(ASI) San Paolo, Brasile - Non è una novità che il Brasile sia in crisi economica o che nei meandri della politica vi siano tante relazioni poco trasparenti, dove nella maggior parte dei casi affiorano tangenti e corruzione. Ma come i cittadini hanno dato modo di far sapere attraverso le loro contestazioni, se l'ex presidente Lula è ampiamente accusato da ogni parte per lo scandalo Petrobras già da qualche settimana, ora la patata bollente del malcontento diffuso è passata al governo dalle mille ombre di Dilma Rousseff.

 

Domenica scorsa circa un milione e mezzo di brasiliani, provenienti da ogni impiego ed estrazione sociale, si sono riversati nelle piazze di San Paolo al grido di Fuera Dilma!, "Fuori Dilma", chiedendo le dimissioni dell'intero gabinetto di governo.
In maniera pacifica, ma non per questo meno risentita o delusa, l'Avenida Paulista è stato il viale principale dove si sono raccolte persone stufe della corruzione di una politica nazionale che arricchisce le tasche di pochi e svuota quelle di molti.

Pesanti dichiarazioni hanno precedentemente gettato benzina sul fuoco, come quelle per esempio del senatore Delcìdio do Amaral, figura politica di spicco vicina tanto a Lula che a Rousseff, arrestato per corruzione già lo scorso anno. "Il governo sapeva della corruzione presente nella Petroleo Brasileiro - ha dichiarato do Amaral - Ne era per forza cosciente dati i benefici che ne traevano i suoi componenti e i diversi ministeri, affaccendati in attività tutt'altro che trasparenti."
Per la piazza queste parole sono letteralmente state la goccia che ha fatto traboccare il vaso, come detto un recipiente di benzina al centro di un falò ardente.
Il partito dei lavoratori di Lula si è definitivamente sfigurato la faccia. L'immagine in cui tanti avevano creduto è ora polvere calpestata dai manifestanti delle strade di San Paolo.

In nulla ha giovato il fatto che, secondo fonti governative anonime, Dilma Rousseff si sia offerta nel concedere una posizione ministeriale a Lula al fine di preservarlo dalle indagini degli inquirenti nel breve termine, e naturalmente questa fuga di notizie ha solo incrementato il malcontento diffuso fra i cittadini.
"Il governo vuole quindi egoisticamente sopravvivere ad ogni costo, ignorando la volontà popolare", ha aggiunto il leader dell'opposizione Aecio Neves.

Lula, che era stato già costretto nel 2010 a lasciare la guida del governo, è ora insieme a Dilma Rousseff bersaglio di molte critiche, tanto all'interno che fuori dal Brasile, e ciò che risulterà più rilevante nei prossimi mesi è che anche l'attuale esecutivo sembra ormai prossimo a una fine precoce, ben prima della conclusione del suo mandato, costituzionalmente prevista il 1 gennaio 2019.
Anche il Congresso sembra volatile e spaccato in merito, così che, qualora venga meno l'appoggio dei senatori, sarebbe certa la caduta del governo Rousseff.

A tutto questo si aggiungono infine nuove teorie sulla chiara volontà dell'opposizione di cambiare i colori politici dell'esecutivo, ma ciò che resta, da ormai troppo tempo e in maniera costante, è il grido del popolo, evidentemente ancora flebile per i palazzi del potere.
"Basta corruzione, basta corruzione, vogliamo un Paese più giusto ed equo verso i suoi cittadini." Un solito ritornello inesaudito che al di là di ogni malessere non sembra più voler accettare l'ingerenza di Lula, tantomeno la leadership di Dilma Rousseff, fragile sin dal primo giorno di governo.

Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia

 

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