(ASI) Caracas, Venezuela- Tasso di inflazione oltre il 100 per cento, 5051 arresti dai primi di aprile a oggi, 121 vittime per gli scontri di piazza, un’assemblea costituente voluta dal presidente Nicolas Maduro e votata dal 41,53 per cento della popolazione domenica 30 luglio.
Per l’opposizione è stato appena il 12, ovvero un milione di voti in meno rispetto a quanto dicono le fonti governative. Questo è il Venezuela di oggi nella spirale di una crisi politica ed economica che è andata oltre ogni aspettativa. Maduro ignora le proteste nei confronti del governo e le reprime nel sangue. L’esecutivo di Caracas, in minoranza in parlamento, ha chiamato i cittadini alle urne per una costituente che riformasse il sistema politico e concentrasse il potere nelle mani del presidente. I sistemi elettronici governativi giustificano il gesto con la partecipazione democratica, smentita dall’opposizione che si riversa sulle strade di Caracas per far valere i propri diritti.
Chiusura totale da parte delle autorità, che negli ultimi giorni hanno arrestato Leopoldo Lopez e l’ex sindaco di Caracas Antonio Ledezma, due dei più importanti leader dell’opposizione. La procuratrice generale Luisa Ortega Diaz, che ha pubblicato i numeri degli ultimi scontri di piazza, parla di «crimini contro l’umanità», perpetrati senza pietà di fronte a cortei pacifici dei manifestanti e con totale indifferenza verso lo sdegno internazionale.
Gli Stati Uniti si sono detti «preoccupati» e hanno congelato i beni del presidente venezuelano all’estero, mentre i militari fedeli al leader preparano la Costituente per riscrivere i principi del regime. Anche l’Unione Europea ha condannato le violenze, con l’Italia in prima linea attraverso le parole di Paolo Gentiloni: «Non riconosceremo in alcun modo questa Assemblea». Fra i Paesi dell’America latina, sono ostili all’ultimo referendum Messico, Colombia, Perù, Argentina e Brasile.
San Cristòbal è una delle città venezuelane più calde nella rivolta contro il governo. Lì è morta Daniela Salomòn Machado, 15 anni, la vittima più giovane della repressione e ora simbolo dei manifestanti. Ma come lei, che secondo alcune fonti era di passaggio e non stava protestando, ci sono tanti altri cittadini disposti a morire per opporsi al potere. Il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez è arrivato a dichiarare in diretta tv che «nessun venezuelano è morto per mano dell’esercito o della polizia», mentre per Ortega Diaz il 25% dei morti è stato vittima delle forze armate chaviste e il 40% dei gruppi civili armati.
Una spaccatura profonda pro e contro Maduro che non si limita ai confini nazionali. Dopo il silenzio di Jeremy Corbyn, il leader laburista inglese, ex amico del predecessore Hugo Chavez e simpatizzante del regime, fra gli esponenti politici italiani non mancano i fedelissimi al chavismo. Di fronte alla fermezza del governo Gentiloni nel denunciare le violenze, il M5s preferisce il principio di non ingerenza. Paolo Cento di Sinistra italiana ha detto che «bisognerebbe andare oltre le logiche del tifo», anche per liberarsi dell’imbarazzo che il caso venezuelano provoca nelle sinistre.
Fra scrittori e intellettuali ci sono diversi punti di vista, non tutti intuitivi. «Maduro non mi era sembrato un mostro di cattiveria. La colpa è dei paramilitari», ha detto il filosofo Gianni Vattimo. Lo scrittore Diego Fusaro ha parlato in modo meno sfumato: «Gramsci, Marx e Lenin difenderebbero il comunista Maduro dall’aggressione americana».
Nel frattempo il popolo di Caracas proverà ad avvicinare il palazzo del Parlamento in concomitanza con l’ennesimo blitz fra le strade della capitale. Scontata la risposta del governo: polizia e militari per disperdere le proteste, ma stavolta potrebbero non essere sparati solo proiettili di gomma.
Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia