Cina. Procede la Xinomics: giù tasse e burocrazia sullo sfondo delle tensioni con Trump

138089217 15588272416381n copy copy(ASI) Ormai da quasi cinque anni, la riforma strutturale dell'offerta messa in campo dal governo cinese ha ampiamente indicato la strada maestra del Paese nel prossimo futuro: meno tasse, meno burocrazia e servizi più efficienti per continuare a costruire un ambiente favorevole ad imprese e start-up in tutto il Paese. È stato il primo ministro Li Keqiang a ribadire l'importanza della riduzione della pressione fiscale sulle imprese, durante una visita di due giorni, tra venerdì e sabato scorsi, nelle città di Weifang e Jinan, nella provincia peninsulare dello Shandong.

In particolare, Li ha incontrato il personale di Weichai Group, azienda statale fondata nel 1946, leader nella produzione di attrezzature e macchinari industriali, ottantaquattresima nella top-500 delle aziende cinesi, con più di 80.000 dipendenti in tutto il mondo ed un fatturato di 230 miliardi di yuan, pari a quasi 30 miliardi di euro. Secondo quanto riportato da Xinhua, il capo di governo ha «incoraggiato il personale a rafforzare la cooperazione internazionale nel processo di innovazione», esortandolo a «produrre beni sempre più competitivi e ad alta affidabilità».

La visita di Li Keqiang ha fatto poi tappa alla Weifang Goertek Eletronics Co., azienda privata di più recente fondazione, attiva nella progettazione e realizzazione di strumentazioni e componenti elettronici. In questo caso è stato uno dei manager a ricordare a Li e alla stampa che quest'anno l'azienda verserà all'erario circa 100 milioni di yuan (15 milioni di dollari) in meno, grazie alla riduzione degli oneri fiscali e amministrativi.

Secondo quanto stabilito da un rapporto del governo presentato in occasione dell'apertura dei lavori dell'ultima Assemblea Nazionale del Popolo, svoltasi nel marzo scorso a Pechino, entro quest'anno il governo «taglierà tasse ed oneri [...] per un volume pari a circa 2.000 miliardi di yuan (298,31 miliardi di dollari) a beneficio della manifattura, dei trasporti e dell'edilizia». In particolare, nel settore manifatturiero l'IVA scenderà dal 16% al 13% mentre per i trasporti e le costruzioni passerà dal 10% al 9%. Le misure faranno complessivamente seguito ai 400 miliardi di yuan di tasse già tagliati lo scorso anno.

Si tratta evidentemente di liquidità che le aziende, in particolare quelle più innovative, maggiormente beneficiate dagli incentivi fiscali di Pechino, potranno reinvestire in ricerca e sviluppo per aumentare il loro grado di competitività sui mercati internazionali. In questo senso, durante il suo tour nello Shandong, il primo ministro ha ricordato «l'enorme potenziale» della Cina, sottolineando come «attraverso l'innovazione tecnologica, i loro stessi sforzi ed una cooperazione estesa, le aziende cinesi saranno in grado di conquistare i consumatori e il mercato».

A vent'anni dall'introduzione dello Zouchuqu (走出去), cioè della cosiddetta politica del Go Global, avviata alla fine degli anni Novanta dall'allora presidente Jiang Zemin per spingere le imprese più competitive ad investire all'estero, il principale riferimento per le aziende cinesi - soprattutto nei settori dei beni di consumo - è oggi il mercato interno, un bacino di circa 1,4 miliardi di potenziali consumatori, caratterizzati non solo da un potere d'acquisto in forte crescita ma anche da esigenze e consapevolezze maggiori rispetto al passato, specie nelle aree urbane.

Non sfugge chiaramente alla necessità di innovarsi nemmeno il settore dei servizi, a partire da quelli finanziari, i più prossimi - per ovvi motivi - al mondo dell'impresa. Nel corso della sua visita nello Shandong, Li Keqiang ha infatti raggiunto una banca locale sostenendo che «gli istituti di credito dovrebbero utilizzare le tecniche relative ai big data ed innovare prodotti e modelli finanziari per fornire migliori servizi alle micro e piccole imprese, dal momento che queste giocano un ruolo cruciale nel processo di crescita economica, aumentando l'occupazione e migliorando il livello di vita delle persone».

Quella che molti analisti hanno ridefinito col nome di Xinomics è indubbiamente la politica economica cruciale di questa decade, almeno tanto quanto lo fu trent'anni fa negli Stati Uniti la Reaganomics, con cui indubbiamente esistono punti di contatti ed elementi di analogia. Non solo perché la Cina di oggi è il più grande mercato innovativo al mondo per dimensioni, ma anche perché dai risultati economici che il Paese asiatico raggiungerà nei prossimi cinque anni saremo in grado di comprendere anche le tendenze globali.

Lo scontro commerciale e tecnologico con gli Stati Uniti, che in pochi giorni aveva già nuovamente innervosito le borse di tutto il mondo, sembrerebbe già prossimo a rientrare dopo il mezzo passo indietro di Donald Trump su Huawei. Il presidente statunitense, infatti, dopo l'ordine perentorio imposto ai big del digitale a stelle e strisce affinché chiudessero le loro relazioni con il gigante cinese delle telecomunicazioni, ha annunciato che i negoziati sul commercio potrebbero non soltanto riaprirsi a breve, ma addirittura comprendere la stessa questione Huawei.

Poche ore dopo il perentorio diktat del capo della Casa Bianca, la visita di Xi Jinping alla sede della JL Mag Rare-Earth - interpretata oltre Pacifico come una velata minaccia - ha spaventato più di un consigliere a Washington. La JL Mag è infatti una grande azienda hi-tech, con sede a Ganzhou, nella provincia del Jiangxi, specializzata nell'estrazione e nella lavorazione delle cosiddette terre rare, particolari minerali come scandrio, ittrio, promezio, itterbio ed altri ancora, utilizzati per produrre componenti elettroniche di largo utilizzo applicativo quali microchip, fibre ottiche a laser, superconduttori o magneti, riuscendo allo stesso tempo nel non semplice obiettivo di rispettare alcuni fondamentali standard di contenimento dell'impatto ambientale, tanto da ottenere - fra le altre - la certificazione di processo ISO14001:2015.

Che la visita di Xi alla JL Mag fosse una davvero minaccia o meno, il malcelato dietrofront di Trump è l'ennesimo segnale a confermare che è ormai sostanzialmente impossibile prescindere dalla Cina, un attore globale con il quale ci si deve necessariamente confrontare con un approccio paritetico.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 

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