(ASI) Washington, Stati Uniti - Nessuno avrebbe saputo immaginarli più diversi. Nel parlare e nell'agire percorrono sentieri paralleli che non si toccheranno mai. Barack Obama e Donald Trump avranno però come unico punto di contatto il passaggio di testimone alla Casa Bianca. Da qui al 20 gennaio il loro comportamento non può lasciare indifferente il mondo intero.
Riforma sanitaria, avvicinamento al mondo arabo, attenzione al cambiamento climatico, posizioni morbide verso i nemici tradizionali in Medio Oriente e un lungo progetto di ritiro dei soldati all'estero. In otto anni l'America ha seguito il sentiero del primo presidente di origini africane, quello dello «Yes we can», ma anche quello che sta preparando in modo opinabile un campo minato al nuovo presidente eletto. Obama ha toccato il punto di massima tensione al momento dell'astensione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Con 14 voti su 15 è passata una mozione che vede le Nazioni Unite condannare la colonizzazione israeliana nei territori palestinesi. Un esito inedito per la diplomazia internazionale, da sempre soggetta al veto americano, ogni volta a favore delle posizioni sioniste..
Donald Trump appare sereno e tutt'altro che infastidito. Attraverso i social media lancia i suoi tweet di conforto a petrolieri, banchieri, imprenditori e perfino agli amici di Netanyahu.
«Non temete, fra meno di 20 giorni sarà tutto cambiato. Dall'Obamacare ai rapporti con Israele, rivedremo molte posizioni del presidente democratico», ha detto il tycoon newyorkese senza indugi e pronto a passare al comando.
Come in una partita a scacchi, Obama ha invece cacciato dagli Stati Uniti 35 diplomatici russi. Parte di loro è ritenuta responsabile insieme a due agenzie di spionaggio di Mosca degli attacchi hacker che sono stati registrati durante l'ultima campagna elettorale. Mentre era in vacanza alle Hawaii, il presidente uscente ha predisposto nuove sanzioni. Trump, forte dello stretto legame con il presidente russo Vladimir Putin, è comunque intenzionato ad invertire la rotta.
Il tycoon vuole riformare la Cia e l'intelligence nazionale, secondo il Wall Street Journal, e l'economia giù si muove nella direzione del presidente eletto lo scorso 8 novembre.
Ad esempio la Ford ha sospeso la produzione di auto nella propria fabbrica in Messico. Il Ceo Mark Fields è già pronto ad investire 700 milioni in Michigan, assumendo quasi 800 operai. Trump ha lanciato un monito anche a General Motors: «O iniziate a produrre da noi o imporrò nuovi dazi».
Il passaggio da Obama a Trump sarà così un'eccezione a quella tradizionale correttezza che ha sempre caratterizzato i presidenti americani in questi momenti. Obama cerca di mettere in difficoltà il successore in casa e all'estero. Trump prepara la squadra e lancia messaggi netti per far capire che ci sarà una rivoluzione senza sconti al vertice, cercando di mantenere tutti gli impegni presi alla vigilia delle elezioni.
Ultima stoccata la scelta di Jay Clayton a capo della Security and Exchange Commission (Sec), la Consob italiana. Una nomina audace a favore di un avvocato di Wall Street che in passato ha avuto come clienti Goldman Sachs e Barclays, al limite con il conflitto di interessi all'indomani degli scandali finanziari.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia