(ASI) Tensione sempre più alta tra Washington e Mosca. Il generale Raymond Thomas, capo delle forze speciali americane, ha dichiarato, ieri in una conferenza in Florida, che la Siria è diventato “l’ambiente più aggressivo di guerra elettronica del pianeta”, aggiungendo che Mosca e Damasco “ci stanno testando ogni giorno, abbattendo le nostre comunicazioni”.
Secondo quanto riportato da alcuni media, il militare avrebbe parlato persino di problemi causati al velivolo EC130. Le sue affermazioni sembrano avvalorare quelle, rilasciate all’inizio di aprile, di 4 funzionari americani, alla tv Usa Nbc, secondo cui la Russia avrebbe attaccato elettronicamente, in modo ripetuto, piccoli droni statunitensi, riducendo in modo significativo le capacità militari americane di operare nell’area in questione.
Agenzia Stampa Italia ha consultato fonti anonime della Nato che non hanno confermato, né tuttavia smentito, l’avvio di una guerra elettronica tra le due superpotenze nel paese mediorientale.
Le divergenze tra il Cremlino e la Casa Bianca sono aumentate soprattutto dopo i raid congiunti, di questo mese, dell’amministrazione Trump, del Regno Unito e della Francia, contro il regime di Bashar al – Assad accusato di aver compiuto un attacco chimico nella regione della Douma. Tale posizione è stata contestata da Damasco, Mosca e Teheran che hanno attribuito la paternità di tutto ciò ai servizi segreti di Londra. L’iniziativa attuata da questi ultimi avrebbe avuto lo scopo di creare il “casus belli” per scatenare la rappresaglia sul suolo siriano. Il responsabile della diplomazia di Vladimir Putin, Sergej Lavorv, ha assicurato comunque, nei giorni scorsi, che non ci sarà al 100% nessuna guerra tra il suo paese e l’Occidente, confermando che il capo dell’Eliseo Emmanuel Macron e il tycoon Donald Trump hanno agito avvertendo prima il Cremlino e non mettendo in pericolo le truppe di quest’ultimo in loco. Il ministro degli Esteri russo non ha escluso, tuttavia, la possibilità di fornire, al regime suo alleato, il sistema missilistico S 300 che viene temuto non solo dagli Stati Uniti, ma soprattutto da Israele. Tel Aviv potrebbe incontrare così maggiori difficoltà nel caso in cui decidesse di intervenire per contrastare la sempre più consistente presenza iraniana che considera come una minaccia alla propria sicurezza nazionale. La guerra civile, che continua in Siria dal 2011, non sembra trovare, nonostante le oltre 500 mila vittime, una soluzione diplomatica e potrebbe trasformarsi, da guerra regionale e mondiale per procura, in un conflitto diretto tra i maggiori attori della comunità internazionale.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia