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Salute. Il modello della Rete Nefrologica Piemontese per la cura delle malattie renali: dalla terapia conservativa a quella sostitutiva
(ASI) Torino  -  “Spendere meno e curare meglio è possibile, in Piemonte e, di conseguenza, in tutte le altre Regioni d’Italia”. È il messaggio lanciato oggi nel corso della conferenza stampa di chiusura dell’evento Il modello della Rete Nefrologica Piemontese per la cura delle malattie renali: dalla terapia conservativa a quella sostitutiva”.

Durante la mattinata, sono stati presentati i dati - elaborati dal Dott. Mario Salomone,  responsabile dell’Osservatorio della Malattia Renale Cronica - dei successi ottenuti nella cura delle malattie renali e gli obiettivi che si potranno raggiungere nei prossimi anni grazie alla collaborazione di nefrologi, infermieri, dietologi, psicologi, amministratori e associazioni di pazienti. Un interessante momento di confronto, condotto dal Professor Luigi Biancone e dal Dottor Giusto Viglino, per presentare ed approfondire tutti i temi legati alla nefrologia: dalla prevenzione della malattia fino al trapianto renale.

In Piemonte è stato dunque realizzato un efficace modello per il trattamento dell’insufficienza renale, che potrebbe di fatto costituire in futuro un punto di riferimento a livello nazionale con l’ambizioso obiettivo di curare meglio spendendo meno.

“Il punto di forza del modello Piemonte” – ha dichiarato il Dott. Giusto Viglino, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN) Sezione Piemonte e Valle d’Aosta - è costituito dalla possibilità di garantire ai cittadini piemontesi affetti da malattia renale equità di accesso ad un programma integrato di prevenzione, diagnosi e cura che, per gli stadi terminali della malattia, prevede la possibilità di ricorrere alla terapia conservativa con la dieta ipoproteica o a quella sostitutiva con la dialisi (emodialisi o dialisi peritoneale) e il trapianto”.

In Piemonte, circa 700 nuovi casi ogni anno (160-170 casi /milione abitanti /anno), giungono ad una insufficienza renale che deve essere trattata con la dialisi. Di questi, circa il 20% ha indicazione al trapianto renale mentre i rimanenti devono essere trattati a vita con la dialisi. Il modello di rete nefrologica Piemontese ha consentito negli ultimi cinque anni una stabilizzazione del numero dei pazienti in trattamento dialitico, in controtendenza rispetto al panorama nazionale. “Questo risultato - ha spiegato il Prof. Antonio Amoroso, Coordinatore del Centro Regionale Trapianti - è stato reso possibile dall’elevato numero di trapianti eseguiti in Piemonte. La collaborazione dei Centri Nefrologici con quelli di Trapianto permette un’attenta valutazione dei pazienti candidabili al trapianto e le stesse nefrologie garantiscono nel post-trapianto un attento follow-up del paziente”. Sono circa 150 i piemontesi trapiantati ogni anno e, seguendo questo andamento, tra circa sette anni il loro numero è destinato a superare quello dei pazienti in dialisi.

Rispetto alla dialisi, con il trapianto si realizza non solo un aumento della qualità e dell’aspettativa di vita ma anche un risparmio economico. Un trapianto stabilizzato, infatti, costa circa 10.000 euro all’anno per paziente contro un costo dell’emodialisi di oltre 50.000 euro e della dialisi peritoneale di 30-35.000 euro.

Questi importanti risultati sul trapianto potranno ulteriormente essere migliorati dall’attuazione della delibera MaRea (Malattia Renale Avanzata), approvata il 2 agosto 2013, che consentirà di ridurre i tempi di iscrizione in lista trapianto anche grazie al prossimo avvio, entro luglio 2014, del programma di trapianto preventivo da donatore deceduto e all’incremento di quello da donatore vivente.

La delibera prevede inoltre l’incremento delle attività rivolte alla prevenzione delle complicanze, al rallentamento della progressione e alla terapia conservativa della Malattia Renale Cronica, da realizzare anche con l’ausilio delle rete delle dietologie piemontesi. Anche in questo caso il minore ricorso alla dialisi consentirà un risparmio economico, dal momento che la terapia conservativa ha un costo molto inferiore alla dialisi, pari a circa 11.000 euro l’anno.

L’accresciuta partecipazione del paziente alla scelta della metodica dialitica più idonea della malattia renale cronica, permetterà infine di incentivare la dialisi domiciliare (dialisi peritoneale) anche come terapia ponte al trapianto. A questo riguardo, la delibera relativa al “Potenziamento delle cure domiciliari nei pazienti affetti da insufficienza renale terminale con necessità di trattamento dialitico” (DGR n. 8-12316 del 12 ottobre 2009) attuata in via sperimentale nel triennio 2010-2012 ed oggi in fase di consolidamento, attraverso l’erogazione di un contributo economico ai care giver dei pazienti che non sono in grado di provvedere autonomamente alle procedure dialitiche, ha consentito di invertire il trend negativo di ricorso a questa metodica.

“La Rete nefrologica piemontese - sostiene l’assessore regionale alla Sanità, Ugo Cavallera - rappresenta da alcuni decenni un modello di trattamento integrato della malattia che ha sviluppato ottimi risultati dal punto di vista clinico, raggiungendo il traguardo del pieno trattamento e riabilitazione dei cittadini interessati da danno renale ed impegnandosi nella creazione di modelli di prevenzione e rallentamento della malattia renale cronica. La delibera della Giunta regionale del 2 agosto scorso delinea una collaborazione complessiva tra la rete nefrologica, l’osservatorio sulla malattia renale cronica, il Centro Regionale Trapianti e consolida il percorso “MaReA” attraverso la costituzione di ambulatori specifici finalizzati al miglioramento delle cure offerte ai pazienti attraverso una razionalizzazione dell’intervento e anche della spesa sanitaria”.

Spazio anche al punto di vista dei pazienti. “I pazienti nefropatici in dialisi e con trapianto -  ha affermato Valentina Paris, Presidente dell’ANED (Associazione Nazionale Emodializzati – Dialisi e Trapianto Onlus) - hanno la consapevolezza e conoscono il costo della cura a cui sono sottoposti molto di più del cittadino comune e ne hanno rispetto. Spendere meno e curare meglio è possibile se i diretti interessati sono coinvolti e possono partecipare alla cura con informazioni costanti sulle terapie a cui vengono sottoposti. Il malato che ha capito è colui che si cura meglio ed è aderente alle terapie prescritte”.

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