AIIB. Primo accordo con Banca Mondiale consacra banca a guida cinese

AJ201601160049M(ASI) Il 13 aprile scorso Jin Liqun, presidente della Banca per gli Investimenti Infrastrutturali in Asia (AIIB), a guida cinese, e Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale, hanno siglato il primo accordo strutturale cofinanziato dalle due istituzioni allo scopo di delineare i parametri di cooperazione nei progetti di investimento condivisi. Per il 2016, l'AIIB prevede di stanziare circa 1,2 miliardi di dollari per il finanziamento di progetti infrastrutturali, nei quali la Banca Mondiale si impegna a svolgere un ruolo di supervisione in funzione delle sue politiche e procedure in materia di approvvigionamento, rispetto dell'ambiente e salvaguardia sociale.

Al momento ne sono in discussione circa dodici in settori-chiave quali trasporti, acqua ed energia all'interno di regioni determinanti per gli equilibri economici mondiali quali l'Asia Centrale, l'Asia Meridionale e l'Asia Orientale.


Un accordo pilota

«L'AIIB è molto grata per il generoso e duraturo sostegno offerto dalla Banca Mondiale con l'avvio delle relazioni bilaterali e guardiamo al futuro, ad una relazione lunga e fruttuosa ed una continua cooperazione nel cofinanziamento di progetti in altri settori». Così Jin Liqun ha commentato l'accordo concluso con Kim, che da parte sua si è detto «soddisfatto» per aver portato «il nostro partenariato ad un nuovo livello». Grazie all'intesa ratificata mercoledì, secondo l'attuale numero uno della Banca Mondiale, si è compiuto «un importante primo passo verso la collaborazione con un nuovo interlocutore per stabilire le grandi priorità infrastrutturali del pianeta».

Secondo Kim ed il suo staff, saranno in particolare le aree più povere del globo a beneficiare di questa intesa. Dalla Banca Mondiale ricordano, infatti, che circa 1,2 miliardi di persone nel mondo non hanno ancora accesso all'elettricità e circa 2,4 miliardi non hanno accesso ai servizi sanitari essenziali. Per venire incontro a queste esigenze, la Banca Mondiale tra il giugno 2014 e il giugno 2015 «ha investito 18,8 miliardi di dollari in infrastrutture». L'organismo, spesso al centro di polemiche internazionali assieme al Fondo Monetario Internazionale per il suo modus operandi e le condizioni dettate proprio nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, potrà dunque, sotto la gestione di un oriundo asiatico come Kim, nato in Corea del Sud, ampliare la sua visione, fare autocritica laddove necessario ed adeguarsi ad un XXI secolo contraddistinto dall'emersione di nuovi attori globali fuori dal mondo occidentale?

La risposta a questa domanda è ancora indefinibile, ma di certo l'incontro con l'AIIB può essere considerato a tutti gli effetti un nuovo importantissimo G2 della politica finanziaria globale. L'influenza esercitata dalla Cina in Asia e in Africa nel corso degli ultimi quindici anni e la costante promozione di quella cooperazione Sud-Sud avviata a Bandung nel 1955 e mai davvero interrotta, potrebbe senz'altro conferire all'AIIB un propositivo ruolo di alter-ego rispetto alla Banca Mondiale, facendosi così portavoce degli interessi e delle idee di sviluppo sorte in seno alle economie emergenti. Se è vero che i primi tre soci azionari dell'AIIB sono Cina (30,34%), India (8,52%) e Russia (6,66%), è altrettanto vero che Pechino è anche il terzo membro per potere elettivo, dopo Stati Uniti e Giappone, della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (IBRD), ramo infrastrutturale del gruppo della Banca Mondiale, ed il terzo socio azionario dell'ADB, l'istituto a guida nippo-americana creato nel 1966 allo scopo di solidificare la sfera di influenza di Tokyo e Washington nella regione Asia-Pacifico.

Con questa molteplice capacità di influenza, la voce della Cina non potrà dunque restare inascoltata. Dopo il rifiuto degli Stati Uniti ad entrare nel progetto AIIB, l'accordo tra Kim e Jin suona invece come una presa di coscienza da parte nordamericana dell'imprescindibilità di Pechino nel dibattito intorno allo sviluppo globale e alla lotta alla povertà. Insomma, quell'istituto che per mesi è stato indicato minacciosamente come lo "sfidante", ora ottiene il riconoscimento e la collaborazione dello "sfidato".

Cos'è l'AIIB?

L'AIIB ha preso concretamente forma tra il giugno e il dicembre del 2015, quando a siglare l'accordo di adesione furono ben 57 Paesi, tra i quali spiccano, oltre alla Cina, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Svizzera, Russia, Brasile, Turchia, Iran, India, Australia, Sudafrica, Egitto, Indonesia, Corea del Sud, Malesia e Singapore.

