(ASI)  Questa è la condizione dell'ilva, un corpo che a stento oramai riesce a muovere braccia e le gambe, senza una testa che ne gestisce e coordina i movimenti.

Le contraddizioni nella vicenda ilva sono tante e tali che oramai nulla si può escludere neanche la peggiore delle ipotesi.

La prima certezza lampante nella vicenda ilva è che lì dove la magistratura cerca di far rispettare le regole, emergono chiare e enormi le lacune della politica italiana, a tutti i livelli.

Il compito della politica nella vicenda ilva era quello di rendere ecocompatibile lo stabilimento, mantenendo i posti di lavoro e portare la fabbrica a non pesare sui contribuenti.
Il risultato è stato pessimo, macelleria sociale negli appalti (per ora), stabilimento che cade a pezzi , .... "solo".... 3 miliardi di euro di debiti con la vecchia gestione ( che e' anche la nuova) , solidarietà a manetta e soprattutto nessuna garanzia vera sul futuro dei lavoratori e di questa citta'.
Tutti i decreti dovevano garantire il rilancio ...........dopo tutti i decreti la parola d'ordine aziendale e' stata "sacrificio" per i lavoratori, conteporaneamente pero' le varie gestioni commissariali, bondi, gnudi e gnudi bis continuavano e continuano imperterriti a sacrificarsi con assunzioni di centinaia di super dirigenti e altri che con contratti faraonici si sono avvicendati in questi mesi, si sono inventati postazioni che neanche la piu' spinta delle fantasie avrebbe mai pensato di avere, uomini che non hanno messo un piede negli stabilimenti del gruppo ma che con la regia dei commissari sostenuti dai vari governi hanno ottenuto il piu' strabiliante dei riultati :

Sono riusciti a fare peggio dei riva!!

Sembrava impossibile...........ma c'è l'hanno fatta!!!

Non abbiamo un nome tra le decine che si sono avvicendati in questi mesi che avesse esperienza in siderurgia anzi, abbiamo assunto di tutto, da esperti nel settore dei latticini a chi nella vendita di lavatrici, lavastoviglie , frigoriferi, cucine, passando per chi vendeva giornalini fino ad arrivare agli 007 come james bond.

La prossima assunzione? Speriamo in un prete, per ricevere l'estrema unzione!!

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Ferroviere licenziato perché non voleva guidare da solo. Il giudice gli dà ragione

(ASI) Non si era presentato a lavoro dopo che Trenitalia aveva eliminato la figura del secondo macchinista: se avesse avuto un malore nessuno poteva guidare il convoglio incontro ai soccorsi. Il Tribunale di Genova ha annullato il licenziamento e 'bocciato' la strategia dell'azienda. Il ferroviere S. Lorenzoni non voleva guidare senza il secondo macchinista. Come migliaia di colleghi temeva che, in caso di emergenza o malore, un’ambulanza non lo avrebbe mai raggiunto o lo avrebbe raggiunto troppo tardi. Per questo lo hanno licenziato. Ma il Tribunale di Genova gli ha dato ragione.

Il problema del doppio macchinista

Trenitalia, come altre aziende del trasporto ferroviario dal 2010 ha progressivamente tagliato i doppi macchinisti a bordo dei treni merci. Una misura presa per rendere più efficiente il lavoro, dopo la liberalizzazione del trasporto ferroviario. Allora furono 7mila, sui 10mila macchinisti totali che ci sono in Italia,  firmarono contro questa misura. Ma in un clima segnato da sospensioni e licenziamenti, in pochi sono stati coerenti e hanno continuato a rifiutarsi di guidare. Uno di questi è Lorenzoni.

Da solo non voleva lavorare: sarebbe stato troppo pericoloso in caso di malore. Lo aveva messo anche nero su bianco, con una lettera indirizzata alla direzione di Trenitalia il 22 febbraio 2011. Avvertiva che avrebbe potuto “astenersi dal compiere l’attività di condotta richiesta in tali condizioni di degrado, a tutela della propria incolumità”. E ha mantenuto la promessa. Nel 2012 era stato sospeso per due volte, perché, non lavorando, aveva causato ritardi e quindi danni patrimoniali all’azienda. Nel 2014 lo aveva fatto di nuovo, quattro volte. Dopo le sanzioni disciplinari (oltre 30 giorni senza lavoro e senza paga), Trenitalia è passata al licenziamento, il 5 settembre 2014.

A distanza di sei mesi, il tribunale di Genova non si limita ad annullare il licenziamento con un’ordinanza immediatamente esecutiva, ma entra nel merito della questione. Secondo il giudice Marcello Basilico, l’azienda non può aumentare i rischi per i lavoratori per motivi di “economicità” ed “efficienza”. Se lo fa, è da considerarsi responsabile.

L’ultimo caso due giorni fa, in Sardegna: infarto del conducente.

Come è accaduto il 26 marzo sulla linea Iglesias-Cagliari, quando l’uomo alla guida di un regionale ha accusato sintomi di infarto. Fortuna che tra i passeggeri c’era un collega fuori servizio, che ha portato il treno alla stazione più vicina. Soccorso dall’ambulanza, il macchinista è giunto in ospedale e operato di urgenza. Se c’è stato un lieto fine, lo si deve solo al caso.

Chiaramente questa vicenda richiama fortemente la questione del MOF, e l’esempio sul possibile malore e/o infortunio del conducente è la tesi che ha sostenuto la USB sia davanti alla commissione regionale che davanti allo Spesal di Taranto, infatti se il macchinista Ilva  si trova con un collega questi immediatamente può far scattare i soccorsi, riducendo al minimo il tempo di primo soccorso che è fondamentale in caso di infarto, ischemia e ictus o infortuni gravi, cosa che non viene presa in considerazione nell’accordo del Mof siglato da Ilva e Fim Fiom e Uilm in cui si rimanda la sicurezza dell’operatore a un complicato, farraginoso e inapplicabile sistema che a nostro parere allunga di molto i tempi di un possibile soccorso,  dimenticando che spesso per salvare una vita è una corsa contro il tempo.

Redazione Agenzia Stampa Italia

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