Nell'intervista con la diplomatica abbiamo, come di consueto, affrontato molti temi di stretta attualità riguardanti non solo i rapporti diplomatici tra i due paesi ma anche argomenti legati al paese balcanico dove da pochi giorni si sono tenute le nuove elezioni politiche che ha visto largamente prevalere i conservatori filoeuropeisti del Partito del progresso serbo (Sns), guidato da Aleksandar Vucic.
Dallo scambio di idee è emerso il quadro di un paese, la Serbia, emergente a livello continentale che punta a sfruttare le potenziali offerte dal mercato comune evitando una delocalizzazione selvaggia, con gli imprenditori che lascerebbero il paese balcanico non appena si aprirebbero nuovi mercati più convenienti; per evitare ciò il paese punta a sviluppare una importante rete imprenditoriale destinata a durare nel tempo permettendo all’economia locale ma anche ai potenziali investitori italiani di avere vantaggi a lungo termine sfruttando ad esempio l’accordo di libero scambio con la Russia ed il relativo mercato di centinai di milioni di cittadini.
Durante l’incontro è stata analizzata anche la situazione della vasta comunità serba presente nel nostro paese e l’importanza che Roma riveste per Belgrado quale ponte per la Ue.
Sua Eccellenza Ana Hrustanovic
Intervista a Sua Eccellenza Dottoressa Ana Hrustanovic Ambasciatrice della Repubblica di Serbia in Italia.
A seguito dello storico accordo, firmato lo scorso aprile, che prevede una "normalizzazione dei rapporti" tra il vostro Paese e le autorità che attualmente governano il Kosovo, quali passi sono stati mossi nei negoziati tra Belgrado e Pristina?
Anzitutto vi ringrazio di cuore per avermi dato la possibilità di parlare, attraverso di voi, con i cittadini italiani. Partirei dal presupposto che l’accordo di “normalizzazione dei rapporti” tra Belgrado e Pristina firmato ad aprile dell’anno scorso rappresenta - come anche lei ha saputo dire -una svolta che noi definiamo storica. Sia prima che dopo di questo accordo è stato compiuto un enorme lavoro da parte del governo della Repubblica di Serbia, naturalmente con in rappresentanti di Pristina e sotto l’importantissima egida dell’Unione europea. Posto che la Serbia non andrà mai a riconoscere l’indipendenza di una parte del proprio territorio, questo accordo ci impegna però a lavorare per “normalizzare” la vita quotidiana dei nostri cittadini della regione. Finora sono stati raggiunti tanti risultati importanti, per esempio il libero movimento delle persone e delle merci, e poi nel settore della giustizia; in quello delle telecomunicazioni sono sul tavolo alcuni accordi con l’auspicio di trovare delle soluzioni. Quello che per la Serbia è molto importante è che l’accordo di aprile ha fornito un presupposto per andare alle elezioni locali in Kosovo e Metochia, avvenute l’anno scorso con un ottimo successo di partecipazione anche nel Nord (zona a maggioranza serba, ndr).
A che punto si trova la costruzione della sezione serba del gasdotto russo South Stream? La sua completa realizzazione quali vantaggi offrirebbe al vostro Paese?
Parto da un presupposto: il gasdotto South Stream è ritenuto ed è una delle priorità geo-strategiche del governo serbo. Detto ciò, vi posso informare che la Serbia ha firmato l’accordo con la Russia per la costruzione del gasdotto, il cui primo tubo è stato simbolicamente saldato il 24 novembre scorso. Quindi i lavori sono in atto e noi speriamo nella buona riuscita di questo importantissimo progetto.
Se ancora fino a pochi anni fa le notizie sulla Serbia si trovavano principalmente sulle pagine degli "esteri" dei quotidiani italiani, oggi sembrano essersi introdotte stabilmente nelle rubriche "economia e finanza". Si tratta di un segno del cambio di percezione che si ha in Italia del vostro Paese: a suo avviso a cosa è dovuto?
La Serbia ormai - e sono fiera di dirlo - è diventata la soluzione e non il problema. È il punto di stabilità non solo per i Balcani ma - mi permetto di osservare - anche per tutta l’Europa. Per quanto concerne l’Italia, siamo altrettanto fieri di dire che nel 2009 abbiamo sottoscritto il partenariato strategico. Questo accordo non è rimasto solo sulla carta, ma stiamo quotidianamente lavorando e otteniamo risultati tangibili di collaborazione bilaterale. Collaborazione che passa per l’aspetto politico, culturale, ma soprattutto sul piano economico e industriale. Oggigiorno in Serbia sono presenti tra le 500 e le 600 imprese italiane che producono in loco. Qui per me è estremamente importante ribadire che la nostra intenzione non è far delocalizzare l’impresa italiana, piuttosto è lavorare insieme per crescere insieme esportando nei mercati terzi. Abbiamo avuto diversi casi in cui le grandi imprese italiane sono venute in Serbia senza tagliare neanche un posto di lavoro in Italia. Questo è stato possibile perché attraverso la Serbia si sono aperte a nuovi mercati per via dei rapporti di libero commercio che noi abbiamo con Russia, Bielorussia e Kazakistan, oltre a quello con la Turchia. Dunque, chi produce in Serbia più del 51% del prodotto, può esportarlo - senza pagare dazi doganali - in un mercato di oltre 800milioni di consumatori. Ecco dov’è la chiave. Ed ecco anche dov’è il motivo per cui le notizie relative alla Serbia si trovano principalmente nelle pagine dell’industria e delle finanze. Ma c’è ancora tanto da fare insieme, spero quindi che il nostro partenariato strategico si vada a sviluppare ancora.
La Serbia di oggi va verso l’integrazione europea. Alcuni recenti sondaggi hanno evidenziato la volontà della maggioranza della popolazione del suo Paese ad un ingresso nel mercato comune. Ritiene che gli accordi con Bruxelles possano portare giovamento all’economia serba? E cosa rappresenta l’Ue per la Serbia?
Partirei da una prospettiva bilaterale. Questo è l’anno in cui celebriamo i 135 di rapporti bilaterali con l’Italia e cinque anni del nostro partenariato strategico. Se nel 2012 abbiamo finalmente ottenuto lo status di candidato all’ingresso nell’Ue, se il 21 gennaio di quest’anno abbiamo finalmente avuto la prima conferenza intergovernativa tra l’Ue e la Serbia, tutto questo è anche per merito dei governi italiani. È quindi il mio un ringraziamento all’Italia che ci ha appoggiati in questo percorso, e sono inoltre sicura che continuerà a farlo. Venendo alla Serbia, ormai da anni la maggioranza dei nostri cittadini vuole far parte dell’Unione europea. Crediamo del resto - e la geografia ci dà ragione - di appartenere all’Europa. Lavoreremo sodo per diventare membri dell’Unione europea, perché condividiamo i suoi valori. Guardiamo ad essa come una famiglia che porterà del bene alla Serbia, da un punto di vista economico, politico e della stabilità. Ma vogliamo credere che la Serbia - un Paese moderno, filoeuropeo, con un’economia crescente - potrà portare un valore aggiunto all’Unione europea.
Negli ultimi anni c’è stata una ripresa dei traffici via mare. La Serbia però non ha sbocchi sull’Adriatico; per sopperire a questa mancanza il vostro Paese ha stipulato appositi accordi con i principali porti italiani o quelli di paesi confinanti?
Per onore di verità devo dire che attualmente non abbiamo stipulato accordi con porti europei; ci appoggiamo ad importanti porti vicino a noi in Montenegro e in Grecia. Nonostante la crisi economica negli ultimi anni i nostri rapporti commerciali con l’Italia hanno continuato a crescere e, proprio in questa ottica, puntiamo a stipulare accordi con i porti di Ancona, Pescara, Bari e Venezia. Un altro progetto in tal senso che ci sta a cuore è quello relativo alla linea ferroviaria interna che sfruttando i porti dell’Adriatico ci consentirebbe di incrementare i traffici commerciali; questo da un lato ci consentirebbe di aumentare gli scambi commerciali con l’Italia ma dall’altro permetterebbe al vostro paese di aumentare i rapporti commerciali con i paesi dell’est europeo. Colgo l’occasione di questa domanda per rilanciare la collaborazione adratico-ionico e la relativa macroregione che sta per nascere, proprio per impulso italiano, che dovrebbe rilanciare ulteriormente i commerci e gli investimenti infrastrutturali comuni.
Che ruolo svolge oggi la Serbia nei Balcani? Belgrado può essere il punto di riferimento dei paesi della zona all’interno della Ue?
