(ASI) Gli intenti espressi, nella data storica del 20 gennaio 2020 all’esterno del Congresso durante il discorso tanto atteso di inaugurazione della propria attività, sembrano essere una pura utopia.
I valori cattolici richiamati con solennità, l’impegno per l’unità e la diffusione di pace e amore mediante un sano multilateralismo, paiono scontrarsi con interessi lontani anni luce dal bene comune rappresentato da tale retorica “love story”. Le prime mosse di Joe Biden, in politica estera, sono infatti decisamente contrastanti. Il nuovo capo della Casa Bianca ha confermato di volere domandare una proroga, di cinque anni, del trattato Start in scadenza il 5 febbraio. “E’ nell’ interesse degli Stati Uniti”, hanno ammesso ieri, dalla residenza di Pennsylvania Avenue 1600, i suoi consiglieri citati dal Washington Post.
L’obiettivo è quello di non lasciare morire l’unico accordo, ancora in vigore con la Russia, in merito alla riduzione reciproca dei mezzi bellici atomici. Tutti desiderano evitare, almeno a parole, una nuova e pericolosa corsa agli armamenti tra le due superpotenze. La mossa sembra essere apprezzata anche dal Cremlino. Quest’ultimo sta cercando di trovare punti di convergenza col vincitore delle elezioni, avvenute lo scorso 3 novembre, nella nazione d’Oltreoceano. La buona volontà, mostrata da entrambe le parti, potrebbe trovare davanti a sé numerose insidie, lasciate trapelare dagli stessi alti funzionari consultati dal quotidiano della capitale Usa.
Questi ultimi hanno chiarito dunque che il neo presidente non ha intenzione, almeno per il momento, di “normalizzare” le relazioni con Vladimir Putin. La situazione potrebbe peggiorare poiché chiederà al direttore dell’ intelligence, Avril Haines, di valutare “le azioni spericolate e aggressive”, compiute da Mosca negli ultimi mesi, per poi avviare una dura risposta. Le distanze paiono essere incolmabili. Le accuse riguardano l’attribuzione della paternità degli attacchi informatici contro il governo di Washington e le possibili interferenze degli 007 di Vladimir Putin nelle elezioni nazionali del 3 novembre dell’anno appena concluso. C’è preoccupazione anche per l’uso di armi chimiche contro il leader dell’opposizione Alexei Navalny e le presunte promesse di denaro, in Afghanistan, per ogni soldato americano ucciso. L’eventuale approvazione di sanzioni, nei confronti dello Zar, o vere e proprie rappresaglie (soprattutto cyber) potrebbe creare le premesse per un conflitto che incendierebbe, molto probabilmente, l’intera comunità internazionale.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia