Medio Oriente, Xi Jinping protagonista assoluto

1033538872(ASI) Tra il 20 e il 23 gennaio scorsi, il presidente cinese Xi Jinping ha raggiunto il Medio Oriente per un viaggio di importanza strategica suddiviso in tre tappe: Arabia Saudita, Egitto e Iran. La triplice visita del leader cinese ha dunque coinvolto i Paesi-chiave della regione in una

fase politica di scontro aperto tra Riyadh e Tehran, spaccando il mondo musulmano in una mai sopita contrapposizione tra sunniti e sciiti che, con l'esecuzione di Nimr al-Nimr, è prepotentemente tornata alla ribalta. Sullo sfondo della crisi politica e religiosa, si è poi inserita la recente crisi petrolifera, con il crollo del prezzo internazionale del barile. Anche in questo caso, l'Iran e l'Arabia Saudita si sono accusati a vicenda sulle responsabilità del preoccupante trend finanziario e delle conseguenze provocate sui mercati internazionali da un ribasso così forte e improvviso dell'oro nero. L'Egitto, timidamente schieratosi con i sauditi salvo poi riguadagnare una posizione di equidistanza, può essere ancora una volta l'ago della bilancia. Eliminata la Fratellanza Musulmana e i relativi legami col Qatar, infatti, il presidente egiziano al-Sisi ha riconfigurato la struttura di potere del Cairo ispirandosi a principi secolari ed inclusivi, riassunti nel discorso tenuto di fronte ai dotti teologi dell'Università al-Azhar, il più prestigioso ateneo del mondo sunnita, il 28 dicembre 2014.
In questo complesso mosaico politico, economico e culturale, Xi Jinping ha raggiunto dapprima Riyadh, la capitale della monarchia forse più controversa in tutta l'area del Golfo, per i suoi stretti rapporti con gli ambienti teologici wahhabiti. L'Arabia Saudita, tuttavia, resta uno dei più grandi produttori petroliferi al mondo ed uno tra i principali investitori al mondo nel settore militare, imponendo dunque la massima prudenza.
Con un'operazione diplomatica chirurgica, la Cina potrebbe aver così riempito il grande vuoto politico lasciato dagli Stati Uniti, la superpotenza che tradizionalmente aveva sempre riservato la massima attenzione ai delicati equilibri mediorientali ma che oggi sembra essere entrata in crisi persino con il suo principale partner regionale, cioè Israele.

Unità nel Golfo e cooperazione economica
Giunto in Arabia Saudita lo scorso 20 gennaio, Xi Jinping ha incontrato il re Salman bin Abdulaziz al-Saud, il giovane vice-principe Mohammad bin Salman e il ministro di Stato Musaed bin Mohammed Al-Aiban in rappresentanza della Corona saudita, il bahreinita Abdul Latif bin Rashid al-Zayani, segretario generale del Consiglio di Cooperazione del Golfo, ed il saudita Iyad bin Ameen Madani, segretario generale dell'Organizzazione Islamica per la Cooperazione. Nel pezzo scritto per il quotidiano saudita Al-Riyadh, il presidente cinese ha ricordato che "l'interscambio commerciale bilaterale ha raggiunto quota 69,1 miliardi di dollari nel 2014, crescendo di 230 volte rispetto al livello registrato all'avvio delle relazioni diplomatiche", senza dimenticare che al momento, "un barile ogni sei di petrolio che la Cina importa dall'estero proviene dall'Arabia Saudita, mentre un riyal ogni sette che l'Arabia Saudita guadagna dalle sue esportazioni viene dalla Cina".
Oltre alle considerazioni di rito sulla necessità di incrementare la cooperazione economica e i rapporti amichevoli nel quadro di una più vasta partnership strategica globale, Xi Jinping si è tuttavia concentrato sull'area del Golfo nella sua interezza e sull'importanza del ruolo che il Consiglio dovrebbe svolgere nello sviluppo, nelle stabilizzazione e nella pacificazione della regione, anche in vista della possibilità di aprire un'area di libero scambio tra la Cina e i Paesi del Golfo, da poter innestare sul progetto One Belt, One Road, un piano di ricostruzione in chiave moderna delle antiche direttrici commerciali della Via della Seta che coinvolge numerosi Paesi islamici sia sunniti che sciiti. Sopratutto sullo Yemen, dove il re Salman si attendeva evidentemente un sostegno deciso da parte di un partner internazionale forte, la delegazione cinese ha invece mantenuto toni moderati, rilanciando la necessità che "tutti i gruppi sociali, religiosi e politici in Yemen sostengano la solidarietà nazionale ed evitino di assumere qualsiasi decisione possa condurre alla dissoluzione sociale e al caos". Al riconoscimento della legittimità del governo di Sana'a, dunque, non è seguita alcuna proposta di sostegno diretto contro i ribelli sciiti in rivolta nel Paese arabo, per altro appoggiati dall'Iran. Ad un classico trend della politica estera cinese, cioè il sostegno ai governi già in carica in favore della stabilità e dell'unitarietà, si è dunque aggiunto tra le righe un implicito invito al dialogo tra le parti che lascia un percepibile margine di apertura anche agli Houthi.

Cina-Egitto, un'amicizia lunga come il Nilo
L'arrivo di Xi Jinping al Cairo il giorno successivo, si è aperto con la pubblicazione sul quotidiano Al-Ahram, tra i più diffusi in Egitto, di un suggestivo editoriale firmato proprio dal presidente cinese. "Quando visitai l’Egitto per la prima volta sedici anni fa - ha incalzato Xi - ho imparato come l’antico popolo egizio controllasse le acque del Nilo per lo sviluppo della produzione agricola e ho capito che il Nilo è stato la madre della civiltà egizia. Ho avuto così modo di apprezzare sinceramente la saggezza e la forza del popolo egizio". Oltre agli aspetti commerciali, in questo caso entra in ballo anche il ricordo nitido della vicinanza storica e politica tra i due Paesi: "Sia la Cina che l'Egitto sono antiche civiltà. Gli scambi amichevoli tra i nostri popoli risalgono all'antichità. Più di duemila anni fa, la corte imperiale della Dinastia Han inviò diplomatici ad Alessandria. L'antica Via della Seta rappresentava un ponte di collegamento tra le due regioni. Nella modernità, il popolo cinese e quello egiziano si sono sollevati insieme nella lotta contro il colonialismo e l'egemonismo. Più di sessant'anni fa, il primo ministro Zhou Enlai e il presidente Gamal Abdel Nasser si strinsero la mano a Bandung, in Indonesia".
Il vertice bilaterale ha prodotto uno schema quinquennale sulla partnership strategica globale tra i due Paesi, un memorandum d'intesa sulla promozione congiunta della costruzione della Cintura Economica della Via della Seta e della Via della Seta Marittima del XXI secolo e l'avvio della seconda fase della realizzazione della Zona Cina-Egitto per la Cooperazione Commerciale ed Economica di Suez. A Pechino è ormai chiaro che la nazione guidata da al-Sisi diventerà un pivot di primo piano lungo il corridoio meridionale della Cintura Economica della Nuova Via della Seta, tanto da annunciare anche l'intenzione di estendere la cooperazione ai settori dell'energia, delle risorse umane, della tecnologia spaziale e della finanza e la volontà di partecipare ai progetti per la modernizzazione del Canale di Suez e per la costruzione della nuova capitale amministrativa, nel quadro dell'ambizioso progetto lanciato dal ministro per l'Edilizia egiziano, l'architetto e urbanista Mostafa Madbouly, durante la Conferenza sullo Sviluppo Economico dell'Egitto lo scorso 13 marzo.
Scorrendo tra le righe dell'articolo scritto per Al-Ahram, la visita di Xi al Cairo ha coinvolto simbolicamente tutti i Paesi arabi, segno di come in Cina sia ancora forte la visione di un Egitto epicentro strategico, politico e culturale di un mondo più vasto, che dal Maghreb arriva fino all'Iraq. Il presidente cinese ha così voluto ribadire il sostegno del suo Paese alla questione palestinese e la necessità che venga presto stabilito "uno Stato Palestinese indipendente dotato di piena sovranità e delimitato dai confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale".

L'Iran e l'altra mezzaluna
Il 23 gennaio, Xi Jinping ha raggiunto l'Iran per concludere il suo tour mediorientale nel Paese islamico sicuramente più vicino alla Cina in questi ultimi anni. Non soltanto sul dossier siriano, dove Pechino non ha mai smesso di sostenere la lotta al radicalismo settario portata avanti dal governo siriano e di invocare la soluzione politica alla crisi in atto, ma anche sul tema della cooperazione energetica ed economica, la Cina sta incrementando l'interscambio con l'Iran pure per effetto delle sanzioni, rimosse solo di recente, da parte dei Paesi occidentali che hanno così perduto terreno ed importanti canali commerciali.
Anche in questo caso, Xi Jinping ha potuto sfoggiare le sue doti di articolista sul quotidiano nazionale Iran per celebrare la vicinanza tra i due Paesi, citando addirittura i viaggi del diplomatico Zhang Qian nel II secolo a.C., gli spostamenti di molti iraniani per studio o per affari a Xi'an e Guangzhou durante le Dinastie Tang e Song (cioè fra il VII e il XIII secolo d.C.), il viaggio del celebre poeta persiano Saadi a Kashgar, nell'odierna regione autonoma dello Xinjiang, nel XIII secolo, e le sette grandi esplorazioni navali dell'ammiraglio cinese Zheng He nel XV secolo, che solcò l'Oceano Indiano raggiungendo anche lo Stretto di Hormuz.
All'avvio delle relazioni diplomatiche moderne, nel 1970, l'interscambio arrivava appena a 10 milioni dollari. Nel 2014 ha raggiunto quota 51,8 miliardi di dollari. Malgrado le difficoltà e gli ostacoli degli ultimi 45 anni, Xi Jinping è sicuro che il Piano d'Azione Comprensivo Congiunto, frutto dell'accordo multilaterale sul programma nucleare iraniano, sia un passaggio decisivo per la piena integrazione di Tehran nel sistema internazionale, rafforzando la fiducia reciproca non solo in seno all'ONU ma anche in organizzazioni regionali più specifiche come la Shanghai Cooperation Organization (SCO) e la Conference on Interaction and Confidence-Building Measures in Asia (CICA). Maggiore integrazione politica, per la Cina significa anche maggiore integrazione economica: "Abbiamo impegnato 40 miliardi di dollari nella creazione di un Fondo per la Via della Seta durante il 2014 - ha scritto Xi Jinping - al fine di sostenere progetti di significativa cooperazione nei Paesi collocati lungo il percorso del progetto Belt and Road. L'Iran è posizionato strategicamente e gode di condizioni geografiche vantaggiose. La Cina è pronta ad approfondire la cooperazione con l'Iran nella costruzione di strade, ferrovie, rotte navali e nell'ambito di Internet, migliorando la connettività tra Oriente e Occidente in Asia".
Agli occhi di Pechino, l'Iran è un punto fermo della vecchia e della nuova Via della Seta, pronto ad occupare quel ruolo nevralgico che nel passato lo vide crocevia del commercio di seta, tappeti, porcellane e lavorati realizzati grazie a quella che Xi considera una fusione tra le tecniche di un Paese e il materiale dell'altro, tra gli strumenti dell'altro e i minerali dell'uno.

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

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