Il nostro governo e tutti i serbi sono convinti che il futuro è nell’Europa. La Croazia ne fa già parte e siamo molto contenti per loro. L’interscambio tra i Balcani e la Ue può essere molto fruttuoso per ambo le parti. La Serbia è il centro e il paese più grandi dei Balcani. Ora faremo le nostre riforme strutturali e ci avvicineremo ancora di più alla Ue. Vogliamo portare avanti il dialogo tra Belgrado e Pristina; vogliamo continuare a far crescere la nostra economia. Sono sicura che diventeremo un punto di riferimento non solo per Roma ma per tutta l’Europa tenendo alto il nome dei Balcani.
Lo scorso ottobre ad Ancona si è svolto il vertice tra i nostri due Paesi. Il vostro Primo ministro Ivica Dacic ha parlato di Roma come sponda per la Ue. Può illustrarci meglio i rapporti culturali, politici ed economici tra i nostri due Stati e cosa rappresenta per la Serbia la vicinanza all’Italia?
Dal 2009 abbiamo stretto il partenariato strategico con l’Italia ed ogni anno organizziamo un vertice intergovernativo per incentivare ancora di più i rapporti tra le due parti, che sono comunque già eccellenti. Ovviamente grande attenzione viene dedicata ai temi economici e all’Europa ma non trascuriamo certo gli scambi culturali e i confronti sull’istruzione. I rapporti sono così buoni che credo non ci sia un solo campo dove non sono pienamente sviluppati. L’Italia per i cittadini serbi rappresenta un modello di vita da seguire, anche per ciò che concerne il tipo di società. Per successo intendiamo la vostra storia, la vostra cultura, la moda ed il cibo, quello che possiamo indicare come le 4 F faschion, food, furniture and finance campi dove la collaborazione è molto sviluppata. Questi vertici servono per sviluppare ancora di più la collaborazione. Come ho già detto in Serbia ci sono molte imprese italiane e le vostre banche coprono circa il 25% del nostro mercato interno, e ci sono tutte, Banca Intesa è la prima banca in Serbia, anche le vostre assicurazioni sono presenti. Un imprenditore italiano in Serbia si trova a casa, non solo per l’amicizia che lega i due popoli ma anche perché il sistema Italia è molto ben rappresentato da noi.
In quali settori gli imprenditori italiani sono maggiormente attivi nel vostro paese e in quali campi eventualmente potrebbero trovare nuove opportunità anche per aiutare l’economia serba a crescere ancora?
I nostri rapporti sono davvero eccellenti in tutti i settori più importanti. Abbiamo visioni e necessità comuni. Uno dei settori dove l’interscambio è più sviluppato è quello delle automobili e del comparto metalmeccanico. Gli italiani investono in componentistica, energia, nuove tecnologie, tessile e legno; tutti settori in cui la cooperazione è ben avviata ma che comunque possono offrire nuovi margini di crescita e di nuove opportunità.
In Italia vive una vasta comunità serba. Quali sono i rapporti di questa con gli italiani e a che punto è giunta l’integrazione nel nostro tessuto economico e sociale?
Questo per me è un tema molto caro che di recente abbiamo approfondito anche con il vostro ministero del Lavoro. I numeri forniti dimostrano che quelli della comunità serba in Italia sono numeri importanti. In Italia vivono e lavorano circa 53mila cittadini serbi; il tasso di occupazione è del 64,6%. Il titolo di studio prevalente è il diploma di scuola superiore secondaria per circa il 60% mentre un 9% può vantare una laurea. Gli studenti di origine serba sono circa 10mila. I nostri concittadini sono ben inseriti nel vostro tessuto economico e sociale; il tasso di disoccupazione è di poco superiore al 7%, per la precisione 7,6. La maggior parte dei cittadini serbi sono presenti nel nord d’Italia. Il 17% vive in Lombardia, il 36% in Veneto ed il 17% in Friuli Venezia Giulia. Noi qui in Ambasciata crediamo che per mantenere gli ottimi rapporti con l’Italia non si possa rimanere solo a Roma ed è per questo che con i nostri Consolati siamo presenti anche nel Nord. Girando per il vostro paese ho sentito parlare di una comunità serba ben inserita nel vostro tessuto sociale, di grandi e bravi lavoratori.
Ettore Bertolini, Fabrizio Di Ernesto e Federico Cenci - Agenzia Stampa Italia