(ASI) Il primo viaggio all'estero di Kim Jong-un è passato agli annali. Tappa prescelta e tutto sommato prevedibile: Pechino. Il vertice bilaterale, non ufficiale ma parimenti fondamentale, tra il presidente cinese Xi Jinping ed il suo giovane omologo nordcoreano ha sancito la volontà di P'yŏngyang di impegnarsi nel processo di denuclearizzazione, anticipando tutti e, forse, spiazzando lo stesso Donald Trump, ancora in attesa di concordare la data dello storico vertice tra Washington e P'yŏngyang, annunciato più di un mese fa ma ancora tutto da stabilire.
Nel primo giorno di visita è stato mantenuto il massimo riserbo, probabilmente per motivi di sicurezza. Tuttavia, le indiscrezioni avevano dato sempre più corpo all'ipotesi che Kim si trovasse proprio in Cina. Alla Stazione centrale di Pechino, le telecamere e le macchine fotografiche della stampa avevano intravisto i vagoni del celebre "Frecciaverde" dei Kim, il treno superblindato utilizzato dai capi di governo nordcoreani per muoversi in Cina e in Russia, gli unici due Paesi confinanti con l'enigmatico Stato "nazional-comunista", assieme alla Corea del Sud, e di fatto gli unici veri interlocutori influenti di P'yŏngyang nella regione Asia-Pacifico. Prima del giovane figlio, era stato il padre e predecessore Kim Jong-il, scomparso nel 2011, ad utilizzarlo per i suoi spostamenti all'estero. Da allora, il convoglio presidenziale non si era più visto fuori dai confini nazionali.
Sebbene non annunciato pubblicamente, l'incontro tra i due leader non è stato del tutto una sorpresa. Con la visita in Corea del Sud della sorella di Kim Jong-un, Kim Yo-jong, in veste di accompagnatrice ufficiale della squadra nordcoreana ai Giochi Invernali di PyeongChang da poco conclusisi, il clima di tensione, aumentato all'ennesima potenza nei mesi precedenti, aveva cominciato lentamente a dissolversi. Da P'yŏngyang erano emersi chiaramente i segnali della volontà di organizzare al più presto un nuovo vertice intercoreano tra i capi di Stato dei due Paesi, ancora divisi dai tempi della Guerra Fredda, e addirittura di pianificare un incontro tra lo stesso Kim e Donald Trump.
Che il ruolo di arbitro di questa complessa partita a scacchi fosse finito, giocoforza, in mano alla Cina era stato per primo lo stesso Trump a capirlo, quando nel suo viaggio a Pechino del novembre scorso aveva chiesto un aiuto a Xi Jinping per risolvere diplomaticamente la questione ed evitare il ricorso all'opzione militare. Non è un caso che giovedì, a poche ore dal rientro da Pechino di Kim Jong-un e consorte, le delegazioni di P'yŏngyang e Seoul, rispettivamente guidate dal presidente della Commissione per la Riunificazione Pacifica Ri Son-gwon e dal ministro per l'Unificazione Cho Myoung-gyon, si siano incontrate presso il villaggio di confine di Panmunjeom, nell'area demilitarizzata che separa i due Stati.
La decisione ufficializzata con una stretta di mano dai due capi-delegazione è di quelle importanti: il prossimo 27 aprile, la stessa area dell'incontro bilaterale Nord-Sud di giovedì scorso ospiterà il terzo vertice intercoreano ed il primo tra Kim Jong-un e l'omologo sudcoreano Moon Jae-in, a ben undici anni di distanza dal secondo (2007) e a diciotto dal primo (2000). Il clima di distensione e cooperazione amichevole inaugurato proprio nel 2000 da Kim Jong-il, padre di Kim Jong-un, e dal sudcoreano Kim Dae-jung, promotore della Sunshine Policy, aveva prodotto risultati concreti come la creazione della Regione Industriale di Kaesŏng, una zona economica speciale, inaugurata nel 2002, aperta agli investimenti delle aziende sudcoreane ma purtroppo messa più volte in pericolo nel corso degli ultimi anni al riaffacciarsi di ogni crisi militare bilaterale. La speranza, dunque, è quella di poter vedere non solo rigenerata e rafforzata quest'area ma anche espandersi la cooperazione tra le due Coree ad un livello superiore in tutti i campi.
A questo proposito, oltre alla diplomazia, anche l'esperienza politica della Cina potrebbe rappresentare un prezioso contributo esterno. Il modello 'Un Paese, due sistemi', pensato da Deng Xiaoping per le riunificazioni di Hong Kong e Macao alla Repubblica Popolare Cinese, celebrate rispettivamente nel 1997 e nel 1999, costituisce uno schema applicabile, pur con le dovute proporzioni e accortezze del caso, anche alla Penisola Coreana. Quando cominciarono le trattative con Londra e Lisbona negli anni Ottanta, i due territori, sottoposti rispettivamente al governatorato coloniale di Gran Bretagna e Portogallo, furono rincorporati all'interno di uno Stato territorialmente molto più grande ma all'epoca molto meno avanzato dal punto di vista finanziario ed infrastrutturale. Eppure, al momento della riannessione le cose erano già profondamente cambiate: alla fine degli anni Novanta, difatti, la Cina aveva ormai da tempo strutturato le basi per il funzionamento di un sistema economico di mercato, adeguatamente riformato la sua Costituzione relativamente alle forme di proprietà e alla libera iniziativa, e pianificato una serie di grandi opere oggi fondamentali per la connettività del Paese, non ultimo il lungo ponte marittimo (ben 55 km), prossimo all'inaugurazione, che collegherà proprio Hong Kong a Macao e Zhuhai.
Nel caso della Penisola Coreana, i due Paesi separati presentano al contrario un'estensione geografica simile fra loro, sebbene il PIL della Corea del Sud sia circa 50 volte quello della Corea del Nord. In questo caso, stando anche agli impegni assunti dai due governi, nessuno dei due Stati dovrebbe annettere od incorporare l'altro. Il modello 'Un Paese, due sistemi' potrebbe tuttavia adattarsi e realizzarsi attraverso la creazione di un direttorio composto da un pari numero di delegati del Nord e del Sud per promuovere un progressivo piano di confederazione fra i due Stati a precise condizioni: ovvero, che il Nord si impegni a riformare il suo sistema politico ed economico nella direzione dello Stato di diritto e dell'economia di mercato e che il Sud ordini la chiusura delle basi militari americane sul proprio suolo.
Ovviamente, nel prossimo vertice intercoreano, i cui dettagli saranno discussi ed enucleati il 4 aprile, Pechino, pur senza interferire negli affari interni delle due Coree, dovrà giocare un suo ruolo all'interno del processo di pace come unico attore, a livello sia regionale sia internazionale, attualmente in grado di godere della piena fiducia di entrambi gli attori direttamente coinvolti.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia