E' quanto dichiara Roberto Mineo, presidente del Ceis di Don Picchi, alla vigilia della sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Fini-Giovanardi, che potrebbe annullare gli effetti della legge stessa legalizzando di fatto l'uso di sostanze leggere tra le quali la cannabis.
"La maggior parte - prosegue Mineo - delle argomentazioni che vengono portate a difesa della legalizzazione della cannabis e, in generale, delle droghe non tengono affatto conto dell'impatto che tali sostanze hanno sulla popolazione più vulnerabile, vale a dire gli adolescenti e vengono espresse senza alcuna considerazione dei dati scientifici. Dalla nostra posizione di osservatori privilegiati del fenomeno dell'abuso di sostanze, abbiamo sviluppato la profonda convinzione che l'uso di cannabis rappresenti un forte fattore di rischio per lo sviluppo di dipendenza da sostanze e altri problemi psico-sociali, tra cui il drop-out scolastico, i disturbi psicopatologici o il manifestarsi di vere e proprie sindromi psichiatriche (comorbilità)".
"C'è anche da considerare - aggiunge Mineo - che, proprio a seguito dell'assenza di una corretta comunicazione sociale sui rischi da parte dei media e delle istituzioni, esiste una diffusa percezione di "relativa pericolosità" della cannabis il cui utilizzo è, proprio per questo motivo, più diffuso. Su questi dati intendiamo porre le basi per una discussione aperta ma che non lasci spazi a fraintendimenti o a opportunismi".
"Per noi è inaccettabile - conclude Mineo - la giustificazione che la legalizzazione delle droghe leggere debba essere funzionale al riassetto economico e finanziario del nostro Paese o di parte di esso o a sconfiggere la mafia, il mito dello "sferrare un colpo mortale ai cartelli del narcotraffico" nascondono una realtà ben diversa e, cioè, una profonda e generale incapacità di pianificare e gestire qualsivoglia politica di contrasto serio al fenomeno delle dipendenze e di promozione della cultura della sobrietà e della libertà nella responsabilità".
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