La storia di questo progetto, però, comincia nell'ottobre del 2013, quando il presidente cinese Xi Jinping e il suo primo ministro Li Keqiang ne annunciano entusiasticamente le linee generali durante le rispettive visite nei Paesi del Sud-est asiatico, richiamando la necessità di «promuovere l'interconnessione e l'integrazione economica nella regione». Ed è proprio allo scopo di intensificare gli investimenti infrastrutturali nella regione Asia-Pacifico che nell'ottobre 2014 già 22 Paesi firmano un Memorandum d'Intesa per creare l'AIIB e stabilirne il quartier generale a Pechino, nominando Jin Liqun quale segretario generale dell'organismo multilaterale designato ad accogliere le trattative per le adesioni. Vertici negoziali (CNM) finalizzati a discutere ed approvare gli Articoli di Accordo dell'AIIB (un vero e proprio statuto), si svolgono prima a Kunming, in Cina, nel novembre 2014, poi a Mumbai, in India, nel gennaio 2015 ed ancora ad Almaty, in Kazakhstan, nel marzo 2015. Alla scadenza del 31 marzo 2015, termine ultimo per la consegna della richiesta di adesione all'AIIB in qualità di membro fondatore, il numero dei Paesi coinvolti è già salito a 57. Ad aprile, Pechino può così ospitare il quarto vertice negoziale per definire la struttura del CNM alla luce delle nuove richieste di adesione e presentare un testo definitivo degli Articoli di Accordo, poi adottati definitivamente durante il quinto vertice, che va in scena a Singapore il 22 maggio 2015 stabilendo un capitale iniziale di 100 miliardi di dollari.

Entrate in vigore il 24 dicembre scorso, le norme statutarie ratificate dai 57 Paesi membri dell'AIIB regolano i principi, gli obiettivi e i doveri cui ognuno è vincolato nell'ambito delle attività finanziarie del nuovo istituto. Il testo considera primariamente «l'importanza della cooperazione regionale per sostenere la crescita e promuovere lo sviluppo socio-economico dei mercati asiatici e per contribuire inoltre alla resilienza contro le potenziali crisi finanziarie ed altri shock esterni nel contesto della globalizzazione». Si tratta, dunque, di una precisa scelta strategica che intende costruire nuovi paradigmi di sviluppo per il continente asiatico, puntando sul sostegno all'economia reale e, nello specifico, al settore infrastrutturale: «Riconoscere l'importanza dello sviluppo infrastrutturale nell'espansione della connettività regionale e nel miglioramento dell'integrazione regionale, oltre a promuovere la crescita, a sostenere lo sviluppo sociale dei popoli asiatici e a contribuire al dinamismo economico globale».

I propositi di lungo termine dell'AIIB, dunque, da un lato sono quelli di adottare un paradigma di sviluppo sostenibile, creare benessere e migliorare la connettività in Asia attraverso gli investimenti nelle infrastrutture e in altri settori produttivi, dall'altro quelli di promuovere la cooperazione e il partenariato regionale nell'affrontare le sfide dello sviluppo attraverso la stretta collaborazione con altri istituti analoghi bilaterali o multilaterali. Le funzioni principali dell'AIIB sono invece quattro: promuovere gli investimenti pubblici e privati nella regione; utilizzare le risorse a disposizione per finanziare i piani di sviluppo; incoraggiare gli investimenti privati nei progetti, nelle attività e nelle imprese; intraprendere quelle attività e fornire quei servizi che possano migliorare queste funzioni.

Ispirata ad una filosofia gestionale fondata sull'efficienza e sulla trasparenza, l'AIIB impone ai dirigenti e a tutto il personale l'osservanza di due rispettivi codici di condotta, stilati «sulla base degli esempi derivanti dalle esistenti banche per lo sviluppo multilaterale e dal settore privato». Come ribadito dal presidente Jin Liqun a Davos, in occasione dell'ultimo Forum Economico Mondiale nel gennaio scorso, il modus operandi dell'AIIB sarà lean, clean and green. Lean, ovvero "snello" nell'efficienza gestionale e nell'alta professionalità del suo personale. Clean, ovvero "trasparente" nell'etica e nel contrasto rigoroso alla corruzione. Green, ovvero "verde" nella salvaguardia dell'ambiente.

Grande attenzione sarà riservata al rispetto delle regole, ai conflitti di interessi, alla proprietà intellettuale, alla sicurezza informatica e perfino all'utilizzo lavorativo dei social media da parte del personale.

L'AIIB è, in definitiva, la nuova grande scommessa della Cina, che rientra evidentemente nel percorso di trasformazione che l'economia del gigante asiatico sta attraversando nel segno di una maggiore attenzione ai servizi, ai consumi e alla qualità in generale. E' anche per questo che Pechino non può ammettere sbagli.

Andrea Fais – Agenzia Stampa Italia

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