica Militare Italiana ha twittato la notizia che quattro Eurofighter italiani, hanno intercettato caccia russi nello spazio aereo della Polonia e della Svezia. I jet militari russi, accortisi di aver violato lo spazio aereo straniero, sono rientrati subito nell'enclave russa di Kaliningrad sul Baltico.

A tal proposito, il cittadino si chiede, che ci facevano i caccia militari della Aeronautica Italiana a così tanta distanza dallo spazio aereo italiano a svolgere una operazione di pattugliamento dei cieli?

Ebbene, il tutto è da ricercare nella politica della Nato degli ultimi anni, incentrata sulla sicurezza dei confini europei orientali, dopo la reazione della Russia di Putin all'espansionismo ad Est della Nato, iniziato dopo la fine della Guerra Fredda.

Infatti, se i riflettori degli organi d'informazione mondiali sono stati puntati sulla frontiera militare Nato - CSI, dal 24 febbraio 2022, data dello scoppio della fase calda militare della guerra russo - ucraina, è dal 2016 che gli Stati membri della Nato (ovviamente Italia inclusa) stanno cercando di contrastare la reazione russa all'espansionismo dell'imperialismo americano nell'area baltica, balcanica e del Mar Nero.

In realtà, a livello militare tutto ha inizio nel 2014, con l'annessione russa della Crimea e l'inizio della pulizia etnica della popolazione russofona nel Donbas da parte del governo ucraino di Kiev; da quel momento la Nato ripensò alla tutela della sicurezza nell'Europa centro - orientale, soprattutto per rassicurare i nuovi Stati aderenti al Patto Atlantico (ex membri del Patto di Varsavia) e mandare un messaggio di deterrenza alla Russia.

La risposta della Nato alla Russia non si è fatta attendere, prima con quanto stabilito al vertice Nato di Newport in Galles del 4/5 settembre 2014, che ha stabilito l'aumento delle spese per le difese dei paesi membri, con l'obbiettivo per l'Italia di destinare il 2% del PIL alle spese per la difesa entro il 2024, e contribuire in maniera più massiccia alle missioni della Nato nel mondo. In base a quanto riportato nel rapporto annuale del Segretario Generale delle Nato del 31 marzo 2022, la spesa per la difesa nei Paesi Nato nel 2021, nonostante la pandemia da Covid19, è aumentata rispetto al 2020 da 1031 a 1050 miliardi di dollari, con gli Usa che coprono quasi il 70% della spesa complessiva Nato, il Canada e l'Europa che hanno aumentato dal 2014 la spesa militare del 29,6% e l'Italia che contribuisce con circa il 9% alle spese dell'Alleanza Atlantica.

Attualmente, in Italia l'1,54% del PIL è destinato alle spese per la Difesa (1,14 nel 2014) e nei prossimi anni l'impegno di spesa militare è destinato ad aumentare ulteriormente, come stabilito dal suddetto accordo sottoscritto nel 2014 dal Governo Renzi durante la Presidenza Usa di Obama. A tal proposito, il "Burden Sharing" comporta esattamente il raggiungimento di tre parametri, sintetizzabili nelle "Tre C": "Cash" con l'incremento del PIL destinato alle spese militari almeno del 2% per ogni Stato membro della Nato; "Capabilities" con il 20% delle spese per la difesa destinate in "Major Equipments"; "Contributions", ossia incrementare la partecipazione alle missioni Nato.

Successivamente, nel luglio del 2016, col vertice "Defence Investment Pledge" a Varsavia, la Nato ha fatto partire l'iniziativa "Enhanced Forward Presence" (EFP) con il dispiegamento di una forza militare di combattimento (con armi anche italiane), schierata in Lettonia, Lituania, Estonia e Polonia, per la prima volta a Est dell'ex confine est - ovest delle due "Germanie". Si noti bene che, comunque sia le forze militari Nato schierate nel 2016 sul territorio degli Stati dell'ex Patto di Varsavia, non sono dislocate su base permanente, ma su base rotazionale, al fine di rispettare quanto previsto nell'atto costitutivo Nato - Russia del 1997.
All'epoca, un contingente italiano è stato schierato in Lettonia con l'Italia che decise di contribuire alla missione EFP, sottolineando lo spirito di difesa dei "nostri" confini, intesi come Alleanza Atlantica, come si è sforzato di sottolineare l'allora Ministro degli Esteri del Governo Renzi, Paolo Gentiloni.

Con lo stesso pretesto, l'Italia ha preso parte alla missione "Enhanced Air Policing" (EAP), schierando truppe in Romania, dove ha assunto anche ruoli di comando, con i caccia italiani che sarebbero dovuti rientrare in Italia nell'aprile 2022, allorché Roma ha passato il comando della missione a Londra, ma che poi sono rimasti, addirittura, raddoppiando il numero da 4 a 8 jet militari. L'Italia, tra l'altro, partecipa a numerose altre missioni Nato di polizia aerea in Bulgaria, Macedonia del Nord, Montenegro, Islanda e Slovenia.

La politica estera italiana, incentrata tradizionalmente sulla doppia direttrice, quella Europea e quella Mediterranea, si muove a livello militare, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, pressoché sempre in ambito Nato che permette all'Italia, relegata a un ruolo di potenza regionale (o al massimo interregionale) dopo le limitazioni derivanti dalla sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, di svolgere un ruolo rilevante nello scacchiere euro - mediterraneo, spesso alla pari delle grandi potenze europee di Francia e Gran Bretagna, superiore a quello della Germania. In tal ottica, si colloca anche il Patto del Quirinale tra Italia e Francia che prevede una collaborazione in pressoché tutti gli ambiti fra i due Stati, compresa la partecipazione a missioni diplomatiche e militari internazionali insieme, non solo per tutelare gli interessi nazionali reciproci e comuni, ma, anche per un incremento del peso militare europeo nella Nato.

In questo contesto, l'Italia sta assumendo sempre più responsabilità militari, manifestando l'intenzione di rafforzare i propri contingenti in Bulgaria (,+750 unità) e in Ungheria (+250 unità). In Bulgaria, l'Italia dovrebbe assumere il ruolo fondamentale di "Framework Nation" con responsabilità di controllo, comando e logistica.

L'impegno crescente dell'Italia in ambito Nato si manifesta (dopo il ritiro dall'Afghanistan nel 2021), anche col comando della missione in Iraq, dalla presenza militare centro africana nel Sahel (nell'ambito dell'Operazione Barkhane, coalizione internazionale a guida francese) e militare non combattente in Libia.

Pertanto, con i suoi quasi 7500 soldati dispiegati in tutto il mondo, sia in ambito Onu sia Nato, l'Italia è pienamente implicata nella crisi internazionale nello scontro Nato - Russia (che rischia di sfociare in un confronto fra due diversi mondi e civiltà, Occidente vs Oriente) e nella lotta per l'accaparramento delle risorse energetiche fra le grandi potenze economiche mondiali, in qualità di membro del G7, realtà davanti alla quale deve confrontarsi qualsiasi governo più o meno sovranista.

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

 

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