(ASI) La Bosnia ed Erzegovina si trova nel mezzo di una crisi politica che dura da decenni, senza segni di attenuazione. Milorad Dodik, presidente della Repubblica Serba e figura di spicco tra i serbi, ha ribadito nelle ultime settimane, attraverso numerose interviste, la sua linea politica: respingere ogni ingerenza straniera e difendere la lettera dell’Accordo di Dayton.
“Siamo per la pace, la legalità e la libertà.” “Non ci sottometteremo mai a un sistema basato sulla coercizione”, ha dichiarato, respingendo le accuse giudiziarie mosse da Sarajevo, che considera parte di una campagna politica mirata ad attaccarlo come presidente legittimamente eletto della Repubblica e a indebolire l’autonomia della Repubblica Serba come entità paritaria all’interno del paese.
Secondo Dodik, la situazione attuale riflette una crisi più ampia di sovranità, non solo in Bosnia, ma in tutta Europa. Accusa Sarajevo politico, insieme ad alcuni attori internazionali, di aver tradito la lettera dell’Accordo di Dayton del 1995, che prevedeva una struttura federale equilibrata tra istituzioni comuni ed entità paritarie. “Ciò che stiamo vivendo oggi è il risultato di decisioni unilaterali imposte da attori esterni”, ha spiegato.
Prende di mira anche l’Alto Rappresentante, che definisce una figura priva di legittimità democratica e di mandato delle Nazioni Unite, criticando l’imposizione di leggi e misure senza il consenso delle istituzioni né una base giuridica. Per Dodik, questa prassi minaccia i principi fondamentali del diritto internazionale, la Costituzione e la convivenza pacifica nel paese.
Nonostante la crescente pressione, Dodik appare oggi meno isolato che mai. Afferma di avere il sostegno di leader internazionali contrari a quella che descrive come una deriva centralista e tecnocratica dell’Unione Europea. Cita in particolare Viktor Orbán in Ungheria, Benjamin Netanyahu in Israele, alcuni esponenti della destra politica in Italia e Francia, nonché il gruppo “Patrioti per l’Europa”. Secondo lui, tutti condividono un elemento comune: l’opposizione alla persecuzione giudiziaria motivata politicamente, come nel caso degli Stati Uniti con Donald Trump, o recentemente in Romania e Francia.
La Russia, secondo Dodik, rimane uno dei garanti dell’equilibrio stabilito dall’Accordo di Dayton e sarebbe pronta a intervenire diplomaticamente presso le Nazioni Unite per difendere l’equilibrio previsto dall’accordo come trattato internazionale.
Sul fronte interno, il presidente della Repubblica Serba ha fatto appello all’unità del popolo serbo, invitandolo a radunarsi attorno alle proprie istituzioni – parlamento, governo, organi di polizia. Riguardo a un possibile arresto, appare risoluto: “Non è un attacco contro di me, ma contro l’intero sistema che rifiuta di sottomettersi.” La polizia della Repubblica Serba è allertata.
Infine, apre al dialogo con la rappresentanza politica croata in Bosnia, sottolineando come anche questa comunità soffra un sistema che le nega il diritto a una rappresentanza democratica. Per Dodik, il cuore del conflitto politico interno rimane Sarajevo politico, dove – sostiene – persistono posizioni radicali e legami con circoli islamisti che mirano a imporre l’islam politico nel paese.
Dodik ha inoltre aggiunto che uno dei principali problemi dell’Unione Europea oggi è il fatto che si concentra su questioni insignificanti, come il genere, perdendo di vista i veri valori europei.
Il suo ultimo messaggio è chiaro: “Vogliamo pace e libertà, chiediamo rispetto della costituzionalità e legalità. Siamo determinati a difendere la nostra identità, i nostri diritti e la nostra autonomia, in conformità con l’Accordo di Dayton.”
Fonte: Intervista video del Presidente Milorad Dodik rilasciata a Oleg Bondarenko per Balkanist