(AS)) Secondo le organizzazioni per i diritti umani, il Cile è culminato nel 2019 con la peggiore crisi in materia dai tempi della dittatura atlantico di Augusto Pinochet. Questo uno dei tanti punti di vista in cui il primo biennio della presidenza di Sebastian Pinera offre un bilancio molto negativo.
Proprio per protestare contro il primo biennio dell’epoca Pinera le organizzazioni e i movimenti sociali hanno organizzato per l’11 marzo una giornata di mobilitazione contro il capo dello Stato per chiedere interventi contro le ingiustizie le disuguaglianze sociali e le impunità nel paese.
Nel paese indiolatino da circa 5 mesi è in atto una profonda crisi sociale che ha evidenziato la situazione dei diritti umani nel paese.
Dall’inizio delle proteste ad oggi sono stati segnalati 31 morti e migliaia di violazioni umani denunciate da diverse organizzazioni sia nazionali che internazionali. Un rapporto diffuso dall’OHCHR, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani he rilevato che nel corso delle proteste “c’è stato un numero elevato di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui un uso eccessivo o non necessario della forza che ha provocato privazioni arbitrarie della vita e lesioni, torture, maltrattamenti, violenza sessuale e detenzioni arbitrarie”, tanto che l’Onu lo scorso novembre ha svolto nel paese una missione che ha ascoltato 235 persone vittime di presunte violazioni dei diritti umani”.
In quel periodo l’Onu ha rilevato che sia i Carabineros che l’Esercito non hanno rispettato le norme e gli standard internazionali sull’uso della forza per reprimere le manifestazioni. Il Palazzo di Vetro ha anche denunciato l’alto numero di persone che hanno subito lesioni agli occhi o al viso, oltre 300; riferendo di aver registrato oltre 130 casi di torture o maltrattamenti.
Nonostante le denunce contenute nel documento però il governo cileno non ha posto fine alla violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza.
Le proteste hanno ovviamente avuto delle ripercussioni anche su lato economico con il presidente Pinera che ha presentato una serie di riforme al Congresso in tema di sistema pensionistico ed anche la possibilità di modificare la Costituzione.
I disordini sociali sono iniziati lo scorso 18 ottobre quando gli studenti si sono mobilitati per protestare contro l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana divenendo così oggetto della repressione delle forze di sicurezza.
Inizialmente il governo ha presentato una nuova anche una apposita agenda sociale ipotizzando alcuni miglioramenti nelle condizioni di vita dei cittadini senza però mantenere la parola data nonostante le politiche neoliberiste abbiano fatto aumentare il costo della vita nel paese andino.
Secondo gli ultimi dati disponibili l’1% della popolazione cilena possiede il 26,5% della ricchezza mentre la metà della popolazione, quella più povera, possiede appena il 2,1% della ricchezza totale del paese; inoltre 7 lavoratori su 10 ricevono uno stipendio inferiore ai 550mila pesos, poco più di 750 euro, mentre solo il 6% della popolazione guadagna più di 2mila euro al mese.
Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia