«Quanto è accaduto a Lampedusa stende un velo di dolore nei cuori – commenta Daniela Monni, direttore della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve –. In particolare fa affiorare alla mia mente una sera in cui i profughi accolti dalla nostra Caritas, una sera dopo cena, discutevano animatamente tra loro nella loro lingua. Incuriosita chiesi loro di cosa stessero parlando, uno di loro mi disse che stavano discutendo se avessero avuto più paura di morire attraversando il deserto o il mare. Molte delle persone che giungono sulle nostre coste non partono infatti solo dai Paesi che si affacciano nel Mediterraneo, ma fin dal Africa sub sahariana. E non scappano solo da guerre, da conflitti di diversa origine, ma anche da situazioni di disumana povertà, luoghi dove manca ancora acqua, luce, speranza. I nostri profughi ci raccontarono della paura del mare, del silenzio della notte, della sete, della disperazione e aggiunsero: "solo quando sei disperato puoi affrontare un viaggio che è un viaggio della speranza"».
«Il mondo è scosso da migrazioni – prosegue il direttore della Caritas perugina –, che sono il risultato di un mondo ripiegato sull’egoismo e che senza una vera e profonda solidarietà rischia veder morire molte persone non solo in mare, ma nelle periferie di città, nelle periferie dell’anima. Aspettando Papa Francesco ad Assisi credo che la Chiesa, ma, azzardo, il mondo intero spera in un segno che sappia - attraverso quelle parole semplici con cui il Santo Padre ha iniziato il suo Pontificato - indicare una strada non tanto per superare le crisi in atto, ma per rimettere in cammino l’umanità verso un orizzonte in cui al centro sta il creato e il suo bene comune».
«San Francesco – conclude Daniela Monni – aveva a cuore il suo tempo, i poveri e il rinnovamento della Chiesa attraverso la strada del servizio e dell’umiltà, Papa Francesco, nell’incontrare le persone bisognose, disagiate, emarginate, malate… delle nostre Caritas diocesane dell’Umbria, sembra voler tracciare una strada per ciascuno di noi».
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