(ASI) La Cina ha fermato, avvalendosi del proprio veto, una bozza di dichiarazione circolata, nelle ultime ore, in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il testo proponeva una dura condanna nei confronti di quanto avvenuto, pochi giorni fa, in Birmania. L’organo decisionale dell’ importante ente internazionale si è riunito, ieri a New York, non riuscendo però a trovare un’ intesa sul documento. Non è la prima volta che Pechino ripete tale atteggiamento. Lo aveva assunto, già durante la crisi dei Rohingya nel 2017 accaduta sempre in Myanmar, utilizzando il suo diritto, in quanto membro permanente all’ interno dell’organo decisionale che ha sede nella Grande Mela, per bloccare qualsiasi riunione, al palazzo di vetro nella città Usa, o rilasciare affermazioni condivise. La nazione del Dragone ha evidenti interessi geopolitici, nell’area, opposti a quelli di Washington e degli altri partner occidentali. La leader arrestata durante il golpe, Aung San Suu Kyi, rischia di subire un arresto per due anni. E’ accusata infatti di possedere alcuni walkie – talkie illegali e usati, senza permesso, dalle sue guardie del corpo. Lo hanno riferito i media internazionali. Fonti locali hanno specificato che le radioline portatili sono state trovate in casa sua. La diretta interessata ha violato così la legge che vieta le importazioni e le esportazioni. Il portavoce della Lega nazionale per la democrazia ha riferito che l’ex presidente, Win Mynt, è stato incolpato invece di non aver rispettato la norma inerente alla gestione delle catastrofi naturali. I ministri degli Esteri del G7 hanno chiesto, al termine di una consultazione telematica in una nota congiunta, ai militari di porre fine all’ emergenza nazionale. Le diplomazie di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone hanno domandato pure, secondo quanto si legge nel comunicato stampa congiunto divulgato agli organi di informazione, di “ristabilire il potere del governo democraticamente eletto, liberare tutti coloro che sono stati ingiustamente detenuti e rispettare i diritti umani”.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia