(ASI) Altre fughe di notizie abilmente diramate in rete dall’ormai famosissimo Juliane Assange trovano spazio sulle pagine de “L’Espresso”.
Di nuovo attengono ai rapporti che intercorrono tra l’Italia e gli USA, ma ciò che stavolta emerge ha davvero dello sconcertante: la base italiana di Sigonella sarebbe stata per le truppe statunitensi, nel 2003, il rifornimento dal quale furono prese “armi di distruzione di massa” usate nell’operazione militare in Iraq. E ancora, stando alle parole che l’allora ambasciatore statunitense a Roma Mel Sembler usa nei dispacci inviati al Dipartimento di Stato di Washington, “il governo Berlusconi ha portato un Paese che chiaramente si opponeva alla guerra il più vicino possibile allo status di Paese belligerante”.
La fedeltà atlantica del governo italiano può essere riassunta in tutta la sua diligenza dai cablogrammi in questione: la scelta di Berlusconi non ebbe tentennamenti neanche a fronte di un’opinione pubblica fermamente contraria alla guerra, della perplessità dell’allora Presidente della Repubblica Ciampi e delle pressioni del Vaticano affinché non si contribuisse a spargere altro sangue in Medio Oriente. Se non fosse stato per queste opposizioni interne, il governo italiano “avrebbe potuto fare anche di più”. Invece, si è limitato (sic!) a concedere alle truppe statunitensi di trasportare sul nostro territorio armi destinate all’operazione “Iraqi freedom” e a prodigarsi in un lavorio tra Parlamento e Quirinale volto a rendere per gli USA l’Italia, nonostante molte voci discordanti, “un posto eccellente dove realizzare i nostri affari politici e militari”.
Al fine di ammorbidire la posizione critica del Quirinale, Berlusconi si spese per mobilitare un’arma evidentemente molto più rapida e proficua della sua seppur nota capacità persuasiva. Risulta, infatti, che il Cavaliere scrisse di suo pugno una lettera destinata all’ambasciatore americano Sembler, nella quale invitata quest’ultimo ed il governo Bush a “mettere a punto tattiche per essere certi che Ciampi non mettesse in discussione la costituzionalità della partenza dei militari e per fermare un possibile intervento dello stesso Ciampi”. La lettera conseguì il risultato sperato: non si ricordano da parte di Ciampi obiezioni sulle leggi che rifinanziavano la missione in Iraq. Anzi, ogni sei mesi l’allora Presidente della Repubblica approvava l’invio di truppe italiane nella missione senza mai batter ciglio.
Il passaggio più inquietante di questi cablogrammi risulta essere, tuttavia, quello relativo alle armi di distruzione di massa parcheggiate entro i nostri confini dagli statunitensi e sui cui cieli lasciate transitare dal governo Berlusconi verso l’Iraq, all’insaputa del Parlamento. Ecco le parole di Sembler: “Quando abbiamo chiesto al governo di usare Sigonella (NAS nel documento, Naval Air Station ndr) come pista secondaria per i voli che trasportavano campioni di armi di distruzioni di massa (wmd nel documento originale: weapons of mass destruction ndr.), la nostra richiesta è stata prontamente accettata”. Non sappiamo con certezza quale sia stato il destino di questi campioni di armi, dato che non esistono inchieste che provino che gli Stati Uniti abbiamo utilizzato armi di distruzioni di massa nel recente conflitto in Iraq (ne esistono riguardo l’operazione Desert Storm del 1990), ma la sola ipotesi che siano state impiegate nel conflitto gela il sangue e pone un sinistro interrogativo: l’Italia è stata forse complice di un qualche crimine contro l’umanità? Sarebbe forse opportuno, da parte del governo, dipanare ogni dubbio in proposito. Sempre che ve ne siano gli estremi per poterlo fare.