(ASI) Fino a pochi mesi fa il Governo di JairBolsonaro, stava per accaparrarsi la proprietà fondiaria di parte dell’Amazzonia. In ballo vi erano circa 65 milioni di ettari di terre pubbliche.
Queste ultime potevano, e volevano essere cedute alle grandi organizzazioni dell’ agribusiness, del settore minerario e dei tagliatori di legna. I nativi, le popolazioni indigene che vivono in quelle terre si sono mobilitate per non permettere lo smantellamento degli ambienti naturali e dei loro siti originari. Alcune associazioni della società civile si sono mosse per soccorrerli. I rischi per le popolazioni locali si presentavano enormi. La deforestazione in Amazzonia già da aprile era aumentata del 63,7%, rispetto allo stesso mese dello scorso anno. L’Istituto di Ricerche Spaziali, brasiliano (INPE) ha documentato, e reso noto, come dall’inizio del 2020 siano andati persi 796 Km quadrati di foresta. L’area che restava più colpita era quella di Ituna-Itatà, nello stato di Parà. La denuncia è partita da Greenpeace Brasile. Inoltre viene riferito : “Alle popolazioni indigene viene negata la libertà di espressione e associazione mentre le aziende continuano l’invasione e la distruzione dei loro territori e risorse” ha denunciato José Francisco CalìTzay, relatore speciale sui diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite. Il Presidente Brasiliano in questi ultimi mesi sembra aver preso decisioni che vedono un buon cambio di rotta. Per uscire da un isolamento internazionale che sembrava stringente, ha pronunciato queste parole,avvicinandosi ai programmi per la salvaguardia dell’ambiente : “Siamo pronti, a continuare la nostra partnership a favore dello sviluppo sostenibile, e della protezione ambientale , in particolare dell’Amazzonia, sulla base del nostro dialogo avviato di recente. Faccio notare che il Brasile ha mostrato impegno per l’accordo di Parigi, con la presentazione dei suoi nuovi obbiettivi nazionali”. Sembra che da parte del PresidenteBolsonaro, sia chiara l’intenzione di traslare la propria decisionalità in favore di una visione più “ecologista”. Vi è dunque un ridimensionamento dei propri programmi di espansione in favore anche delle popolazione indigene, per cui si sta guardando alla tutela della foresta pluviale. L’Amazzonia continuerà a restare così il polmone verde del mondo.
Massimiliano Pezzella – Agenzia Stampa Italia