Pogrom in Kosovo e Methoija dieci anni dopo
(ASI) La Serbia non può e non vuole dimenticare il pogrom anti-serbo consumatosi nel marzo del 2004 in Kosovo e Metohija e, giustamente, fa di tutto per tenere alta la memoria di quell’eccidio dimenticato troppo in fretta dall’occidente.

In occasione del decimo anniversario l’Ambasciata della Repubblica di Serbia a Roma ha organizzato la mostra fotografica dall’emblematico titolo “Per non dimenticare…” con gli scatti della giornalista Maria Lina Veca che nel suo intervento ha portato una testimonianza molto significativa e utile per capire appieno casa sia davvero accaduto in quei drammatici giorni che hanno lasciato un segno indelebile in tutto il popolo serbo.

Tra il 17 ed il 19 marzo del 2004, utilizzando come pretesto l’annegamento di tre bambini albanesi successivo alla morte di un bimbo serbo, i militari indipendentisti albanesi misero infatti a ferro e fuoco la zona provocando la morte di 28 serbi ortodossi e costringendone un migliaio ad abbandonare la propria casa, senza contare poi i tanti cittadini serbi di cui in quei giorni si sono perse la tracce. Sei città e dieci paesi più piccoli furono sottoposti ad una vera e propria pulizia etinica.

Dopo una massiccia dimostrazione anti-serba, il 17 marzo circa 50mila albanesi attaccarono le comunità serbe, ormai in minoranza nella regione. E andarono avanti per due giorni a bruciare case, chiese, negozi, monasteri, proprietà. Quell’evento ancora oggi è ricordato dai serbi come “il pogrom del 17 marzo”

Oltre che contro le persone la furia degli albanesi, come già anticipato, si scatenò anche contro il patrimonio artistico provocando danni incalcolabili, solo per citare alcuni numeri basta ricordare le 35 chiese dissacrate, bruciate o completamente distrutte tra cui, nella città di Prizren, la cattedrale di Nostra Signora di Ljevis, la chiesa della Santissima Salvazione, il monastero dei Santi Arcangeli, tutte opere risalenti al  XIV secolo, la chiesa di San Giorgio Runovic, edificata nel XV secolo. Tutti veri e propri monumenti che facevano parte di un patrimonio storico ed artistico rispettato anche durante l’occupazione turca durata oltre 500 anni.

Le autorità di Belgrado continuano a invocare giustizia chiedendo la cattura e la punizione dei responsabili di quelle violenze ma la comunità internazionale che ormai da oltre 70 anni difende sempre e solo gli interessi di pochi a scapito di molti continuare a far finta di non aver visto “l’ultimo pogrom” avvenuto in Europa.

 

Fabrizio Di Ernesto -  Agenzia Stampa Italia

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