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Il Kazakistan è un Paese in via di sviluppo, non una “dittatura”
(ASI) l caso Abljazov ha acceso i riflettori della stampa generalista italiana sul Kazakistan, una delle più grandi ed estese repubbliche ex sovietiche, oggi indipendente e guidata dal presidente Nursultan Nazarbayev. Al di là della fattispecie riguardante le modalità di arresto e di espatrio della moglie e della figlia del banchiere rifugiato a Londra, accusato di bancarotta e frode, e già ricercato dall’Interpol per diversi reati, sulla quale farà chiarezza la magistratura che proprio in questi giorni ha aperto un’indagine, ciò che colpisce è la semplificazione dei media di casa nostra dinnanzi ad una realtà poco conosciuta come quella del Paese centrasiatico.
Secondo uno schema di facile presa emozionale, ormai assodato in Occidente sin dai tempi della Guerra Fredda, Abljazov sarebbe un “dissidente” in fuga da una “dittatura”. La chiave di lettura cui gran parte della stampa ricorre per descrivere molte delle nazioni politiche non-occidentali risponde ormai a criteri completamente difformi rispetto alla realtà. Il Kazakistan è una repubblica semipresidenziale dove il presidente ed il parlamento vengono eletti a scadenze regolari. Le ultimi elezioni parlamentari si sono svolte nel gennaio del 2012 e hanno registrato l’affermazione del partito principale, il Nur Otan, di ispirazione popolar-patriottica, con l’80,7% dei voti. Degli altri sei partiti presenti alla tornata elettorale, solo due sono riusciti a superare lo sbarramento del 7%, ossia Ak Zhol, di ispirazione socialdemocratica (7,6%), e il Partito Comunista del Popolo Kazako, di ispirazione marxista-leninista (7,2%).

Le ultime elezioni presidenziali si sono svolte nell’aprile 2011 e hanno confermato Nazarbayev alla guida della Repubblica con il 95,5% dei consensi. L’affluenza registrata è stata molto alta e ha raggiunto il 90% degli aventi diritto al voto. A differenza del passato, questa tornata presidenziale è stata addirittura contrassegnata dal parere favorevole dell’OCSE che definì “regolare” lo svolgimento delle procedure. Addirittura il presidente dell’Organizzazione, lo sloveno Janez Lenarcic, osservò come “il voto” si stesse “svolgendo con grande tranquillità e trasparenza”. Questo via-libera è stato positivamente recepito dallo stesso Nazarbayev come segnale della maturazione democratica di un Paese che nei ventun anni della sua pur breve storia indipendente ha sempre cercato il più ampio consenso internazionale, segnalandosi per l’attivismo nel campo della cooperazione economica, tecnologica e politica.

Naturalmente la strategia multivettoriale adottata dal Paese negli anni Novanta ha ceduto il passo ad una più spinta politica di riavvicinamento a Mosca da quando Putin ha preso in mano le redini della Russia, ma questo è nell’ordine della storia e della geografia. Tuttavia il Kazakistan ha dimostrato con successo le sue accresciute capacità nell’ambito della diplomazia e dello sviluppo pacifico, onorando al meglio la presidenza onoraria che l’OCSE gli assegnò nel 2010. Le proposte avanzate da Nazarbayev e dal governo, allora guidato dal primo ministro Karim Masimov, hanno ricercato un’unità di intenti tra i principali organismi intergovernativi dell’Europa e dell’Asia non soltanto in campo economico ma anche nei delicati settori della non-proliferazione delle armi nucleari, ambito in cui il Kazakistan è promotore dal 1992, e della lotta al terrorismo e al narcotraffico (soprattutto nel martoriato territorio dell’Afghanistan), dove il Paese centrasiatico si era già messo in evidenza per il determinante ruolo di collaborazione logistica svolto nei primi anni della guerra al terrorismo. Astana, inoltre, ha ospitato nel 2011 il vertice dell’Organizzazione per la Conferenza Islamica, un’occasione che le locali autorità hanno sfruttato per proporre alle delegazioni provenienti da tutti i Paesi a maggioranza musulmana una serie di proposte innovative per consentire al mondo islamico una fuoriuscita dall’arretratezza politica ed economica a cui il fondamentalismo di al-Qaeda vorrebbe costringerlo.

In Kazakistan convivono molti gruppi etnici ad emblema della configurazione storico-culturale di un territorio che per molti secoli fu transito principale della Via della Seta. La coesistenza interetnica ed interreligiosa (il 55% della popolazione è musulmano, mentre il 40% cristiano-ortodosso) è uno dei risultati più importanti raggiunti dal programma “Kazakhstan-2030”, fissato da Nazarbayev nel 1997. Secondo tale linea politica, l’economia e la modernizzazione rappresentano il motore del benessere generale e della pacificazione, tanto più in un Paese uscito da una fase di destabilizzazione tra le più imponenti della storia recente, quale fu appunto la dissoluzione sovietica. A quel tempo, lungo l’arco geopolitico che va dal Caucaso all’Asia Centrale, l’impoverimento economico e l’incremento delle minacce fondamentaliste andavano di pari passo. Nazarbayev riuscì a garantire la stabilità politica e a fare del Kazakistan un’oasi di pace e sviluppo malgrado le difficoltà strutturali.

Non solo petrolio e gas, settori comunque dominanti nell’economia nazionale, ma anche infrastrutture, tecnologie e servizi trovano il loro spazio in una realtà che è alla ricerca di una diversificazione economica importante. Stando ai dati del FMI, il PIL del Paese è in continua crescita e tra il 2009, anno della crisi economica internazionale, e il 2012 è salito da 187,8 a 235,6 miliardi di dollari, con un incremento del 5% nell’ultimo anno rispetto al 2011. Nel 2012 il tasso di disoccupazione è sceso al 5,3% contro le punte del 13,4% raggiunte alla fine degli anni Novanta. Il tasso di alfabetizzazione è addirittura più alto di quello italiano (99,5% contro 98,4%). Ovviamente, il Kazakistan è un Paese emergente divenuto indipendente in una fase storica critica e difficoltosa. Molti obiettivi devono dunque ancora essere raggiunti, soprattutto per quanto riguarda l’innalzamento degli standard di vita (l’aspettativa media alla nascita è di appena 70 anni contro i 78-81 dei Paesi più avanzati) e la sanità (la quota di PIL investito in tale settore è ancora ferma sul 4,3%), tuttavia il Kazakistan sta registrando indici di sviluppo importanti in tutti i settori ad un ritmo impressionante, considerando anche che la popolazione supera a malapena i 16 milioni di abitanti.

Sarebbe opportuno perciò che la stampa del nostro Paese evitasse giudizi affrettati o addirittura faziosi sull’onda emotiva della presunta amicizia personale tra Nazarbayev e Berlusconi, senza considerare che tra i numerosi leader politici coi quali il presidente kazako ha intrattenuto buoni rapporti diplomatici c’è anche Romano Prodi, intervenuto proprio lo scorso 23 maggio ad un incontro internazionale sulla crisi economica tenutosi ad Astana. A differenza del semplice cittadino, che ha la libertà di poter esprimere la sua opinione, il giornalista ha anche una grande responsabilità, quella di informare sulla base di dati oggettivi e verificati. La doverosa sintesi e le necessità di “velocizzazione” imposte dal giornalismo nella nuova era digitale non giustificano in alcun caso l’arbitrarietà e l’ignoranza.

Andrea Fais – Agenzia Stampa Italia

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